Ogni 5 secondi viene interessata dall’erosione un’area grande come un campo da calcio. Dietro al fenomeno, agricoltura intensiva, deforestazione, usi impropri del terreno e incendi. In pericolo rese agricole e lo stoccaggio di carbonio. La risposta? Un cambio di sistemi colturali e gestione conservativa del suolo
di Dominique Serrani, Stefania Cocco, Lorenzo Camponi, Andrea Salvucci, Valeria Cardelli e Giuseppe Corti*
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L’erosione è una delle dieci minacce che affliggono il suolo identificate nel rapporto “Status of the World’s Soil Resources Report”. Il documento fu redatto nell’Anno Internazionale dei Suoli (2015) dall’Intergovernmental Technical Panel on Soils della FAO. Tre i suoi obiettivi:
- mettere in luce le più gravi problematiche che affliggono i suoli del mondo;
- analizzare le implicazioni che queste condizioni di degrado possono avere sulla sicurezza del cibo, sul cambio del clima, sulla qualità e quantità dell’acqua, sulla biodiversità e sulla salute dell’uomo;
- stilare raccomandazioni rivolte a politici e amministratori circa le decisioni da prendere sulla pianificazione e gestione del suolo.
Le attività umane dietro all’erosione
Per enfatizzare l’emergenza erosione, nel 2019 la FAO ha dedicato alcuni giorni al problema con il simposio ‘Stop soil erosion, save our future’. L’evento ha coinvolto oltre 500 esperti provenienti da 104 paesi. I lavori hanno descritto l’ampia diffusione delle problematiche erosive in Europa, Asia, Africa e America, evidenziando il ruolo negativo esercitato da attività umane come agricoltura intensiva, deforestazione, sovra-pascolamento e impropri cambi di uso del suolo.

L’andamento dell’erosione dei suoli nei diversi continenti. FONTE: FAO, 2019.
La variabilità dei suoli alle differenti latitudini, nelle più disparate condizioni climatiche, morfologiche, vegetazionali e di gestione, determina una differente resilienza nei confronti dei fattori erosivi. Le tessiture fini, lo scarso contenuto in sostanza organica, le elevate pendenze e la scarsa attenzione alle sistemazioni idraulico-agrarie predispongono il suolo all’erosione.
Anche gli incendi, raramente dovuti a cause naturali, rendono particolarmente fragili e vulnerabili all’erosione i suoli percorsi dalle fiamme, non essendo questi più protetti dalla vegetazione. A causa dell’erosione idrica, ogni anno preziosi centimetri di suolo fertile vanno perduti irrimediabilmente. I processi di formazione del suolo possono infatti impiegare fino a mille anni per creare pochi centimetri di suolo. Per di più, i materiali asportati si riversano nei corsi d’acqua e nei mari dove, a causa dell’apporto di nutrienti, spesso provocano problemi di eutrofizzazione.

La presenza di carbonio organico nel suolo nell’UE – 2015 (g/kg). FONTE: JRC, 2018.
Più erosione, meno carbonio immagazzinato nel suolo
A scala mondiale, una superficie equivalente a un campo da calcio è erosa ogni cinque secondi, con asporti di 25-45 milioni di tonnellate di terra all’anno, riducendo la capacità del suolo di immagazzinare carbonio, nutrienti e acqua; di conseguenza, si diminuiscono anche i rendimenti delle coltivazioni. Nel mondo, le perdite delle sole produzioni cerealicole dovute a erosione sono stimate attorno a 7,6 milioni di tonnellate all’anno, ma potremmo assistere anche a riduzioni maggiori. A meno che non sapremo intervenire con immediatezza a livello locale e globale.
Nell’Europa comunitaria, una superficie di 1,3 milioni di km² è soggetta a erosione idrica. Le perdite superano le 10 tonnellate di suolo per ettaro all’anno nel 20% del territorio. Per questioni climatiche, geomorfologiche e di costituzione dei suoli, i Paesi più colpiti sono quelli del Mediterraneo.
In Italia, il 30% dei suoli è a rischio di erosione. Le perdite annuali sono superiori a 10 T/ha ma, in certe aree, superano anche le 100 T/ha.
Gli stadi del processo erosivo
Il processo di erosione idrica procede con diversi stadi di avanzamento. Quello iniziale (splash erosion) provoca il distacco di particelle di suolo con una energia variabile, dipendente da intensità e dimensione delle gocce che impattano la superficie. Con il progredire dell’evento piovoso, si forma una lama d’acqua (sheet erosion) che sposta piccole quantità di suolo lungo il versante. Gli effetti negativi, però, si hanno quando la penetrazione della pioggia nel suolo è ridotta a causa di una sua scarsa struttura e si ha scorrimento di acqua alla superficie del versante (runoff). In questo caso si ha una iniziale formazione di solchi (rill erosion) che possono ulteriormente evolvere in incisioni profonde denominate gullies. In quest’ultimo caso (gully erosion), i versanti collinari possono veder riacutizzare o dare inizio a fenomeni di crollo e franosi. Nelle aree particolarmente soggette a questi fenomeni, si formano morfologie dette badlands o calanchi.

Condizioni di un suolo delle colline interne marchigiane che da oltre 50 anni è soggetto a un tasso di erosione di 1 cm o più all’anno. La parte fertile è rappresentata dai 2-3 cm superficiali; più in basso sono sedimenti privi di struttura. FOTO: Stefania Cocco.
Il runoff asporta particelle di suolo in sospensione ma anche elevate concentrazioni di nutrienti in soluzione. La comunità scientifica adotta essenzialmente due approcci nello studio dell’erosione:
- applicazione di modelli che permettono di stimare la quantità di suolo eroso e
- utilizzo di strumenti di misura delle perdite reali di suolo e nutrienti. Frequentemente si ricorre all’applicazione di modelli come la RUSLE (Revised Universal Soil Loss Equation) ma, soprattutto a livello locale, per una precisa valutazione del problema finalizzata all’adozione di provvedimenti adeguati alla sua risoluzione, è importante che si diffondano i sistemi di misura diretta del runoff.
Gli esperimenti nelle Marche
A questo proposito, è in corso un’esperienza sperimentale nelle colline marchigiane. I loro suoli sono particolarmente vulnerabili all’erosione idrica in quanto sono caratterizzati da tessiture limoso-argillose. Sono quindi fortemente impoveriti di sostanza organica, manifestano comportamento vertico e sono scarsamente protetti dalle poche e insufficienti sistemazioni idraulico-agrarie. Spesso, i versanti presentano rills, gullies e valli calanchive di neoformazione, con forte riduzione dello spessore del suolo.

Un gully formatosi in una notte a Serra San Quirico (AN).
Grazie al progetto “Agribiocons” (PSR Marche 2014-2020), il gruppo di Pedologia del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche sta da tempo misurando la reale perdita di suolo per erosione idrica. Lo fa mediante un sistema di campionamento e misura dei materiali erosi noto come tipping-bucket: il prototipo è stato presentato al Global Symposium on Soil Erosion della FAO a Roma nel 2019.
Sei di questi macchinari sono stati installati in un bacino agricolo collinare delle Marche. Le misure finora effettuate hanno evidenziato come le asportazioni di suolo e, ancor peggio, di nutrienti in soluzione rappresentino una minaccia così allarmante da suggerire l’impellenza di cambiare sistemi colturali basati su arature che espongano suolo nudo o quasi all’inizio della stagione piovosa autunnale.
Per salvaguardare la risorsa esauribile che è il suolo, è necessaria una osmosi fra il mondo della ricerca e quello di amministratori, pianificatori e operatori preposti al governo di suolo, agricoltura e ambiente. Ed è auspicabile infine che i nuovi sistemi agricoli contemplino la realizzazione di sistemazioni idraulico-agrarie, possibilmente con l’installazione di siepi arborate, integrando vecchie e nuove pratiche di gestione conservativa del suolo.
Gli autori
Dominique Serrani
Dottoranda in Pedologia. Studia gli effetti dello slash and burn sulla fertilità di suoli di sistema agroforestale in Mozambico. Titolare di assegno di ricerca sulla misura dell’erosione e sul monitoraggio della fertilità del suolo in ambienti collinari dell’Italia centrale.
Stefania Cocco
Professore associato di Pedologia, PhD in Geobotanica e Geomorfologia. Interessi di ricerca: genesi di suoli agrari, forestali, urbani e subacquei; suolo e cambio climatico; rizosfera; soluzioni ecologiche; mineralogia del suolo; erosione idrica; suoli di ambienti aridi; suoli alpini e artici; paleosuoli; Oxisols.
Lorenzo Camponi
Dottore Forestale, CONAF Marche, dottorando presso Scuola di Dottorato in Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche.
Andrea Salvucci
Dottore Agronomo, CONAF Marche. Attualmente Assegnista di ricerca presso “Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo” (CNR)
di Napoli nell’ambito “caratterizzazione pedologica delle aziende vitivinicole coinvolte nel progetto Precivit.
Valeria Cardelli
PhD in pedologia. Collabora con università spagnole e americane per lo studio di suoli forestali e naturali, e sul reimpiego di materiali di scarto in agricoltura. Titolare di assegno di ricerca su riuso sostenibile di scarti di estrazione di idrocarburi.
Giuseppe Corti
docente all’università Politecnica delle Marche e presidente della Società Italiana di Pedologia.