30 Dicembre 2020

L’Italia resta un punto di riferimento per l’agricoltura biologica del Vecchio Continente. Crescono la superficie coltivata, le aziende e i consumi. Cala l’uso dei pesticidi. Che, tuttavia, pesano ancora per 54mila tonnellate

di Matteo Cavallito

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1,99 milioni di ettari. Come dire circa 20mila chilometri quadrati o, se preferite, un’area più o meno equivalente all’estensione della Slovenia: è la misura complessiva del suolo italiano soggetto ad agricoltura biologica. Un dato impressionante, pari al doppio della cifra rilevata dodici anni fa, che certifica il ruolo centrale di un settore in crescita. In un’Europa sempre più attenta ai benefici delle coltivazioni bio per la tutela del suolo, insomma, l’Italia continua registrare numeri incoraggianti. Alla fine dello scorso anno, nel settore, si contavano più di 80.600 aziende con una crescita del 2% sul 2018.

Pesticidi ancora diffusi… ma in calo

I numeri sono stati ripresi in queste settimane dall’ultimo rapporto di Legambiente sull’uso dei pesticidi nella Penisola. La diffusione dell’agricoltura biologica, lasciano intendere i dati diffusi dall’organizzazione, si accompagna a un calo dell’impiego di questi ultimi. Dal 2015 al 2018, in particolare, il loro utilizzo si è ridotto del 14%, trascinato dal calo delle sostanze attive autorizzate contenute nei fitofarmaci. Un trend positivo, dunque, ma che ancora non autorizza particolari celebrazioni. Con 54mila tonnellate di fungicidi, erbicidi, insetticidi e acaricidi impiegati in agricoltura, l’Italia, scrive Legambiente, “si riconferma terza potenza europea per maggior consumo di questi prodotti, preceduta da Francia (84.969 tonnellate in un anno) e Spagna (61.343)”. E anche gli obiettivi fissati dalla Commissione europea nella strategia “Dal produttore al consumatore” sono ben più ambiziosi: l’uso di pesticidi dovrà calare del 50% da qui al 2030.

Italia leader Ue

Sul fronte dell’agricoltura biologica, in ogni caso, l’Italia resta uno dei leader europei dedicando al comparto quasi il 16% della sua superficie utilizzabile. In termini relativi, per capirci, siamo ben al di sopra dei principali Paesi produttori come Spagna (10,1%), Germania (9,07%) e Francia (8,06%). Ed evidenziamo, al tempo stesso, un dato doppio rispetto alla media di un Continente sempre più incline allo sviluppo di queste coltivazioni. Le prospettive future, infatti, sono anch’esse incoraggianti: a trainare il settore c’è infatti il trend positivo del consumo dei prodotti bio cresciuto addirittura dell’11% durante il lockdown. Un dato incoraggiante visto che l’Ue si è posta l’obiettivo di destinare a colture biologiche il 25% dei terreni entro il prossimo decennio.

“Salute del suolo, dell’ecosistema, delle persone”

Riconosciuta dall’IFOAM, la Federazione internazionale del settore come “un sistema di produzione che sostiene la salute del suolo, dell’ecosistema e delle persone”, l’agricoltura biologica è al centro della direttiva UE 848 del 2018 destinata ad entrare in vigore nel 2021 con l’obiettivo di regolamentare e dare nuovo slancio al comparto. La politica europea, in particolare, scommette da tempo sugli effetti positivi delle coltivazioni sostenibili in senso lato. Nei campi soggetti a coltura biologica, il tasso di assorbimento di CO2 è pari a 3 volte e mezzo il dato rilevato nei suoli adibiti a produzione convenzionale. Un dato che evidenzia ancora una volta il legame conclamato tra la salute dei terreni e il contrasto al cambiamento climatico.