Le proposte degli esperti USA: utilizzo dei dati, comunicazione efficace, soluzioni specifiche, collaborazione e altro ancora. L’obiettivo? Cambiare l’agricoltura per contrastare il cambiamento climatico
di Matteo Cavallito
All’agricoltura statunitense “serve un insieme di buone pratiche progettate specificamente per ogni regione, clima, tipo di suolo e sistema di coltivazione”. Parola degli esperti di tre diverse organizzazioni – l’American Society of Agronomy, la Crop Science Society e la Soil Science Society of America – intervenute di recente sul tema del cambiamento climatico. Negli Stati Uniti, l’intera catena della produzione alimentare – che parte ovviamente dal lavoro “sul campo” – vale 1.100 miliardi di dollari, pari a oltre il 5% del Pil. Il settore agricolo contribuisce per 136 miliardi. Il riscaldamento globale e la gestione non sostenibile delle risorse, tuttavia, creano problemi noti da tempo.
Ed è proprio per fornire nuove soluzioni che le tre associazioni hanno realizzato nelle scorse settimane un nuovo documento programmatico. Sette diversi capitoli a suggerire altrettante raccomandazioni. Con il coinvolgimento, inevitabile, di tutti gli attori della catena: dai policymakers agli operatori fino ai ricercatori e ai distributori.
This week, @ASA_CSSA_SSSA released a climate solutions position statement which outlines concrete actions policymakers can take right now to help U.S. agriculture mitigate #climatechange and adapt to its effects. Read the full statement here: https://t.co/7hAxsatGae pic.twitter.com/LL00LgANI9
— Soil Science Society of America (@SSSA_soils) August 10, 2021
1) L’agricoltura deve bilanciare le proprie emissioni
“L’agricoltura di oggi ha bisogno di bilanciare le emissioni con il sequestro della CO2 e l’uso dell’acqua con la ritenzione idrica e deve favorire il consolidamento del suolo in contrasto con l’erosione del suolo, il tutto senza aumentare la superficie destinata alla produzione” si legge nel documento. E ancora: “l’agricoltura deve ripagare in modo efficiente ciò che preleva dal Pianeta e arginare le emissioni che causano il cambiamento climatico”. Insomma, la raccomandazione è chiara: “Il primo passo per raggiungere l’equilibrio dell’ecosistema consiste nel diminuire l’impronta globale della filiera”. Per questo motivo occorre creare un insieme di pratiche specifiche adatte a ogni tipo di contesto. Non esiste, dunque, una soluzione generale bensì un’insieme di pratiche diverse.
2) I dati al centro della progettazione
Un’agricoltura amica del clima è in grado di preservare i servizi ecosistemici del suolo. I benefici di questi ultimi sono ampiamente noti ma la loro misurazione non è affatto semplice. “Il grande problema dei servizi ecosistemici è che ogni loro dinamica non opera in modo isolato. Il loro potenziale e il loro impatto finale sta nel modo in cui esse agiscono in sinergia” spiegano gli autori. “Comprendere questa complessa interazione è una frontiera della ricerca che gli scienziati stanno iniziando a comprendere solo adesso e che è essenziale per il successo e la credibilità dei programmi di un’agricoltura intelligente a livello climatico”. Occorre insomma investire nella tecnologia e nel coordinamento delle informazioni armonizzando la produzione dei dati. Per questo è necessario che il Dipartimento dell’Agricoltura USA assuma esperti della materia migliorando così la qualità delle informazioni.
3) Il contesto specifico è decisivo
Individuare le caratteristiche specifiche di ogni situazione particolare è fondamentale. Il Dipartimento dell’Agricoltura USA deve incentivare le pratiche a sostegno della sostenibilità del sistema agricolo, a partire da quelle capaci di favorire la capacità di sequestro del carbonio. Tuttavia, “poiché la loro efficacia varierà a seconda delle regioni e dei sistemi agricoli, nuove strategie, strumenti e tecnologie devono essere sviluppati tenendo conto della necessità di implementarle con successo a livello nazionale”. Insomma: ragionare su scala nazionale ma tenendo conto delle specificità locali.
4) Un suolo resiliente ai fenomeni climatici estremi
Negli ultimi anni i fenomeni atmosferici estremi sono diventati più frequenti favorendo l’insorgere di disastri naturali. Nel 2019, notano gli esperti, il 40% dei campi del South Dakota, ad esempio, non ha potuto essere seminato a causa delle alluvioni. L’epidemia di incendi in California, per citare un caso ancora più recente, è stata notoriamente devastante. “I ricercatori guardano regolarmente alla resilienza attraverso la lente della salute del suolo e dei sistemi di coltivazione” rileva il rapporto. ” Ad esempio, si chiedono se il suolo sia in grado di assorbire l’acqua in caso di inondazione o di trattenerla in caso di siccità e se resisterà all’erosione”.
Per fortuna esistono pratiche efficaci per la cattura del carbonio – come l’uso di colture di copertura, che migliorano la capacità di trattenere l’acqua nel suolo, aumentano il drenaggio e forniscono un habitat per le popolazioni di impollinatori in declino – ma al momento occorre migliorare la ricerca e la comunicazione a vari livelli per valutare la validità di ogni strategia nei diversi contesti.
5) Migliorare la comunicazione
Secondo i ricercatori, inoltre, occorre migliorare la comunicazione tra scienziati ed esperti attivi sul campo. “Se resi noti solo sulle riviste scientifiche”, scrivono gli autori, “anche i progressi più importanti avranno poco impatto pratico perché questi metodi di condivisione delle informazioni non sono accessibili. Le collaborazioni tra università, agenzie federali, produttori e consulenti di fiducia hanno permesso l’accesso necessario e prodotto profondi miglioramenti nella salute del suolo e dell’ambiente della nazione”.
6) Maggiore inclusione
Per favorire un confronto più esteso e produttivo sui temi del cambiamento climatico e dell’agricoltura è fondamentale inoltre garantire un più ampio pluralismo di opinioni ed esperienze. “Barriere di tutti i tipi impediscono alle persone di colore di perseguire carriere nella scienza e nell’agricoltura, e questo deve cambiare”, scrivono gli autori. Più in generale, inoltre, “Coloro che provengono da ambienti svantaggiati hanno meno probabilità di scegliere un settore caratterizzato da finanziamenti inaffidabili“. Da qui la richiesta al Dipartimento dell’Agricoltura USA di raddoppiare i finanziamenti per gli studenti che fanno i conti con una situazione di svantaggio rispetto ai loro colleghi.
7) Promuovere la cooperazione a tutti i livelli
Ricerca, università, lavoro sul campo dunque. Ma non solo. In un sistema complesso come quello della filiera alimentare connettere soggetti molto diversi può essere decisivo, notano gli esperti. La lista degli operatori chiamati a collaborare include “fornitori di sementi, di nutrienti e di prodotti per la protezione delle colture, consulenti, banche o società finanziarie, fornitori di attrezzature e di mangimi, personale locale della Farm Service Agency americana e promotori di polizze assicurative per le coltivazioni”. Senza dimenticare la catena di distribuzione. Ogni soggetto porta infatti con sé un patrimonio di connessioni, esperienza e fiducia costruita negli anni nel rapporto con altri attori della catena. Ed è per questo, concludono i ricercatori, che “le collaborazioni insolite possono produrre benefici inattesi”.