La Soil Science Society of America chiede a Biden un sostegno agli agricoltori e al mercato del carbonio. La proposta sarebbe già in agenda. Ma resta controversa
di Matteo Cavallito
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L’agricoltura statunitense può fare la sua parte nel contrasto al cambiamento climatico grazie all’apertura di un mercato del carbonio a livello federale. Un’operazione fondata sulla capacità di sequestro della CO2 da parte del suolo. E che sembra trovare crescente sostegno attorno alla nascente amministrazione Biden. L’ultimo intervento, in ordine di tempo, porta la firma della Soil Science Society of America (SSSA). In una lettera aperta, pubblicata a metà gennaio e firmata anche dalla American Society of Agronomy e dalla Crop Science Society of America, l’associazione ha chiesto alla Casa Bianca un sostegno tecnico e scientifico al settore. Per aiutare gli agricoltori, in particolare, “a partecipare all’economia del carbonio”.
Suolo e carbonio
“L’agricoltura è uno dei pochi settori che può compensare le emissioni di gas serra, principalmente attraverso il meccanismo del sequestro del carbonio nel suolo” si legge nella lettera. La SSSA, in particolare, sottolinea l’importanza delle pratiche sostenibili. Tra queste la riduzione dello stress del suolo derivante da un eccesso di aratura, una buona gestione dell’acqua e dei nutrienti. Oltre al ripristino dei terreni e al contrasto alla deforestazione.
A fronte di tutto questo, argomentano le associazioni, lo sviluppo di un mercato del carbonio a livello federale rappresenta un’opportunità per “offrire incentivi finanziari agli agricoltori per sequestrare il carbonio”. Da qui la necessità di un sostegno tecnologico che consenta di gestire i dati quantificando la ritenzione della CO2 nel suolo agricolo e il conseguente contributo nella lotta al cambiamento climatico.
Una carbon bank Agricola da 1 miliardo di dollari
La richiesta non cade certo nel vuoto. Di recente un gruppo di lavoro composto da ex funzionari dell’amministrazione Obama, scienziati e consulenti del transition team di Joe Biden hanno redatto un documento denominato Climate 21 Project che contiene alcuni suggerimenti per la nuova politica agricola della Casa Bianca. L’idea è quella di incentivare i coltivatori a perseguire pratiche sostenibili per il suolo e il clima.
L’elenco delle proposte include l’istituzione di una “banca del carbonio” con una dotazione di 1 miliardo di dollari per acquistare i crediti maturati dagli agricoltori. In pratica si tratterebbe di quantificare l’ammontare della CO2 sequestrata ricompensando gli operatori per il loro contributo. Aprendo la strada, forse, all’avvio di un mercato dei crediti di emissione sulla falsariga di quello europeo. Il prezzo di riferimento, evidenzia Climate 21, dovrebbe essere fissato a 20 dollari per tonnellata.
USDA’s Commodity Credit Corporation has been identified by Biden advisors as a vehicle to fight climate change by establishing a “carbon bank” that would pay farmers to store carbon in soil https://t.co/7JfQqdp6Wq
— Liz Crampton (@liz_crampton) November 11, 2020
Clima politico favorevole
L’ipotesi della banca – da realizzare con l’intervento della Commodity Credit Corporation, il braccio finanziario del Dipartimento – potrebbe essere già in agenda. Robert Bonnie, esponente del transition team di Biden e principale promotore del progetto, è stato appena nominato consulente sul clima per lo United States Department of Agriculture. Il 6 gennaio, la senatrice democratica del Michigan Debbie Stabenow, prossima presidente della Commissione agricoltura del Senato, ha dichiarato di considerare la creazione di un mercato federale del carbonio per il settore “una priorità assoluta”. Le potenzialità, d’altra parte, sono enormi. Secondo Climate 21 l’adozione di pratiche sostenibili nei campi e nelle foreste americane garantirebbe fino al 20% della riduzione totale delle emissioni necessaria per raggiungere gli obiettivo climatici da qui al 2050.
Ma la soluzione non convince tutti
L’applicazione del trading della CO2 al settore agricolo, in ogni caso, resta tuttora controversa. Nei mesi scorsi una ricerca dell’Institute for Agriculture and Trade Policy, ad esempio, ha sottolineato i rischi di quella che ha definito la “finanziarizzazione della terra”. La dimensione reale del sequestro di carbonio, sostiene lo studio, sarebbe “estremamente difficile da quantificare”. L’adozione del sistema, inoltre, sarebbe costosa e si concretizzerebbe a discapito di “opzioni più sostenibili” a partire dall’agroecologia. Il timore, ha scritto di recente il Washington Post, è che il carbon market possa precludere un cambio di rotta più profondo in agricoltura “proteggendo al tempo stesso le multinazionali del settore da regole più severe”.