29 Novembre 2021

L’ONU ha dedicato alla salinizzazione la Giornata mondiale del Suolo 2021. Il numero di terreni resi improduttivi dall’aumento della salinità è infatti in crescita. Dietro al problema, fattori antropici e naturali. Importanti gli investimenti per ricerca e recupero

di Stefania Cocco, Valeria Cardelli, Dominique Serrani, Lorenzo Camponi, Andrea Salvucci, Giuseppe Corti*

 

Ascolta “Salinizzazione dei suoli, il fenomeno richiede interventi immediati” su Spreaker.

Halt soil salinization, boost soil productivity: fermiamo la salinizzazione, favoriamo la produttività del suolo. Sono gli auspici della Giornata mondiale del suolo 2021 che si celebrerà il prossimo 5 dicembre. I suoli salini e sodici sono presenti in tutti i continenti e sotto differenti condizioni climatiche, ma sono più espressi ed estesi nelle regioni aride e semi-aride del mondo. E, soprattutto, sono in preoccupante crescita. La FAO ricorda che ogni anno la salinizzazione rende improduttivi fino a 1,5 milioni di ettari di terreni agricoli, nella maggior parte dei casi posizionati in zone pianeggianti, e che quindi sarebbero anche più facili da lavorare. E i danni economici annuali alla produttività agricola sono stimati in 31 milioni di dollari.

Ecco perché è essenziale conoscere bene il fenomeno. Il suolo, in primo luogo, può essere affetto da salinità naturale o secondaria.

I fattori che influenzano la salinizzazione

Nel primo caso, l’arricchimento in sali è spesso ereditato dal materiale da cui si origina il suolo e successivamente favorito dalle condizioni climatiche. Esempi di salinità naturale sono le vaste praterie della Transilvania (Romania) vicine alla salina di Turda, ma anche aree della Sicilia e del nord Africa dove i suoli si sono evoluti da rocce evaporitiche (costituite dal 50-90% di sali), ma anche i fondali di antichi laghi evaporati. Suoli salini naturali si trovano anche lungo le coste marine, dove l’infiltrazione di falde superficiali e/o l’aerosol marino arricchiscono i suoli di sale (NaCl) per una fascia che varia da alcune centinaia di metri a qualche chilometro.

La salinità secondaria invece è dovuta alla gestione antropica poco attenta di suoli già vulnerabili a questa minaccia, con l’adozione di acque e metodi di irrigazione inappropriati, distribuzione di fertilizzanti inadeguati, avanzamento del cuneo salino dovuto a sfruttamento eccessivo (e abusivo) delle falde e condizioni di insufficiente drenaggio del suolo.

I fattori che influenzano l'accumulo di sali nei suoli. FONTE: FAO.

I fattori che influenzano l’accumulo di sali nei suoli. FONTE: FAO.

Servizi ecosistemici dei suoli a rischio

In tutti i casi, l’eccesso di sali compromette la naturale capacità del suolo di erogare i servizi ecosistemici dipendenti dalla sua fertilità, che risulta compromessa. Le problematiche aumentano a seconda che si tratti di suoli salini, salino sodici o sodici. I suoli salini sono caratterizzati da un eccesso di sali solubili che hanno un impatto negativo diretto e indiretto sulle colture. Si tratta di sali con una solubilità maggiore di quella del gesso (CaSO4ˑ2H2O), ovvero di 2,41 g per litro di acqua a 20 °C. In questi suoli, la maggior parte dei sali è rappresentata dai cationi Ca2+, Mg2+, Na2+ e dagli anioni Cl- e SO42-; altri ioni come K+, NH4+, HCO3- e HCO3- possono comunque essere presenti in concentrazione minima.

L’eccesso di sali solubili influenza negativamente l’accrescimento di molte piante, che stentano ad assorbire acqua dal suolo perché la soluzione circolante è così concentrata da produrre un potenziale osmotico così elevato che le radici delle piante, invece di assorbire acqua, la cedono andando incontro a disidratazione.

Che impatto ha il sale sulla crescita delle colture? FONTE: FAO.

Che impatto ha il sale sulla crescita delle colture? FONTE: FAO.

I criteri per classificare i suoli

I suoli salino-sodici presentano caratteristiche intermedie tra quelli salini e quelli sodici, con maggiori quantità di sodio che rendono le condizioni edafiche più difficili rispetto a quelle dei suoli salini.

I suoli sodici sono ancora peggio dei precedenti, con elevata presenza di sali sodici e sodio che occupa buona parte del complesso di scambio. La tossicità del cloruro, unita al peggioramento dello stato di aggregazione che l’eccesso di sodio determina, rendono questi suoli inospitali per le piante (soprattutto quelle coltivate), per i microrganismi e la biodiversità in genere. Inoltre, a seguito delle piogge, si hanno spesso fenomeni di ristagno idrico superficiale con successiva formazione di croste superficiali che danno problemi di germinazione ai semi. I suoli afflitti da sali sono quindi anche poco drenati e questo compromette la funzione di filtro normalmente erogata dal suolo nei confronti degli inquinanti.

Ma quali sono i criteri che stabiliscono se un suolo è salino, salino-sodico o sodico? La catalogazione viene fatta in base ad analisi di laboratorio condotte sull’estratto acquoso del suolo (sul quale si misura pH e conducibilità elettrica, CE) e su una soluzione a elevata forza ionica con cui si tratta il campione di suolo e sulla quale si misura poi le concentrazioni di Ca2+, Mg2+ e Na+ necessarie per calcolare l’ESP (rapporto percentuale tra Na+ scambiabile e Ca2++ Mg2+ scambiabili). In base ai criteri del U.S. Salinity Laboratory Staff, i suoli vengono così catalogati:

Tipologia di suolo

CE (dS m-1)

ESP (%)

pH

non salino

<4

<15

<8,5

salino

>4

<15

<8,5

sodico

<4

>15

>8.5

salino-sodico

>4

>15

<8,5

Dalla FAO un documento innovativo

È in base a queste categorizzazioni che vengono stilate le carte dei suoli affetti da salinità.

Recentemente è stata prodotta la Global Map of Salt-Affected Soils nella quale è rappresentata la salinità a due diverse profondità del suolo: topsoil (0-30 cm) e subsoil (30-100 cm). In base ai dati forniti da 118 nazioni che rappresentano l’85% della superficie terrestre, la carta mostra che più di 424 milioni di ettari di topsoil (circa l’8,5% di tutte le terre coltivate del mondo) e 833 milioni di ettari di subsoil (circa il 17% di tutte le terre coltivate) sono interessati da salinità, con una netta prevalenza in entrambi i casi di suoli salini, seguiti da quelli sodici e quelli salino-sodici.

Il documento è innovativo rispetto ai precedenti in quanto considera non solo la distribuzione mondiale dei suoli affetti da salinità, ma presenta un approfondimento su distribuzione, concentrazione e tipologia dei sali presenti lungo il profilo del suolo, offrendo un valido supporto decisionale nella gestione, nel controllo e negli eventuali interventi di recupero di suoli salinizzati.

I suoli più interessati da queste problematiche appartengono all’ordine degli Aridisols, diffusi in particolare nella penisola Arabica, in Asia centrale, nel centro dell’Australia, a ovest degli Stati Uniti, in sud America ai piedi delle Ande, nel sud-ovest e nel nord Africa.

La distribuzione dei suoli affetti da salinizzazione. FONTE: FAO.

La distribuzione dei suoli affetti da salinizzazione. FONTE: FAO.

Gli studi dei ricercatori italiani in Tunisia

La denominazione di quest’ordine di suoli è legata al regime di umidità (aridic) che condiziona i processi pedogenetici in questi ambienti dove, a causa dell’evapotraspirazione potenziale molto superiore alle precipitazioni, i sali sono scarsamente lisciviati e si accumulano ad una certa profondità del suolo, dando origine ad orizzonti ricchi di sali che nella nomenclatura della Soil Taxonomy sono denominati salic e natric.

Le condizioni edafiche che ne conseguono sono generalmente incompatibili con le produzioni agricole, condizionate anche dalle elevate temperature, dalla degradazione fisica del suolo e dalla sua predisposizione all’erosione. L’intensificazione agricola e l’uso di acque di irrigazione inadeguate hanno determinato un ulteriore degrado degli Aridisols.

In uno studio condotto dal nostro gruppo di ricerca su suoli della Tunisia del sud, sono stati messi a confronto suoli naturali e coltivati seguendo un transetto che dalla costa si avvicina gradatamente alle aree predesertiche del Maghreb.

I risultati hanno messo in evidenza come l’elevata presenza di sali riduca fortemente l’attività enzimatica e della mesofauna del suolo, oltre che la produttività delle colture.

Investimenti urgenti

L’approccio pedologico ha permesso di evidenziare l’importanza della conoscenza di questi suoli al fine di comprendere come la fertilità vada considerata per uno spessore di almeno un metro di suolo, ma anche di quale sia l’effetto della sostanza organica nel miglioramento della fertilità.

Anche se recuperare a produzione i suoli salinizzati è un’impresa costosa e di lunga portata temporale, questa è l’unica via per tentare di stabilizzare nelle zone di origine le popolazioni locali, che abbandonano i luoghi natii solo perché non vi è alcuna possibilità di sopravvivenza per intere famiglie, alle quali è precluso l’accesso a suoli produttivi e all’acqua dolce. Ben vengano quindi, da parte dell’Unione Europea e degli Stati membri, investimenti finalizzati allo studio e al recupero di suoli salini. Tali investimenti, se ben allocati, vanno infatti nell’ottica della salvaguardia della vita umana e contribuiscono a ridurre la vergognosa tratta dei migranti.

Gli autori

Stefania Cocco

Professore associato di Pedologia, PhD in Geobotanica e Geomorfologia. Interessi di ricerca: genesi di suoli agrari, forestali, urbani e subacquei; suolo e cambio climatico; rizosfera; soluzioni ecologiche; mineralogia del suolo; erosione idrica; suoli di ambienti aridi; suoli alpini e artici; paleosuoli; Oxisols.

Valeria Cardelli

PhD in pedologia. Collabora con università spagnole e americane per lo studio di suoli forestali e naturali, e sul reimpiego di materiali di scarto in agricoltura. Titolare di assegno di ricerca su riuso sostenibile di scarti di estrazione di idrocarburi.

Dominique Serrani

Dottoranda in Pedologia. Studia gli effetti dello slash and burn sulla fertilità di suoli di sistema agroforestale in Mozambico. Titolare di assegno di ricerca sulla misura dell’erosione e sul monitoraggio della fertilità del suolo in ambienti collinari dell’Italia centrale.

Lorenzo Camponi

Dottore Forestale, CONAF Marche, dottorando presso Scuola di Dottorato in Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche.

Andrea Salvucci

Dottore Agronomo, CONAF Marche. Attualmente Assegnista di ricerca presso “Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo” (CNR)
di Napoli nell’ambito “caratterizzazione pedologica delle aziende vitivinicole coinvolte nel progetto Precivit.

Giuseppe Corti

docente all’università Politecnica delle Marche e presidente della Società Italiana di Pedologia.