7 Marzo 2023
Le biomasse di scarto possono essere una risorsa preziosa per sviluppare una catena di valore residuo e per migliorare la fertilità dei suoli. FOTO: Ben Kerckx da Pixabay

Il volume è nato grazie al contributo della Società Italiana di Chimica Agraria. A scriverlo 30 studiosi di università e centri di ricerca. L’opera è la prima esperienza di approccio integrato allo studio, caratterizzazione e uso in agricoltura di biomasse di varia natura

di Emanuele Isonio

 

Dal report pubblicato dall’European Environmental Agency nel 2020 si evince che la maggior parte dei suoli europei sia ormai degradato, ossia soggetto ad erosione (con tassi di perdita di suolo molto superiori rispetto a quelli di formazione), impermeabilizzazione, compattazione, subsidenza, inquinamento e/o perdita di carbonio organico, nutrienti e biodiversità.

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La presenza di carbonio organico nel suolo nell’UE – 2015 (g/kg). FONTE: JRC, 2018.

Sebbene il binomio suolo-biomasse non sia esplicitamente menzionato nel Green Deal europeo, esso ha un ruolo fondamentale nel raggiungimento della cosiddetta ‘neutralità climatica’ da raggiungere entro il 2050. Strategie come quella per la tutela della biodiversità, la sostenibilità in agricoltura, la realizzazione di sistemi che garantiscano alimenti sani, economicamente accessibili e sostenibili (Farm to Fork strategy), l’eliminazione dell’inquinamento (Zero pollution) e l’azione per il clima non possono infatti prescindere da una gestione del sistema suolo che preveda l’uso e il riciclo, in modo sicuro e sostenibile, delle biomasse in agricoltura.

Gli obiettivi della Farm to Fork

Ad esempio, la strategia Farm to Fork mira ad un sistema in grado di garantire alimenti sani, economicamente accessibili e sostenibili, obiettivo che può essere raggiunto solo apportando biomasse al suolo, soprattutto in contesti caratterizzati da suoli poveri in carbonio organico quali quelli mediterranei (con contenuti di sostanza organica spesso inferiore al 2%). Inoltre, una delle cause di inquinamento del suolo è costituita dall’eccesso di nutrienti (ad esempio azoto e potassio) che sono apportati con le pratiche agricole e che vengono poi spesso traslocati in altri comparti ambientali quali idrosfera (risultando in fenomeni di eutrofizzazione) e atmosfera (emissioni di N2O), impattando negativamente sulla biodiversità e sul clima. Di conseguenza, la strategia Farm to Fork mira anche a ridurre, entro il 2030, di almeno il 50% le perdite di nutrienti, senza che ciò comporti un depauperamento della fertilità del suolo, e di almeno il 20% l’uso di fertilizzanti.

L’importanza di chiudere il ciclo dei nutrienti

Tale strategia ben si sposa con il (ri)utilizzo delle biomasse in agricoltura, pratica che consente di chiudere il ciclo biogeochimico dei nutrienti.
Ma la mitigazione del cambiamento climatico è forse quella nel quale il suolo ha un ruolo imprescindibile, considerando che, dopo gli oceani, esso costituisce infatti il maggior serbatoio terrestre di carbonio (~2400 Gt C). Al tempo stesso, però, pratiche di gestione del suolo poco o per nulla sostenibili fanno sì che, da sink di carbonio, esso possa diventare una sorgente di gas serra (come CO2, CH4, N2O) e, di conseguenza, contribuire al cambiamento climatico. Stoccare carbonio nel suolo, infatti, oltre a mitigare il cambiamento climatico, consente una migliore resilienza (aumentando la capacità dei suoli di trattenere acqua, riducendo la perdita di suolo per erosione) e contribuisce alla sicurezza alimentare (food security) ed al ripristino di aree marginali o degradate (ad esempio, migliorando la fertilità del suolo, garantendo la stabilità nelle rese colturali).

Pratiche di gestione sostenibili quali rotazioni colturali, cover crops, conversione a colture perenni e/o a leguminose, agroforestazione, controllo delle aree soggette a pascolo e, soprattutto, utilizzo di ammendanti e biomasse vegetali di scarto, consentono di incrementare il contenuto di carbonio del suolo, rappresentando quindi delle opzioni di tipo win-win (incremento fertilità del suolo-mitigazione del cambiamento climatico).

L’importanza di conoscere le biomasse

Le biomasse di scarto, se non utilizzabili vantaggiosamente, sono di fatto un rifiuto, mentre quando consentono una qualsiasi forma di utilizzazione economica, costituiscono una risorsa e consentono lo sviluppo di una catena di valore residuo.

Tuttavia, occorre che la qualità delle biomasse sia compatibile con il mantenimento, anzi meglio il miglioramento, della fertilità dei suoli, caratteristica indispensabile per evitare rischi per i restanti comparti ambientali.

È con questi obiettivi che è stato pubblicato da Pàtron Editore Bologna nel 2022 “Biomasse in Agricoltura: caratterizzazione e utilizzo sostenibile”, scritto da oltre 30 docenti e ricercatori studiosi del sistema suolo-pianta-acqua-atmosfera, specializzati nel settore chimico-agrario e appartenenti alla Società di Chimica Agraria. A coordinarli, Giovanni Gigliotti (università di Perugia), Claudio Ciavatta (università di Bologna), Teodoro Miano (università di Bari Aldo Moro), Fulvia Tambone (università Statale di Milano), Claudio Zaccone (università di Verona).

L’opera rappresenta uno strumento importante per migliorare chiarezza e competenze in un settore sicuramente delicato ma strategico per la funzionalità dei suoli e la sicurezza alimentare.

La copertina del libro “Biomasse in Agricoltura: caratterizzazione e utilizzo sostenibile”, Pàtron Editore Bologna - 2022.

La copertina del libro “Biomasse in Agricoltura: caratterizzazione e utilizzo sostenibile”, Pàtron Editore Bologna – 2022.

La struttura del libro

Il volume, suddiviso in cinque parti e 17 capitoli, offre una panoramica relativa alle principali biomasse di scarto e/o sottoprodotti generalmente utilizzati sul territorio nazionale, quali la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (cap. 2), i fanghi di depurazione (cap. 3), i reflui zootecnici (cap. 4) ed agro-industriali (cap. 5), e le biomasse ligno-cellulosiche.

Ma non tutte le biomasse di scarto possono essere applicate al suolo tal quali; alcune di esse necessitano di processi di stabilizzazione che possono essere legati alla filiera energetica, come nel caso della digestione anaerobica (cap. 8), della pirolisi (cap. 9), della bioraffineria (cap. 10) e dei processi integrati (cap. 11), oppure prescindere da essa, come nel caso del compostaggio (cap. 7). Il tutto sempre in un’ottica di economia circolare, modello economico che prevede il riutilizzo continuo dei prodotti all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore, a differenza del tradizionale modello economico lineare.

Chiaramente, la tipologia di matrici potenzialmente utilizzabili, i processi di stabilizzazione e le caratteristiche dei relativi prodotti non possono prescindere da un quadro legislativo molto articolato (cap. 1) che spesso richiama metodiche analitiche ben definite e specifiche (cap. 13). Tali biomasse, sia tal quali (e.g., letame) che in seguito ad eventuali processi di stabilizzazione (e.g., compost, digestato, biochar), trovano come recettore finale il sistema suolo, influenzandone le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche, e quindi la fertilità (capp. 12, 14 e 15), e il potenziale di sequestro del carbonio (cap. 16), e/o favorendone i processi di recupero e/o remediation (cap. 17).