Lo studio spagnolo: l’orto biointensivo sperimenta una crescita dei rendimenti, un minore consumo di acqua e un incremento del carbonio sequestrato. Generando una risposta efficace alla desertificazione
di Matteo Cavallito
Listen to “Spagna, il metodo biointensivo è un successo: le rese salgono dell’81%” on Spreaker.
L’applicazione del sistema biointensivo in Spagna ha prodotto risultati brillanti generando un miglioramento delle condizioni del suolo e una forte crescita delle rese. Lo rende noto un rapporto di Amigos de la Tierra, filiale spagnola della ONG internazionale Friends of the Earth. “Lo studio è il risultato dell’analisi scientifica di decine di orti condotta in cinque regioni spagnole in un periodo di due anni e mezzo” sottolineano gli autori. “Grazie al metodo biointensivo”, proseguono, “in ognuna delle tre principali regioni climatiche spagnole, è stato superato il valore nazionale medio dei rendimenti riportati nelle statistiche ufficiali”.
Il metodo biointensivo
Collocata nell’alveo dell’agroecologia, l’agricoltura biointensiva punta a recuperare alcune tecniche antiche basate sulla gestione sostenibile del suolo. La pratica prevede l’applicazione di diverse strategie – tra cui il doppio dissodamento del terreno, la rotazione delle colture e l’uso del compost – con l’obiettivo di massimizzare i rendimenti a fronte di un minore apporto di risorse.
Secondo i dati diffusi dalla ONG messicana Ecología y Población (ECOPOL), punto di riferimento per l’America Latina, dove il metodo biointensivo è particolarmente diffuso, questo sistema di coltivazione “ha la capacità di produrre rendimenti da due a sei volte superiori a quelli dell’agricoltura commerciale, utilizzando dal 66 all’88% di acqua in meno“. E riducendo inoltre “dal 50 al 100% l’apporto dei fertilizzanti organici e dal 94 e 99% l’impiego di energia”.
L’esperimento
L’esperimento, realizzato con il sostegno del Ministero per la Transizione Ecologica spagnolo ha coinvolto 57 operatori nella gestione di altrettanti orti. L’indagine, in particolare, si è svolta in cinque diverse aree in Aragona, Galizia, Ibiza, nell’area di Madrid e a Mallorca, in rappresentanza di tre differenti zone climatiche.
Analizzando i campioni di suolo e di compost ed elaborando una serie di parametri relativi alla produzione, alla fertilità, all’uso delle risorse e all’adattamento al cambiamento climatico, gli scienziati hanno potuto valutare l’efficacia del metodo. Le indicazioni ottenute sono chiare: “In media – sottolineano infatti gli autori – in tutte le colture e regioni, sono stati ottenuti rendimenti superiori dell’81% rispetto ai valori ufficialmente registrati per l’agricoltura industriale convenzionale”.
Meno consumo di acqua, più carbonio assorbito
La crescita dei rendimenti, tuttavia, non è l’unico vantaggio osservato. In tutte le zone trattate, infatti, si è registrato anche un importante aumento della materia organica (+18%) rispetto al valore iniziale. Il dato, spiegano i ricercatori, evidenzia l’avvenuta rigenerazione dei suoli che si accompagna a una maggiore capacità di sequestro di carbonio. Nei 2mila metri quadri di terreni analizzati, infatti, la cattura di carbonio ammonta a 3,23 tonnellate. Un saldo positivo che non sarebbe stato possibile con l’applicazione delle pratiche convenzionali.
E non è tutto. “Sette delle otto colture osservate hanno ridotto mediamente il loro consumo di acqua del 22% con un picco del 71% nelle coltivazioni di pomodoro in Galizia”. Secondo gli studiosi, “applicando per diversi anni il metodo biointensivo si potrebbero raggiungere percentuali molto più alte facendo segnare una media del 70%”.
In Spagna l’agricoltura biontensiva resiste alla desertificazione
I risultati dell’iniziativa appaiono particolarmente significativi nel contesto spagnolo. La capacità di adattamento alle sfide climatiche, infatti, rende il metodo biointensivo particolarmente utile nello sviluppo dell’agricoltura in un ambiente sempre più ostile. Secondo i dati diffusi dalla Corte dei Conti UE, in Spagna il 74% del territorio è classificato come “a rischio desertificazione“. Mentre il 20% è di fatto compromesso. Una condizione che la accomuna a molte altre zone dell’area mediterranea, Italia inclusa.
“Si ritiene generalmente che i suoli arabili dovrebbero contenere almeno il 2% di materia organica“, concludono gli autori. In Spagna, tuttavia, “la media nazionale è pari ad appena l’1%, con gravi conseguenze in termini di fertilità”. In questa situazione, “l’agricoltura biointensiva su piccola scala permette di produrre abbastanza cibo in uno spazio minimo”. Rigenerando il suolo “fino a 60 volte più velocemente di quanto faccia la natura stessa”.