La più ampia ricerca mai realizzata sulle praterie della provincia canadese del Saskatchewan quantificherà il carbonio sequestrato nel suolo. Fornendo indicazioni sulle migliori pratiche agricole e di pascolo capaci di favorire il fenomeno
di Matteo Cavallito
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Il Canada si prepara a mappare la distribuzione del carbonio conservato nelle praterie della provincia centro-occidentale del Saskatchewan. L’indagine, resa nota dai ricercatori dell’Università dell’Alberta, è la più ampia mai realizzata nel suo genere. Lo studio punta inoltre a suggerire le migliori strategie di gestione dei pascoli. Facendo emergere il ruolo – già documentato – delle buone pratiche pensate per favorire il sequestro dell’elemento.
“Sappiamo che le praterie trattengono grandi quantità di carbonio e questo progetto ci aiuterà a quantificare i contributi del settore dell’allevamento nella tutela dei suoi terreni da pascolo”, ha dichiarato Cameron Carlyle, docente dell’ateneo canadese coinvolto nella ricerca.
Lo studio
Analizzando diversi campioni di suolo raccolti nelle praterie e confrontando i dati con le informazioni sulle pratiche agricole e di allevamento adottate (dall’intensità del pascolo all’uso dei fertilizzanti), i ricercatori potranno comprendere meglio quali dinamiche influenzano la capacità del suolo di sequestrare il carbonio.
“Verrà inoltre sviluppato un database con le informazioni su numerosi campioni di suolo per aiutare i ricercatori a stimare i valori di carbonio con uno sforzo e un costo inferiori rispetto alle pratiche attualmente in uso”, precisa l’università canadese.
I risultati dello studio potranno essere integrati con il protocollo già sviluppato nel Paese per le pratiche di carbon farming. Realizzato nel 2019 su iniziativa della filiale canadese dell’associazione USA Climate Action Reserve, il piano contiene le linee guida per quantificare, monitorare, comunicare e verificare le riduzioni delle emissioni di gas serra associate alla mancata conversione dei prati in terreni coltivati.
Risultati utili non solo per il Canada
L’importanza della ricerca si estende anche al di fuori del territorio oggetto di studio. “L’indagine potrà essere applicata a tutte le praterie per aiutare i produttori delle province dell’Alberta e del Manitoba a far crescere il livello di carbonio nella terra da pascolo”, spiegano i ricercatori. “Questi ecosistemi e queste strategie di gestione del suolo non hanno confini”.
L’idea, in questo senso, non è nuova. Da tempo, infatti, il mondo sperimenta buone pratiche comunemente riunite nell’espressione “pascolo rigenerativo”.
Si tratta, in sostanza, di quell’insieme di soluzioni che puntano a ridurre l’impatto dell’azione degli animali sul suolo. In base a questi principi, ad esempio, i capi di bestiame possono essere spostati più volte per far riposare i terreni per lunghi intervalli di tempo. E possono essere spinti, inoltre, a consumare un’ampia varietà di erbe per impedire che poche specie vegetali diventino predominanti riducendo la biodiversità.
La crisi delle praterie
L’obiettivo di tutte queste iniziative consiste ovviamente nella conservazione delle praterie. Questi ambienti, che hanno un ruolo decisivo nel sequestro del carbonio, si estendono sul 40% circa delle terre emerse ma sono in larga parte minacciate dall’uso intensivo e dall’urbanizzazione.
I tentativi di ripristino non mancano. Ma alcune iniziative, come l’impianto massiccio di specie vegetali, sono state giudicate talvolta poco efficaci o addirittura controproducenti (soprattutto quando la siccità favorisce lo sviluppo degli incendi). In alcune circostanze, per contro, il pascolo rigenerativo si è rivelato utile. Nel 2015, uno studio pubblicato sulla rivista Agriculture, Ecosystems & Environment, ha stimato che queste buone pratiche potrebbero favorire ogni anno il sequestro su scala mondiale di 300 milioni di tonnellate di CO2.