Nel mitico Midwest americano l’erosione costa agli agricoltori quasi 3 miliardi di dollari all’anno. I dati della NASA aiuteranno nella scelta delle migliori pratiche per difendere i terreni e la loro produttività
di Matteo Cavallito
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La NASA, si sa, è un emblema americano per eccellenza. Ma nella cultura statunitense, è altrettanto noto, i campi coltivati al sole del Midwest non sono certo meno iconici. Nulla di sorprendente, insomma, per una superpotenza tecnologica che è al tempo stesso anche una grande nazione agricola. Un Paese a cui non mancano le risorse, ovviamente. E nel quale, da qualche tempo, sembra essersi rafforzata una stretta alleanza tra tecnica e natura che guarda a un obiettivo ambizioso: tutelare il suolo dalla minaccia dei suoi nemici.
I terreni agricoli della Corn Belt o “fascia del mais”, nel cuore degli USA centro-occidentali, “dovrebbero essere visti come un tesoro nazionale” ha spiegato di recente Laura Gentry, docente della University of Illinois, direttrice della ricerca sulla qualità dell’acqua presso l’Illinois Corn Growers Association e partner del programma NASA Harvest. “Se non facciamo un buon lavoro per proteggerli, tutto il Paese ne risentirà”. E così, quando l’erosione avanza e la necessità di proteggere il suolo si fa ancora più pressante, ecco che l’aiuto arriva direttamente dal cielo. Dove i satelliti dell’agenzia spaziale americana raccolgono dati utili per guidare gli agricoltori nella scelta delle migliori pratiche di rigenerazione.
Mezzo secolo di dati NASA
Il lavoro della NASA si fonda sulle rilevazioni dei satelliti gestiti dal programma Landsat, lanciato nel 1972. “Valutare l’estensione dell’erosione ha sempre richiesto lunghe indagini” spiega l’Agenzia, “ma la disponibilità di dati satellitari e di potenti strumenti di calcolo ha portato a nuovi approcci a livello regionale”. In questo quadro si colloca una recente indagine della University of Massachusetts Amherst che ha messo insieme le informazioni topografiche e le immagini satellitari per analizzare il livello di erosione nella Corn Belt. Il fenomeno, spiegano i ricercatori, ha spazzato via circa 1/3 della copertura di terriccio dei suoli con danni annuali per gli agricoltori che raggiungerebbero i 2,8 miliardi di dollari.
La situazione è comunque in evoluzione. Negli ultimi 50 anni la lavorazione del terreno ha perso di intensità, spiega Brian Gelder, scienziato del suolo presso la Iowa State University di Ames. L’erosione è il risultato di vari processi, ha aggiunto, alcuni dei quali legati al cambiamento climatico. “Le immagini satellitari ci permettono di rimanere aggiornati”, ha detto Gelder. “Senza di esse, non saremmo in grado di rinnovare continuamente i nostri modelli”.
Clima ed erosione sotto la lente
Il clima resta la preoccupazione primaria. “Intense piogge primaverili ritardano la semina, abbassando le rese”, spiega ancora la NASA. “E i tassi di erosione più elevati sono la conseguenza di una semina ritardata quando i temporali estivi colpiscono i campi prima che le colture si sviluppino”. Alcuni metodi, tuttavia, possono offrire soluzioni importanti. “Pratiche come il dissodamento ridotto, le colture di copertura e la gestione dei nutrienti sono la risposta a molteplici preoccupazioni relative alle risorse naturali”, spiega ancora Laura Gentry. Questi metodi, nel complesso, riducono l’erosione, migliorano la qualità dell’acqua e la biodiversità e incrementano la materia organica del suolo”.
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— Farm Policy (@FarmPolicy) August 5, 2021
Una “ricetta” per un suolo sano
La conferma arriva proprio dai satelliti. Usando i dati raccolti dallo spazio, Jillian Deines, una ricercatrice della Stanford University, ha scoperto che tra il 2005 e il 2017 la resa dei campi caratterizzati da un basso livello di aratura nella Corn Belt era aumentata dello 0,74% per la soia e del 3,3% per il mais. Il suo collega Kaiyu Guan, della University of Illinois, ha costruito insieme alla NASA un modello capace di descrivere la storia di un campo agricolo ispirando, di conseguenza, le migliori scelte di gestione. I dati e la tecnologia, insomma, offrono la diagnosi. Mentre scienziati e agricoltori diventano veri e propri medici del suolo. “I dati satellitari ci aiutano a capire le condizioni e la storia del campo e a fornire una ‘prescrizione’ personalizzata” ha dichiarato Guan.