18 Marzo 2022
La Ue ha sviluppato degli strumenti partecipativi per permettere alle diverse associazioni comunitarie di dare il proprio contributo in vista di una legge europea a tutela della salute del suolo.

Sono quasi 200 le risposte arrivate dalle diverse anime della società civile europea alla consultazione avviata dalla Commissione europea in vista della futura legge Ue a tutela del suolo. Fra loro, quelle di Re Soil Foundation e di altre associazioni attive nella difesa dei servizi ecosistemici legati a terreni in buona salute

di Emanuele Isonio

 

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Biodiversità, sicurezza alimentare, pozzi naturali di carbonio, salute dei cittadini e qualità e sicurezza della produzione alimentare: tutti aspetti cruciali per la nostra vita. E tutti dipendono dal suolo. “Una legge europea sulla salute del suolo è quindi urgente, per rendere credibile la sfida della riduzione del degrado dei terreni, sviluppando un insieme di strumenti e leve regolatori per guidare i comportamenti degli attori economici, sociali e istituzionali”. Inizia così il documento inviato da Re Soil Foundation alla Commissione europea in risposta alla “call for evidence” lanciata in vista della realizzazione di una legge sul suolo, annunciata da Bruxelles all’interno della propria Soil Strategy 2030.

La call è una consultazione pubblica attraverso la quale la Commissione invita tutte le parti interessate a fornire il proprio punto di vista su un certo tema, fornendo prove empiriche sui benefici attesi, gli effetti indesiderati e i temi che dovrebbero essere all’interno di un atto normativo dell’Unione europea. Una sorta di processo partecipato per arrivare a un testo normativo il più possibile condiviso.

Tre azioni prioritarie

All’interno del suo documento, Re Soil Foundation suggerisce in particolare tre azioni prioritarie per contribuire a restituire salute a suolo ed ecosistemi:

  • smettere di pensare a una crescita illimitata. Non è possibile infatti limitarsi a sostituire uno a uno i materiali di origine fossile con quelli rinnovabili.
  • Utilizzare i bioprodotti per attivare un cambiamento culturale. Obiettivo: Ridisegnare il modo in cui i materiali vengono prodotti, consumati e smaltiti, favorendo la crescita di filiere multiprodotto ad alto valore aggiunto.
  • Fermare il degrado di acqua e suolo, utilizzando prodotti biodegradabili per quelle applicazioni dove esiste un alto rischio di dispersione e accumulo nell’ambiente ed evitare la perdita e lo spreco di materia organica.

Per raggiungere i tre obiettivi proposti, si sottolinea l’importanza dello sviluppo della bioeconomia circolare e l’utilizzo in agricoltura del compost pulito e di altri materiali organici. Questi ultimi, si legge nel documento, “rappresentano un’importante soluzione a due problemi: aggiungere ai terreni un prezioso ammendante e impedire che i rifiuti organici finiscano in discarica, pratica vietata dalla nuova direttiva quadro sui rifiuti a partire dal 2024.

Da Belgio, Francia e Germania le proposte più numerose

Viene infine richiamata l’esigenza di rafforzare il legame tra agricoltori e ricerca e innovazione attraverso le Lighthouse Farms. Una sorta di “fattorie modello”. Attraverso di esse, agricoltori, ricercatori, società civile e altri stakeholder pianificano insieme sistemi agricoli innovativi volti a ridurre gli impatti ambientali e massimizzare l’uso efficiente delle risorse per un’elevata qualità suolo.

La call della Commissione Ue ha alla fine registrato quasi 200 risposte: organizzazioni non governative, aziende, associazioni di categoria, università, centri di ricerca, sigle ambientaliste e privati cittadini. Belgio, Francia, Germania e Italia sono, nell’ordine, gli Stati dai quali è arrivata la maggior parte delle proposte.

Da dove arrivano le risposte alla consultazione pubblica della Commissione europea in vista della legge sul suolo. FONTE: Commissione europea.

Da dove arrivano le risposte alla consultazione pubblica della Commissione europea in vista della legge sul suolo. FONTE: Commissione europea.

Uno dei documenti prodotti è stato firmato da oltre 25 associazioni, tra le quali figurano, oltre a Re Soil Foundation anche le italiane FAI, Legambiente, Istituto nazionale di Urbanistica, Fondazione Medes e Terra. “I suoli sani – si legge nel loro position paper  – sono il risultato e, allo stesso tempo, il presupposto della transizione agroecologica nei sistemi alimentari. Il semenzaio in cui dovrebbe attecchire il Green Deal europeo”.

“Sviluppare un indice di salute del suolo”

Secondo i sottoscrittori, il governo del suolo richiede la ricerca di soluzioni partecipative, programmi di azione inclusivi e coordinati e un concerto di azioni da parte di tutti gli attori privati e pubblici che a vario titolo detengono un diritto di proprietà, un mandato di amministrazione sulla terra, o influenzano indirettamente l’uso del suolo e la sua salute attraverso il potere di mercato. Tuttavia, ci sono ancora oggi importanti lacune conoscitive sullo stato di salute del suolo, soprattutto a livello dei singoli territori. “L’enorme diversità dei tipi di suolo e il carattere fortemente sito-specifico delle interazioni del suolo con gli eventi climatici, biologici, geologici costituiscono un grosso problema nel disegnare mappe accurate”.

Da qui la proposta più rilevante, contenuta nel position paper. Quella di sviluppare un indice di salute del suolo a livello di singole parcelle, da calcolare e utilizzare in ogni singola transazione fondiaria. “Riconoscere che la valutazione commerciale del suolo non può disattendere il suo stato sanitario è un elemento di trasparenza negli scambi. Soprattutto, è un utile incentivo per valutare e valorizzare gli sforzi di cura del suolo messi in atto dai proprietari”.

La prima fase della call avviata dalla Commissione europea, che si è chiusa ieri, sarà seguita nei prossimi mesi, da una nuova consultazione. In questo caso dovrebbe essere previsto un questionario a risposte chiuse. L’emanazione del provvedimento normativo da parte di Bruxelles è invece atteso per il secondo trimestre del 2023.