15 Luglio 2021

Presentato il rapporto ISPRA 2021. Senza interventi, il nostro Paese perderà servizi ecosistemici per un valore di circa la metà del PNRR. Già oggi il suolo non ha potuto garantire lo stoccaggio di 3 milioni di tonnellate di carbonio

di Emanuele Isonio

 

Ascolta “Il consumo di suolo costerà all’Italia almeno 80 miliardi di euro da qui al 2030.wav” su Spreaker.

Non ci è riuscito nemmeno il lockdown: i tanti mesi di stop forzato di molte attività produttive, edilizia inclusa, non sono riusciti a fermare la perdita di suolo sano causate dal cemento. È probabilmente il dato più eclatante dei molti contenuti nel nuovo Rapporto sul consumo di suolo realizzato da ISPRA e dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente. Risultato: ogni italiano ha a disposizione circa 360 metri quadri di cemento. Negli Anni 50 erano meno della metà (160 metri quadri).

“Un lusso che non possiamo più permetterci, né dal punto di vista ambientale né economico” ha sottolineato durante la conferenza stampa il presidente di  ISPRA, Stefano La Porta.

Molti servizi ecosistemici persi

Il rapporto sottolinea infatti che dal 2012 ad oggi il suolo non ha potuto garantire la fornitura di 4 milioni e 155mila quintali di prodotti agricoli, l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana (che ora scorrono in superficie aumentando la pericolosità idraulica dei nostri territori) e lo stoccaggio di quasi tre milioni di tonnellate di carbonio. Un dato, quest’ultimo, che equivale a oltre un milione di macchine in più circolanti nello stesso periodo per un totale di più di 90 miliardi di km. In altre parole due milioni di volte il giro della terra.

I principali dati di sintesi del Rapporto sul consumo di suolo 2021. FONTE: ISPRA.

I principali dati di sintesi del Rapporto sul consumo di suolo 2021. FONTE: ISPRA.

“È significativo – ha proseguito La Porta – che il rapporto specifichi quali sono i costi ecosistemici connessi con il consumo di suolo e che potrebbero erodere in maniera indiretta ma significativa le risorse garantite dal Recovery Fund dell’Unione europea”.

In effetti, il costo che l’Italia potrebbe essere costretta a sostenere a causa della perdita dei servizi ecosistemici dovuta al consumo di suolo tra il 2012 e il 2030 è compreso tra 81 e 99 miliardi di euro. In pratica la metà del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

“La qualità del suolo è condizione imprescindibile dello sviluppo sostenibile. Questo rapporto ci fa capire che concetti come quello di servizi ecosistemici non sono teorici. Devono invece diventare politiche” ha sottolineato il ministro delle Infrastrutture e Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini.

La possibilità di frenare i danni economici futuri dipenderà in particolare da quanto il nostro Paese sarà in grado di contrastare il fenomeno del consumo di suolo. I dati degli ultimi anni non fanno purtroppo ben sperare.

Non riusciamo a frenare il consumo di suolo

“Di fatto aldilà del rallentamento che c’è stato nel 2012 rispetto al periodo precedente, negli ultimi 8 anni procediamo a una velocità quasi costante del consumo di suolo. Continuiamo così a perdere quasi 2 metri quadrati ogni secondo” spiega Michele Munafò, responsabile Monitoraggio territorio e consumo di suolo di ISPRA (Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale). “Solo nel 2006 eravamo al 6,76% della superficie artificiale. Oggi siamo arrivati al 7,11%. Per dare un’idea la media europea è appena sopra il 4%. Quindi siamo a quasi il doppio della media Ue. E questo – sottolinea Munafò – in un Paese che non cresce nemmeno più dal punto di vista della popolazione. Viene quindi meno anche quella domanda teorica potenziale di necessità di costruire legata alle necessità di una popolazione crescente che in Italia non c’è. Gli scenari futuri indicano anzi una decrescita della popolazione”.

Scendendo ad analizzare il fenomeno a livello regionale, il rapporto evidenzia come l’incremento maggiore di consumo di suolo quest’anno è in Lombardia, che torna al primo posto tra le regioni con 765 ettari in più in 12 mesi. La seguono Veneto (+682 ettari), Puglia (+493), Piemonte (+439) e Lazio (+431).

Il consumo di suolo nelle diverse regioni d'Italia. Valori percentuali e confronto 2019-2020. FONTE: Rapporto Consumo di Suolo, ISPRA 2021.

Il consumo di suolo nelle diverse regioni d’Italia. Valori percentuali e confronto 2019-2020. FONTE: Rapporto Consumo di Suolo, ISPRA 2021.

“Il processo di degradazione – ricorda Catia Bastioli, membro della Mission Soil Health and Food dell’Unione europea – può condurre al collasso del paesaggio e dei sistemi, rende la città più vulnerabile agli eventi estremi, mette a rischio la sicurezza alimentare e può creare anche problemi di instabilità politica”.

Il cemento in aree a rischio

Nemmeno i rischi idraulici e sismici frenano la cementificazione. Nelle aree a pericolosità idraulica la percentuale supera infatti il 9% per quelle a pericolosità media e il 6% per quelle a pericolosità elevata. Il confronto tra i dati 2019 e 2020 mostra che 767 ettari del consumo di suolo annuale si sono concentrati all’interno delle aree a pericolosità idraulica media e 285 in quelle a pericolosità da frana, di cui 20 ettari in aree a pericolosità molto elevata e 62 a pericolosità elevata. Le percentuali si confermano alte anche nei territori a pericolosità sismica alta dove il 7% del suolo risulta ormai cementificato.

Consumo di suolo e isole di calore

I dati evidenziano poi delle criticità a livello urbano e periurbano. A livello nazionale superano i 2300 gli ettari consumati all’interno delle città e nelle aree produttive (il 46% del totale) negli ultimi 12 mesi. Come conseguenza, le nostre città sono sempre più calde, con temperature estive, già più alte di 2°C, che possono arrivare anche a 6°C in più rispetto alle aree limitrofe non urbanizzate.

Localizzazione dei principali cambiamenti dovuti al consumo di suolo tra il 2019 e il 2020. FONTE: elaborazioni ISPRA su cartografia SNPA

Localizzazione dei principali cambiamenti dovuti al consumo di suolo tra il 2019 e il 2020. FONTE: elaborazioni ISPRA su cartografia SNPA

Fotovoltaico sì. Ma sui tetti

Il rapporto dedica spazio anche al tema della transizione ecologica e della diffusione delle energie rinnovabili. E a proposito dei pannelli fotovoltaici, gli analisti ISPRA sottolineano i rischi connessi con la loro collocazione a terra, anziché sui tetti. Solo in Sardegna è stato ricoperto più di un milione di metri quadri di suolo, il 58% del totale nazionale dell’ultimo anno. E si prevede un aumento al 2030 compreso tra i 200 e i 400 kmq di nuove installazioni a terra che invece potrebbero essere realizzate su edifici esistenti. Il suolo perso in un anno a causa dell’installazione di questa tipologia di impianti sfiora i 180 ettari. Dopo la Sardegna è la Puglia la regione italiana che consuma di più con tale modalità, con 66 ettari (circa il 37%).

C’è poi il capitolo logistica, nel quale l’Italia perde ancora più terreno. Invece di rigenerare e riqualificare spazi già edificati, sono stati consumati in sette anni 700 ettari di suolo agricolo e il trend è in crescita. In Veneto le maggiori trasformazioni (181 ettari dal 2012 al 2019, di cui il 95% negli ultimi 3 anni) dovute alla logistica, seguita da Lombardia (131 ettari) ed Emilia-Romagna (119).

“Trovo davvero preoccupante che anche nel 2020 nonostante tutto si continui a usare il suolo come un conto in banca dal quale preleviamo soltanto” aggiunge Bastioli. “È un segno di miopia, che nasce da quella cultura dell’oggi e dello scarto, dall’ignoranza che ne deriva e che produce quella mancanza di visione strategica complessiva. È fondamentale l’inversione di rotta che con il Green Deal potrà venire fuori”.

Ma il primo intervento indispensabile deve arrivare dal nostro Parlamento e riguarda la legge che dica stop al consumo netto di suolo. “Quella legge va approvata” chiede La Porta. “Giace ferma da anni nonostante la proposta di legge sia arrivata a un livello di approfondimento avanzato e anche piuttosto condiviso. Eppure non si riesce mai a colmare l’ultimo miglio”.