Angelo Riccaboni, delegato italiano alla Mission for Soil europea, spiega i segreti del percorso avviato dalla Commissione Ue in favore del suolo: “Migliorare la salute dei terreni è urgente, soprattutto in territori fragili come l’Italia. Per centrare l’obiettivo serve l’impegno attivo dei cittadini”
di Emanuele Isonio
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Cinque missioni per risolvere altrettante criticità nell’Unione europea e garantire un futuro di sviluppo sostenibile al Vecchio Continente. Il percorso lo ha tracciato l’anno scorso la Commissione europea e da quest’anno fino al 2027 impegnerà cinque board di esperti. Adattamento ai cambiamenti climatici, lotta al cancro, tutela di oceani e mari, città intelligenti e salute del suolo sono le cinque sfide. Proprio quest’ultima dedicata al suolo è forse la meno nota al grande pubblico. Ma da essa dipendono molti aspetti del nostro benessere quotidiano. Abbiamo quindi chiesto all’economista Angelo Riccaboni, delegato nazionale alla Mission Soil Health and Food, presidente del Santa Chiara Lab dell’università di Siena e presidente della Fondazione PRIMA (Partnership for Research and Innovation in the Mediterranean Area) di condurci nei segreti della Missione suolo.
Professor Riccaboni, innanzitutto: in che cosa consistono le Missioni dell’Unione europea?
Ricorda il programma Apollo del presidente Kennedy negli Anni ’60?
Quelle che hanno portato l’uomo sulla Luna?
Esattamente. Le missioni dell’Unione europea si ispirano a quel programma che si poneva un obiettivo molto ambizioso e la cui risoluzione può far veramente la differenza. All’epoca come nel nostro caso, le mission prevedono obiettivi ben definiti, tempi precisi, misurazioni adeguate. Alle singole mission della Ue prendono parte scienziati, imprenditori ma anche singoli cittadini. In ogni singola iniziativa, sono previste azioni specifiche: progetti di ricerca e innovazione, misure di policy e iniziative legislative.
Da dove arriveranno i soldi per le mission?
Il tutto è finanziato da Horizon Europe, il nuovo programma quadro di Ricerca e Innovazione dell’Unione europea.
Perché tra i tanti temi possibili, la Commissione europea ha deciso proprio di creare una Mission for Soil?
Gli obiettivi delle missioni da realizzare sono stati decisi attraverso un percorso molto partecipato cui hanno preso parte cittadini, comunità scientifica,comunità industriale, Parlamento europeo e singoli Stati membri. Fra le cinque categorie scelte, quella specifica sul suolo evidenzia l’importanza di un tema spesso sottovalutato. Ancora oggi diamo infatti per scontati i benefici che derivano da suoli sani. Sottovalutando la loro importanza, abbiamo ridotto lo spazio di terreni fertili, a favore dello sviluppo urbano e delle infrastrutture. Abbiamo compromesso la condizione dei suoli, a causa di pratiche d’uso inadeguate e spesso insostenibili.
Ma i suoli sono davvero messi così male? E il problema è generalizzato o riguarda solo alcune aree?
I suoli sono minacciati in tutta Europa. Il 60-70% dei suoli è malsano a causa delle attuale pratiche di gestione, dell’inquinamento, dell’urbanizzazione e degli effetti dei cambiamenti climatici. In Europa abbiamo 2,8 milioni di siti contaminati, il 65-75% dei suoli agricoli hanno un apporto di nutrienti a livelli tali che rischiano l’eutrofizzazione del suolo e incidono sulla biodiversità. Mi pare sia sufficiente per spiegare perché tra le cinque missioni ne sia stata inserita una specifica sul suolo.
Immagino che tutto questo comporti anche un danno economico per i Paesi Ue?
I costi associati al degrado del suolo nella Ue superano i 50 miliardi di euro ogni anno.
Che funzioni hanno i Mission Board?
Hanno sostanzialmente il compito di aiutare a implementare le mission all’interno di Horizon Europe. Ogni comitato è composto da 15 esperti internazionali provenienti da settori produttivi, dal tessuto industriale, dal mondo scientifico e da quello della comunicazione e dei media.
Quale sarà l’iter delle varie mission?
Ci troviamo adesso in una fase preparatoria durante la quale vengono sviluppati piani di azioni. Essi includeranno il dettaglio degli interventi oltre alla strategia di investimento e agli indicatori di performance.
Per quanto riguarda la missione Suolo in salute qual è l’obiettivo fondamentale e come può essere raggiunto?
L’obiettivo è di garantire che entro il 2030 almeno il 75% dei suoli in ogni Stato membro della Ue sia sano e sia in grado di svolgere le funzioni essenziali dalle quali dipendiamo.

Il primo obiettivo della Mission UE è quello di ripristinare il 50% del suolo degradato. Immagine: presentazione di Cees Veerman, presidente Mission Soil EU, Ecomondo Digital Edition 2020.
La Mission prevede azioni specifiche per ogni Paese? In questo caso, quali sono le preoccupazioni maggiori per quanto riguarda l’Italia?
In 30 anni in Italia abbiamo perso circa il 20% della superficie agricola a seguito dell’espansione delle città e delle infrastrutture, del degrado delle aree periurbane e dell’abbandono dei territori montani e collinari. Inoltre, il problema è acuito dal fatto che il nostro è un Paese instabile dal punto di vista idrogeologico. Il territorio è fragile e vulnerabile ai cambiamenti climatici che si fanno sentire sempre di più.
Non dobbiamo poi dimenticare che il 21% della superficie italiana è a rischio desertificazione, di cui il 40% nel Mezzogiorno. Siamo quindi in un contesto difficile, con crisi chiare. Avere un quadro di riferimento come la Mission, con le sue attività di ricerca, le sue prospettive in termini di interventi dal punto di vista delle policy e della normativa può essere un riferimento assai utile per il futuro del Paese.
Le decisioni della Mission si tradurranno in provvedimenti vincolanti?
La missione sul suolo mira a implementare delle soluzioni sistemiche in grado di indurre trasformazioni nel modo di produrre, con conseguenze sociali e impatto economico. Così aiuterà a realizzare le principali priorità politiche della Ue: il Green Deal, la strategia Farm to Fork, la strategia sulla biodiversità, il Piano di azione per l’Economia circolare e la Politica Agricola Comune. Ma la Mission For Soil è importante anche per il Recovery Plan e Next Generation EU: al loro interno è infatti chiaramente sottolineato il ruolo dell‘economia circolare nella ripresa dopo la pandemia da Covid-19 e viene stabilito un collegamento forte con la transizione verso un’economia verde e digitale.
In questo contesto, la Missione sul suolo cercherà di raggiungere obiettivi specifici: degrado del suolo, impermeabilizzazione del suolo, inquinamento, erosione, impronta del suolo globale, biodiversità, formazione e istruzione.
Attraverso quali azioni punterà a raggiungere questi obiettivi specifici?
Per raggiungere gli obiettivi, la Missione prevede azioni nei territori e nei vari settori economici. Punta quindi ad avere un impatto di vasta portata sulle pratiche in agricoltura, silvicoltura, nel settore alimentare, nel comparto delle biobased industries e nel settore dello smaltimento dei rifiuti, ma anche sulla pianificazione e sull’uso del suolo nelle aree periurbane e rurali.
Lei prima ha ricordato come la scelta delle mission sia stato frutto di un percorso partecipato. Arrivati a questo punto, i cittadini europei possono comunque partecipare in qualche modo?
Non sarebbe possibile rqggiungere gli obiettivi della Mission senza coinvolgere i cittadini. Sono già stati coinvolti nel momento di creazione e selezione delle mission e lo saranno nei passaggi successivi. C’è bisogno infatti di un’ampia partecipazione pubblica affinché le mission facciano davvero la differenza. In questo modo, si crea fiducia tra l’opinione pubblica e i cittadini diventano parte protagonista del proprio futuro. Per questo, la Commissione europea li invita a partecipare alle discussioni, agli eventi pubblici e ai sondaggi online e sui social media per discutere il contenuto e gli obiettivi delle mission, man mano che esse evolvono.
Ci sono già dei consigli da poter dare ai cittadini per fare in modo che le proprie azioni aiutino a migliorare il suolo e in generale gli ecosistemi locali?
Ci sono almeno tre consigli che si possono sicuramente dare: innanzitutto i cittadini dovrebbero premiare i prodotti agricoli che provengono da pratiche agricole sostenibili. Penso a chi segue i principi dell’agricoltura rigenerativa, dell’agroecologia, alle rotazioni delle culture, la gestione integrata dei parassiti, l’agricoltura biologica, l’utilizzo di ammendanti organici, la riduzione dei fertilizzanti chimici.
Secondo: dovrebbero premiare le imprese di tutti i settori che dimostrano attenzione alla riduzione dell’erosione e del consumo del suolo. Ciascuna unità economica può dare una mano a ridurre l’aggressione verso i suoli.
Terzo: i cittadini devono stare attenti quando fanno la raccolta differenziata. I nostri residui, se adeguatamente divisi, possono alimentare i processi di definizione di compost di qualità e possono quindi riuscire a ottimizzare la quantità di sostanza organica nei suoli. Questo però richiede un comportamento adeguato da parte di ciascuno di noi.