30 Settembre 2022

La Commissione europea sta lavorando a una proposta normativa che introduca misure di contrasto al degrado del suolo Ue. Per ascoltare il punto di vista di esperti e cittadini ha lanciato una consultazione pubblica. Obiettivo: individuare le azioni considerate più efficaci e condivise. Termine ultimo per partecipare: 24 ottobre 2022

di Emanuele Isonio

 

Quanto è importante introdurre norme vincolanti a tutela del suolo? I suoli sono tutti meritevoli di uguale tutela? Le cause del degrado dei terreni sono affrontate in misura sufficiente a livello nazionale e a livello Ue? Una eventuale norma comunitaria approvata dalle istituzioni europee dovrebbe imporre agli Stati membri obblighi giuridici e obiettivi da raggiungere entro il 2050? E ciascuno Stato dovrebbe essere obbligato a monitoraggi periodici e pubblici sulla salute dei propri suoli?

Sono solo alcune delle domande che compongono la consultazione pubblica sulla salute del suolo lanciata dalla Commissione europea. Destinatari: tutti i cittadini europei e gli esperti di università, centri di ricerca, istituzioni nazionali, enti locali dei diversi Paesi della Ue. Ciascuno di loro può partecipare registrandosi sul sito della Commissione e rispondendo al questionario, entro il 24 ottobre prossimo.

Raccogliere pareri di cittadini ed esperti

L’obiettivo della consultazione è duplice: da un lato, raccogliere il maggior numero di opinioni e punti di vista dei cittadini europei, per capire quanto è effettivamente sentito il problema del degrado del suolo e quali norme potrebbero raccogliere un consenso adeguato nell’opinione pubblica continentale. Alcune di esse infatti, soprattutto se dovessero contenere obblighi vincolanti per i diversi Stati Ue, comporterebbero conseguenze dirette sugli stili di vita e le economie nazionali (pensiamo solo a eventuali divieti di cementificare o sigillare terreni dall’alto valore agricolo). Dall’altro, nella consultazione si vogliono anche raccogliere i pareri professionali di chi con il tema suolo lavora quotidianamente. Accanto alle 13 domande destinate al pubblico generalista, ne sono previste altre 7 più tecniche. Largo quindi a pedologi, biologi, agronomi, ingegneri, geologi, fisici, climatologi e in generale a chiunque sia dotato di competenze specifiche in materia suolo.

Rispondere al questionario è molto semplice: bisogna accedere registrandosi e indicando la propria professione e l’eventuale ruolo in qualche organizzazione che ruota attorno al tema suolo. Poi, basta una decina di minuti per completare la prima parte e un altro quarto d’ora per la sezione dedicata agli “addetti ai lavori”.

Il percorso partecipato verso la proposta legislativa Ue

La consultazione Ue è il secondo passo del percorso che porterà la Commissione ad adottare una proposta legislativa entro il secondo trimestre 2023. In precedenza, tra febbraio e marzo scorso, era stata lanciata una “call for evidence” che ha consentito a tutte le organizzazioni interessate di fornire un proprio punto di vista sulla cura del suolo, fornendo proposte, prove empiriche sui benefici attesi, gli effetti indesiderati e i temi che dovrebbero essere inseriti nell futuro atto normativo dell’Unione.

Il tutto si inserisce nella più generale Strategia Ue per il suolo “Suoli sani a vantaggio delle persone, degli alimenti, della natura e del clima”. Essa, ricordano da Bruxelles “prevede che tutti i suoli dell’UE siano in una condizione di salute entro il 2050 e che la protezione, l’uso sostenibile e il ripristino dei suoli diventino la norma”.

I servizi ecosistemici assicurati dal suolo e che sono a rischio a causa del suo degrado. FONTE: FAO, 2015.

I servizi ecosistemici assicurati dal suolo e che sono a rischio a causa del suo degrado. FONTE: FAO, 2015.

L’allarme della Ue per la fragilità degli ecosistemi terrestri

L’esigenza della futura legge europea sul suolo è causata dai “gravi processi di degrado” cui sono soggetti i terreni continentali. Nell’introduzione alla consultazione pubblica viene infatti ricordato che il suolo, elemento estremamente complesso, variabile e vivente, ospita oltre il 25% di tutta la biodiversità del pianeta ed è alla base della catena alimentare. “Questo fragile strato di pochi centimetri dovrà fornire alimenti e filtrare acqua per una popolazione mondiale che nel 2050 ammonterà a quasi 10 miliardi di persone”.

Eppure ad oggi “il 60-70% degli ecosistemi del suolo dell’UE non versa in condizioni di buona salute e subisce un costante degrado, con conseguente riduzione dei servizi ecosistemici forniti. L’erosione del suolo, la sua impermeabilizzazione (ossia la copertura con calcestruzzo o altri materiali impermeabili), lo spreco di terra da scavo, il compattamento (ossia la compressione del suolo che impedisce l’infiltrazione dell’acqua), la contaminazione diffusa e locale, la salinizzazione e il drenaggio delle torbiere sono i principali fattori di degrado dei terreni e del suolo. A causa dei cambiamenti climatici e della gestione non sostenibile del suolo, per la maggior parte di questi fattori non si prospettano miglioramenti negli anni a venire, il che comporterà un’ulteriore riduzione dei servizi ecosistemici”.

Una critica alla scarsa incisività delle norme nazionali

Peraltro, l’adozione di un testo legislativo a livello europeo è legato anche all’esigenza di superare l’inazione di molti Stati membri. Alcuni di essi, come ad esempio l’Italia, non hanno ancora una legge che vieti il consumo netto di suolo o preveda tutele in favore dei terreni ad alto valore ecologico.

“Le cause e le conseguenze del degrado del suolo non si fermano ai confini” ricorda la Commissione. “La modalità eterogenea e frammentaria con cui gli Stati membri affrontano il problema del degrado del suolo ha creato una disparità di trattamento tra i vari operatori economici, tenuti a rispettare norme diverse sulla protezione dei suoli pur essendo in concorrenza nello stesso mercato. Ha inoltre impedito di arrestare il degrado del suolo nell’UE e di ripristinare i suoli in modo efficace”. Una considerazione che non può non essere letta come una critica all’incapacità degli Stati membri di affrontare seriamente la questione e che giustifica quindi l’intervento a livello europeo.