Michele Munafò (ISPRA): “il consumo di suolo in Italia cresce nonostante la popolazione diminuisca. Nelle città, in pericolo la capacità di resilienza ai cambiamenti climatici. In campagna, a rischio intere produzioni alimentari. Va approvata una norma nazionale che fermi questo processo”
di Emanuele Isonio
A livello mondiale la cementificazione contribuisce al 70% delle emissioni globali di gas serra di origine antropica e ha portato a più dell’80% di perdita di habitat naturali. In Italia, rivelano i dati dell’ultima edizione del Rapporto sul Consumo di Suolo realizzato dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), le nuove coperture artificiali occupano 16 ettari al giorno. Per di più, una ricerca pubblicata dalla rivista scientifica Nature evidenzia come questa crescita della cementificazione sia più rapida dell’aumento della popolazione mondiale. Inevitabili le conseguenze non solo sulla salute delle persone ma anche sulla possibilità di fare agricoltura. Per fotografare il fenomeno abbiamo intervistato Michele Munafò, responsabile Monitoraggio territorio e consumo di suolo di ISPRA (Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale).

Michele Munafò è responsabile Monitoraggio territorio e consumo di suolo di ISPRA (Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambienale).
Dottor Munafò, secondo la recente di Nature, il territorio urbano cresce più rapidamente della popolazione mondiale e il trend dovrebbe continuare almeno fino il 2040. La metà del nuovo terreno urbano interesserà territori attualmente coltivati. La produzione agricola globale dovrebbe diminuire tra l’1% e il 4%. Se non introduciamo correttivi c’è il rischio di una crisi alimentare?
Effettivamente oggi la crescita delle aree urbane non avviene, come in passato, a seguito di una dinamica demografica, quindi per l’aumento della popolazione. Avviene al contrario: gran parte del consumo di suolo è legato all’espansione delle città e alla crescita delle infrastrutture. Ma esso avviene in presenza di una dinamica demografica stabile o addirittura decrescente. Nel nostro Paese la popolazione diminuisce ormai anno dopo anno ma il consumo di suolo aumenta, ad una velocità di quasi due metri quadri al secondo. Ciò ha portato a perdere soprattutto superfici agricole. In appena 7 anni, noi abbiamo perso la capacità di produrre quasi 4 milioni di quintali di prodotti agricoli, solo a causa dell’espansione delle città e delle infrastrutture.

Il territorio urbano ospita tuttora oltre la metà della popolazione mondiale e sperimenta una crescita più rapida rispetto a quest’ultima. FONTE: United Nations, Department of Economic and Social Affairs, Population Division (2019). World Urbanization Prospects: The 2018 Revision (ST/ESA/SER.A/420). New York: United Nations. Copyright © 2019 by United Nations, made available under a Creative Commons license CC BY 3.0 IGO: http://creativecommons.org/licenses/by/3.0/igo/
Sia l’Unione europea sia le Nazioni Unite si stanno attivando per trovare strumenti in grado di tutelare i terreni e contrastare il consumo di suolo. Come giudica gli obiettivi che si stanno introducendo a livello europeo e mondiale?
L’Unione europea ha fissato al 2050 l’obiettivo di azzeramento del consumo di suolo netto. È un traguardo piuttosto lontano soprattutto per Paesi dove la situazione è critica, come l’Italia, dove il territorio è fragile sia dal punto di vista orografico, sia per la pericolosità sismica e idrogeologica. Dove il consumo di suolo è avanzato anche troppo velocemente nel corso degli anni, provocando situazioni di criticità che vanno affrontate con urgenza.
L’impegno della Commissione che ha varato una “missione” espressamente dedicata alla salute del suolo è sicuramente positivo. Sono altrettanto utili e positivi gli obiettivi fissati nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Penso in particolare a quelli legati alla cosiddetta land degradation neutrality cioè l’obiettivo di neutralità nel degrado del suolo da raggiungere entro il 2030. Ma voglio ricordare anche quello legato all’allineamento del consumo di suolo alle dinamiche demografiche. Questi obiettivi porterebbero sicuramente ad anticipare almeno al 2030 l’obiettivo europeo.
Quali sono, a suo giudizio, le proposte concrete più urgenti per una legislazione nazionale efficace nel contrasto alla cementificazione?
Una legge nazionale è assolutamente urgente nel nostro Paese. Serve per definire come raggiungere questi obiettivi di stop al consumo di suolo previsti a livello europeo e globale. Ma è necessaria anche per dare un quadro di riferimento omogeneo che si stanno approvando in molte regioni italiane. Serve poi per definire correttamente il concetto di consumo di suolo. Si eviterebbe così di procedere attraverso meccanismi di definizione non corretta o di deroghe che limitano l’efficacia di alcune norme.
Il consumo di suolo dovrebbe peraltro essere evitato sia all’esterno delle aree urbane, evitando il consumo di aree agricole importantissime per la produzione alimentare, ma anche nelle stesse città. Nei centri urbani infatti si assiste negli ultimi anni a una intensificazione delle trasformazioni che mettono a rischio la loro resilienza, la qualità della vita e la sicurezza dei loro abitanti, facendo perdere la permeabilità del territorio, fondamentale per mitigare fenomeni di dissesto e per adattarsi al cambiamento climatico. Anche all’interno delle città quindi gli indispensabili interventi di riqualificazione dell’esistente devono viaggiare insieme a una politica efficace di contrasto e arresto del consumo di suolo e dell’impermeabilizzazione.

Localizzazione dei principali cambiamenti dovuti al consumo di suolo tra il 2018 e il 2019. Fonte: elaborazioni ISPRA su cartografia SNPA – Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” Anno 2020.