7 Giugno 2021

Presentato il nuovo rapporto FAO sull’inquinamento dei terreni mondiali. La portata del problema è nota, la carenza dei dati pesa. Di certo è arrivato il momento di agire

di Matteo Cavallito

 

Ascolta “Allarme FAO: la contaminazione del suolo fa perdere il 20% della produttività agricola” su Spreaker.

L’inquinamento c’è ma non si vede. Soprattutto quello del suolo che impatta sulle vite di tutti noi mettendo a rischio gli obiettivi di sviluppo sostenibile del Pianeta. È il messaggio chiave espresso dalla FAO durante la presentazione dell’ultimo rapporto sul tema avvenuta venerdì scorso. “La contaminazione del suolo incide sulla qualità dell’agricoltura generando una perdita di produttività compresa tra il 15% e il 20%” spiega Natalia Rodríguez Eugenio, scienziata della terra e membro del Global Soil Partnership Secretariat (GSP). Un danno evidente “che colpisce soprattutto i più vulnerabili”, aggiunge, visto che 4/5 di coloro che nel mondo sono classificati come poveri vivono tuttora nelle aree rurali. E dal suolo, manco a dirlo, dipendono in gran parte per la loro economia e la loro sussistenza.

Dall’inquinamento del suolo una reazione a catena

Attenzione però, avverte ancora Rodríguez. Perché i dati, con ogni probabilità, sono sottostimati. Ancora poco, infatti, si sa circa le reali dimensioni del fenomeno. Anche se la certezza, purtroppo, è che l’effetto domino favorisce l’espansione incontrollata del problema. Il suolo, ad esempio, “è uno dei principali destinatari dei contaminanti” a partire dai fertilizzanti azotati, nota la FAO. E il suo inquinamento “può avere conseguenze irreparabili sulla salute umana e su quella dell’ecosistema”. Acqua, aria, cibo e organismi, inclusi gli esseri umani. Insomma, non si salva nessuno. “L’ecosistema e la salute umana sono interconnesse”, si legge nel rapporto. “Ma nessuna delle due dimensioni può essere affrontata efficacemente senza porre rimedio all’inquinamento del suolo”.

L'inquinamento del suolo provoca la riduzione e infine la perdita di servizi ecosistemici. Immagine: FAO and UNEP. 2021. Global assessment of soil pollution - Summary for policy makers. Rome, FAO, 2021 https://doi.org/10.4060/cb4827en. © FAO, 2021 Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 3.0 IGO licence (CC BYNC-SA 3.0 IGO; https://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/igo/legalcode/legalcode).

L’inquinamento del suolo provoca la riduzione e infine la perdita di servizi ecosistemici. Immagine: FAO and UNEP. 2021. Global assessment of soil pollution – Summary for policy makers. Rome, FAO. © FAO, 2021 Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 3.0 IGO licence

Plastica e pesticidi nel mirino

Le principali fonti di inquinamento del terreno”sono le attività industriali, l’estrazione mineraria, il trattamento dei rifiuti, l’agricoltura, l’estrazione e la lavorazione dei combustibili fossili e le emissioni dei trasporti”. Impossibile, tuttavia, quantificare con precisione il contributo di ogni settore. Di certo, prosegue la FAO, si sa che “dall’inizio del XXI secolo, la produzione globale annuale di sostanze chimiche industriali è raddoppiata toccando quota 2,3 miliardi di tonnellate“. Le previsioni parlano di un ulteriore aumento dell’85% entro il 2030.

Ad oggi le maggiori conoscenze riguardano il settore agricolo dove l’impatto dei contaminanti è un fenomeno noto. Nel mirino il contributo dei pesticidi  ma anche “la proliferazione di contaminanti organici ed emergenti come i farmaci, gli antimicrobici che danno origine a batteri resistenti, i prodotti chimici e i residui di plastica“. La diffusione della pandemia, sostiene ancora l’organizzazione, avrebbe poi dato una nuova spinta alla crescita dei rifiuti, con ovvi problemi di smaltimento.

Europa a rischio

L’analisi condotta nel rapporto si focalizza tanto sui settori quanto sulle aree geografiche. Particolarmente interessante l’indagine sull’agricoltura europea che coinvolge 194 mila ettari di terreno, pari al 25% del suolo continentale. “Le attività agricole rappresentano una fonte significativa di inquinamento diffuso nella regione, principalmente a causa dell’uso di prodotti agrochimici”, prosegue il rapporto.

In Europa, in particolare, l’80% dei suoli agricoli contiene residui di pesticidi. Tra questi si segnalano soprattutto il glifosato e i suoi derivati, il DDT e i fungicidi.

Attenzione poi all’azoto, la cui presenza raggiunge valori critici nel deflusso verso le acque di superficie nel 65-75% dei terreni agricoli nella UE. Tre quarti dei suoli europei, in altre parole, sono a rischio eutrofizzazione. Suscita preoccupazione, infine, la presenza di oligoelementi come l’arsenico, il cadmio, il rame, il cromo, il mercurio, il nichel, il piombo e lo zinco. “Circa il 21% dei terreni agricoli in Europa – rileva il rapporto – presenta livelli di cadmio superiori alle soglie regolamentari”.

Bonificare e prevenire a livello globale

Sebbene sia tuttora molto difficile stabilire modelli di distribuzione a livello globale, l’identificazione e la valutazione del rischio inquinamento nei siti potenzialmente interessati rappresenta il primo passo essenziale. Le operazioni di bonifica sono decisive e necessitano di condivisione delle competenze a livello regionale. Ma la prevenzione, si sa, resta la migliore strategia. “Nell’attuale scenario di peggioramento della tendenza globale dell’inquinamento del suolo”, rileva il rapporto, “è necessario un maggiore impegno politico, commerciale e sociale per cercare soluzioni alternative all’uso di contaminanti altamente tossici e maggiori investimenti nella ricerca, nella prevenzione e nella bonifica”. La cooperazione e il partenariato rafforzati, in particolare, “sono essenziali per assicurare la disponibilità di conoscenze, la condivisione di esperienze di successo e l’accesso universale a tecnologie pulite e sostenibili. Senza lasciare indietro nessuno”.