Non solo materia organica: i microbi sono decisivi nel garantire un adeguato equilibrio al suolo. Da una ricerca Canada-USA ecco un nuovo test per fotografare l’attività biologica del terreno
di Matteo Cavallito
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L’analisi delle comunità di microbi permette di valutare e misurare la salute del suolo. Superando problemi metodologici e offrendo soluzioni pratiche in alternativa all’impiego degli input chimici. Lo sostiene una ricerca condotta da alcuni scienziati del Dipartimento per l’Agricoltura degli Stati Uniti e dell’agenzia canadese Agriculture and Agri-Food Canada. “La comprensione delle pratiche di gestione che portano a suoli più sani permetterà agli agricoltori di ridurre l’uso di costosi fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi proteggendo l’ambiente” ha dichiarato Lori Phillips, una ricercatrice dello stesso ente governativo con sede ad Harrow, nell’Ontario. Condotta per circa 20 anni, l’indagine ha permesso, inoltre, di scoprire quali piante possono essere più utili al mantenimento dell’equilibrio del terreno.
Non solo materia organica
Di norma, osservano gli scienziati, un’elevata presenza di materia organica nel suolo è un requisito fondamentale per la salute di quest’ultimo. Per questo le analisi sulle condizioni del terreno si sono storicamente concentrate sulla misurazione della sostanza organica stessa. Ma la quantità dei composti, che, come noto, cresce o decresce lentamente, non rappresenta certo l’unico fattore nei processi di evoluzione di un certo ambiente. Ad essere determinanti, infatti, sono anche i microbi, attori decisivi che però sperimentano una presenza capace di variare molto rapidamente. Per questo occorre misurarli in fretta.
È stato così che gli scienziati hanno elaborato un test denominato CNPS, acronimo dei simboli degli elementi osservati. L’esame, infatti, misura l’attività degli enzimi coinvolti nei quattro cicli nutritivi fondamentali del terreno (carbonio, azoto, fosforo e zolfo) fotografando così l’attività biologica di funghi e batteri. E i risultati hanno dato indicazioni chiare.
I microbi offrono analisi più accurate
La ricerca, pubblicata sulla rivista Agrosystems, Geosciences & Environment Journal, edita dalla Crop Science Society of America e dalla American Society of Agronomy, si è concentrata su un sito agricolo dell’Ontario analizzando i dati raccolti dal 2001. Tre le colture osservate: mais, soia ed erba permanente. L’analisi dei microbi – che ha coinvolto il test sull’attività enzimatica e altri metodi – ha evidenziato come i suoli coperti dall’erba e ricchi di ginestrino, una pianta molto diffusa nell’America settentrionale, fossero maggiormente in salute, vantassero una maggiore biodiversità di microorganismi e una più ampia presenza di funghi.
I campi di soia presentavano lo stato di salute peggiore. Quelli coltivati a mais si collocavano in una posizione intermedia. La valutazione dei microbi ha permesso di comprendere meglio alcune importanti dinamiche. Non è un caso, ad esempio, che l’ampia presenza di funghi – che riducono secondo i ricercatori l’erosione del suolo – sia stata osservata nelle aree erbacee che ovviamente non erano state arate e per questo avevano avuto più tempo per “costruire” negli anni comunità microbiche più forti.
Meno chimica e colture più sostenibili
Le implicazioni dell’analisi sono evidenti: “I suoli agricoli gestiti in modo intensivo, con lavorazioni più frequenti e un elevato apporto di fertilizzanti, tendono ad essere dominati dai batteri. Al contrario, pratiche di gestione più sostenibili aumentano la quantità complessiva di funghi nel suolo”, ha spiegato la Phillips. Che ha aggiunto: “Le pratiche agricole che limitano il turbamento del suolo, permettono di ridurre l’applicazione di sostanze chimiche”. Lo studio, sottolineano quindi i ricercatori, “ha mostrato una diminuzione della salute del suolo soggetto a monocolture – quella della soia in particolare – evidenziando la necessità di implementare pratiche di agricoltura sostenibile capaci di preservare la salute del suolo”.