La guerra in Ucraina e il boom delle materie prime spinge il prezzo dei fertilizzanti a livelli record: sfruttare le proprietà dei microbi è una soluzione conveniente. E gli investitori, scrive il Wall Street Journal, non si fanno pregare
di Matteo Cavallito
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Il boom del prezzo dei fertilizzanti porta sotto i riflettori le potenzialità di una soluzione alternativa: quella offerta dai microbi. Lo scrive il Wall Street Journal evidenziando come “le startup che commercializzano fertilizzanti alternativi per le colture dichiarino di guadagnare consenso tra gli agricoltori e gli investitori statunitensi”.
Ad oggi, “aziende come Pivot Bio, Kula Bio e Anuvia stanno spingendo lo sviluppo di fertilizzanti agricoli sfruttando i microbi o i prodotti a base vegetale per fornire i nutrienti di cui il mais e altre colture hanno bisogno”, segnala il quotidiano. E ancora: “Queste imprese mirano a sostituire i fertilizzanti tradizionali la cui produzione implica il dispendio del gas. Una fonte energetica che ha raggiunto quest’anno prezzi record a causa delle restrizioni nella catena di approvvigionamento e dell’impatto della guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina”.
1 miliardo di investimenti nell’ultimo anno
Secondo le stime della società di ricerca AgFunder, le startup impegnate nel settore avrebbero attirato quest’anno nuovi investimenti per circa un miliardo di dollari. Un trend che non sorprende alla luce dell’esplosione dei prezzi dei fertilizzanti, triplicati quest’anno sotto la spinta dell’impatto economico dell’invasione russa.
Tra le imprese maggiormente coinvolte nello sviluppo delle soluzioni basate sui microbi, prosegue il WSJ, ci sarebbe la californiana Pivot, fondata nel 2011 e capace di raccogliere fondi per 615 milioni. Oltre due terzi della somma (430 milioni) sarebbero stati attratti in estate grazie all’intervento di alcuni grandi investitori come il fondo sovrano di Singapore Temasek, la Breakthrough Energy Ventures di Bill Gates e il colosso delle materie prime alimentari Bunge Ltd.
Our chart of the week shows CRU's #fertilizer price index down 10 points over the past three weeks from its record high of 390. It remains well above the 360 record set in 2008 #agriculture #commodities pic.twitter.com/LiRSqh48QS
— Fertilizer Week (@FertilizerWeek1) April 20, 2022
Quel nesso decisivo tra microbi e fertilità
Attualmente, ricorda il quotidiano americano, Pivot sta sviluppando nuovi microbi che sarebbero in grado di fertilizzare i suoli agricoli. Una strategia che si fonda sullo sfruttamento delle proprietà di questi microorganismi. Da tempo, infatti, gli scienziati sottolineano il loro ruolo decisivo così come il nesso, sempre più evidente, tra fertilità del terreno e biodiversità microbica.
I microrganismi, di fatto, sono come una banca di risorse a cui la pianta può attingere in modo selettivo a seconda delle sue necessità. Contribuendo alla decomposizione delle sostanze organiche e al rilascio dei nutrienti minerali essenziali.
L’aspetto economico, ovviamente, è altrettanto importante. Karsten Temme, amministratore delegato di Pivot, ha spiegato al Wall Street Journal che l’applicazione dei microbi è spesso meno costosa rispetto a quella dei fertilizzanti. Anche se il principale problema, ad oggi, “è quello di convincere le persone circa la possibilità di utilizzare alternative più convenienti nel confronto con i prodotti tradizionali”.
I prezzi in orbita rilanciano i test del suolo
È presto, forse, per capire se le applicazioni dei microbi sapranno affermarsi come soluzione diffusa per la promozione delle rese agricole. Quel che è certo, tuttavia, è che l’attuale contesto di mercato – caratterizzato da un generale rialzo delle materie prime – tenderà a stimolare la ricerca di strategie alternative per sostituire o limitare l’uso dei fertilizzanti. Anche a beneficio dell’ambiente.
Di recente, ad esempio, alcuni ricercatori hanno evidenziato le potenzialità legate ai test del suolo. Questo genere di analisi, in particolare, è in grado di fornire informazioni decisive che consentono di evitare sprechi e scelte sbagliate nel trattamento dei terreni agricoli.
Con questi prezzi “un test del suolo resta il miglior investimento” spiegava nei mesi scorsi Greg LaBarge, esperto della Ohio State University. “La prima cosa da guardare è il pH: si tratta infatti del fattore critico per la disponibilità dei nutrienti”. Quando il terreno è acido, ad esempio, l’applicazione della calce favorisce l’immagazzinamento di una maggiore quantità di fosforo e potassio nel suolo. Riducendo così la necessità di ricorrere ad alti quantitativi di fertilizzanti.