21 Aprile 2022

Dietro alla proverbiale ricchezza agricola ucraina c’è il černozëm, un terreno estremamente fertile che caratterizza due terzi della superficie arabile del Paese. Ma la guerra e il cambiamento climatico minacciano i campi

di Matteo Cavallito

 

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Non bastasse l’inestimabile costo umano generato, l’invasione russa dell’Ucraina suscita da tempo un comprensibile timore sul fronte economico. All’attenzione degli osservatori, infatti, ci sono le ricadute sull’export di materie prime alimentari come grano, mais e cereali, che sono alla base della dieta del Pianeta. E il cui prezzo ha subito un’impennata di fronte al calo delle forniture provenienti da Kiev.

Nulla di cui stupirsi. Il peso dell’Ucraina nel mercato globale di questi prodotti è storia nota. Meno conosciuta, forse, è l’importanza di un fattore peculiare che caratterizza l’industria agricola del Paese: un suolo straordinariamente fertile.

L’oro nero dell’Ucraina

Il segreto della fertilità si chiama černozëm, un terreno nero ricco di humus che ricopre oltre il 65% della terra arabile del Paese, sottolinea una recente analisi dell’emittente pubblica turca TRT. Questo particolare suolo ha attirato l’attenzione degli scienziati fin dal XIX secolo. In un articolo pubblicato nel 1866, lo scienziato austriaco, Franz Joseph Ruprecht, aveva evidenziato per primo come la sua materia organica fosse costituita da erbe della steppa decomposte.

Secondo le stime della FAO la terra nera è presente sull’1,8% della superficie emersa del Pianeta. Le concentrazioni maggiori si rilevano in Europa orientale, nelle praterie nordamericane, in Argentina e nelle steppe asiatiche. Quasi un quarto del černozëm globale si colloca in Ucraina.

Infographic: Why the War in Ukraine Threatens Global Food Security | Statista

Dal record alla crisi

“L’Ucraina produce più di quanto serva a soddisfare la domanda interna, il che comporta un’eccedenza di merci che possono essere vendute sul mercato internazionale”, segnala TRT. Non è un caso che nel 2019 il Paese abbia scavalcato proprio la Russia diventando il primo esportatore mondiale di grano con quasi 50 milioni di tonnellate piazzate sul mercato. A fronte, nell’occasione, di un raccolto complessivo da 70 milioni di tonnellate.

Le stime per il 2022, però, sono preoccupanti. Quest’anno, ha riferito nelle scorse settimane la Reuters, il Paese potrebbe essere in grado di seminare appena 7 milioni di ettari, meno della metà dei 15 milioni previsti prima dell’invasione.

L’Ucraina, ha riferito il ministro dell’Agricoltura Roman Leshchenko, può vantare scorte rilevanti di mais la cui produzione stimata è stata fortemente corretta al ribasso (si parla di semine per 3,3 milioni di ettari contro i 5,4 del 2021). Ma è improbabile che le riserve possano compensare il calo delle esportazioni sui mercati esteri.

Lo spettro climatico sul suolo ucraino

A minacciare il futuro dell’agricoltura ucraina, però, non è solo la guerra. Il Paese, nota infatti la TRT, sperimenta una diffusa erosione del suo terreno. “Si stima che più di 500 milioni di tonnellate di terra siano erose ogni anno dai suoli arabili dell’Ucraina, causando la perdita di fertilità in oltre 32 milioni di ettari”, ha notato la Banca Mondiale. A questo si aggiungono gli effetti del cambiamento climatico che starebbe colpendo in modo particolare le regioni del sud che producono il 50% del grano nazionale.

Lo scorso anno il Ministero dell’Ambiente di Kiev ha lanciato l’allarme sul rischio desertificazione. Lo stesso dicastero stima che le tempeste di sabbia colpiscano oggi 20 milioni di ettari di terreno. 13 milioni sono invece gli ettari interessati dal dissesto idrogeologico; oltre 6 milioni quelli danneggiati dagli effetti del vento.

La World Bank ha raccomandato l’applicazione della cosiddetta Climate Smart Agriculture. Un insieme di pratiche capaci di proteggere le attività agricole contrastando gli effetti del clima. Secondo i calcoli, risalenti al 2014, l’impiego dell’agricoltura rigenerativa su 17 milioni di ettari di terreno in Ucraina potrebbe generare ricavi per 4,4 miliardi di dollari, circa un terzo del valore della produzione agricola.