18 Dicembre 2020

L’uso di plastica tradizionale sui terreni agricoli riduce del 15% il rendimento delle colture. Guerrini (Novamont): per tutelare il suolo europeo serve una nuova agricoltura circolare. Con le plastiche di origine biologica protagoniste

 

di Matteo Cavallito

Ascolta “Agricoltura circolare e plastiche bio per ripristinare il suolo” su Spreaker.

Il futuro dell’agricoltura europea sarà circolare. Lo impone lo logica e lo pretende, ovviamente, la ratio delle politiche pubbliche destinate a disciplinare il settore. Ma per tradurre il principio in soluzioni concrete occorre puntare prima di tutto su materiali sostenibili a partire dalle plastiche biodegradabili. Lo ha sostenuto Sara Guerrini, Agriculture Sales Specialist presso Novamont, in occasione di un webinar online organizzato da Kyoto Club, L’evento, svoltosi ieri, è parte di un ciclo sul tema de “La PAC per l’ambiente, il cambiamento climatico e la protezione del suolo”.

La politica agricola per un suolo a rischio

Già, il suolo europeo. Un risorsa a forte rischio, ricorda la Guerrini citando i dati più recenti. Oggi il 20% dei terreni Ue è soggetto a erosione mentre nel sud del Continente il 25% dei suoli è a rischio desertificazione. A conti fatti, l’ammontare di terra produttiva in Europa si riduce al ritmo di mille km quadrati all’anno. Non sorprende che in questo contesto la Politica Agricola Comune (PAC) abbia un peso centrale. Le iniziative condotte in tal senso fanno leva anche sul sostegno all’impiego di materiale biodegradabile con l’obiettivo di ridurre l’uso delle plastiche tradizionali in agricoltura.

Suolo europeo: allarme plastica. Immagine: dalla presentazione di Sara Guerrini (Novamont), “La PAC per l’ambiente, il cambiamento climatico e la protezione del suolo”, Kyoto Club, 17 dicembre 2020.

Suolo europeo: allarme plastica. Immagine: dalla presentazione di Sara Guerrini (Novamont), “La PAC per l’ambiente, il cambiamento climatico e la protezione del suolo”, Kyoto Club, 17 dicembre 2020.

Un suolo invaso dalle plastiche

I numeri, d’altra parte non mentono. Secondo diverse stime, a partire da quella della Commissione UE, il 5% dei rifiuti plastici è costituito in Europa da materiale usato in agricoltura il cui impiego – sottolinea Guerrini – riduce del 15% il rendimento delle colture. A preoccupare sono le microplastiche che invadono i terreni continentali al ritmo di 15mila tonnellate all’anno. Così come il materiale di grande dimensione che raggiunge in questo senso quota 76mila. Nella categoria si collocano i teli pacciamanti usati per coprire e proteggere i terreni ma assai difficili da smaltire. Si ritiene che ad oggi il 30% di questi ultimi rimanga sui terreni dopo la fine del suo ciclo vitale.

I vantaggi delle plastiche biodegrabili. Immagine: dalla presentazione di Sara Guerrini (Novamont), “La PAC per l’ambiente, il cambiamento climatico e la protezione del suolo”, Kyoto Club, 17 dicembre 2020.

I vantaggi delle plastiche biodegradabili. Immagine: dalla presentazione di Sara Guerrini (Novamont), “La PAC per l’ambiente, il cambiamento climatico e la protezione del suolo”, Kyoto Club, 17 dicembre 2020.

Le bioplastiche? Utili e coerenti

Attualmente i teli biodegradabili rappresentano appena il 5% del totale (per un peso complessivo di 4mila tonnellate). I margini di crescita, insomma, ci sono tutti e la logica, manco a dirlo, è decisamente stringente. Il crescente uso della plastica di origine vegetale ridurrebbe la contaminazione dei terreni e delle acque senza pesare sulle discariche. L’impiego di materiale biodegradabile, inoltre, è perfettamente coerente con le ambizioni di sviluppo della bioeconomia circolare, altro elemento cardine del Green Deal e delle altre strategie correlate.

Infine gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). La scelta del biodegradabile – sostiene ancora Guerrini – inciderebbe positivamente su almeno otto diverse categorie contenute nell’elenco delle aree chiave individuate dall’Onu. Tra cui sicurezza alimentare, crescita economica sostenibile e lotta al cambiamento climatico.