26 Marzo 2021

Gli indici elaborati dal Joint Research Center (JRC) della Commissione europea forniscono informazioni essenziali sullo stato del terreno e del cambiamento climatico. E c’è chi li utilizza per analizzare la produttività del suolo italiano

di Matteo Cavallito

 

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Monitorare la Terra, ovvero fornire informazioni chiave sul suolo elaborando appositi indici. È l’obiettivo di Copernicus, il programma europeo di analisi che utilizza una combinazione di sensori satellitari e terrestri. Attraverso il Land Monitoring Core Service (LMCS), il programma, gestito sotto il profilo tecnico dal Joint Research Center (JRC) della Commissione Europea, è in grado di fornire parametri bio-geofisici in tempo quasi reale su scala globale. L’operazione si traduce nell’elaborazione di appositi indici che sono in grado di raccontare aspetti come l’evoluzione della superficie terrestre, la vegetazione, il ciclo dell’acqua, il bilancio energetico e la criosfera terrestre. Una vera e propria fotografia di un suolo in costante trasformazione, insomma.

Dagli indici informazioni essenziali sul suolo

Indicatori come il Normalized Difference Vegetation Index, il Soil Water Index, il Vegetation Condition e il Vegetation Productivity Index “sfruttano le differenze nella riflettanza della vegetazione in diverse regioni spettrali come ampiamente rosso e vicino infrarosso” spiegano da JRC. “Il Leaf Area Index ad esempio descrive una caratteristica fisica della chioma della vegetazione, mentre, il Vegetation Condition Index e il Vegetation Productivity Index segnalano il confronto tra il verde attualmente percepito della superficie terrestre e la sua media a lungo termine”. Il risultato, semplificando, quantifica lo spessore della copertura vegetale, che è considerata, notoriamente, un fattore decisivo per il clima.

Acqua sotto la lente

La vegetazione non è l’unica variabile sotto la lente. L’acqua, ad esempio, è anch’essa nel mirino di un indicatore ad hoc, il Soil Water Index. Il dato espresso dalla rilevazione, in questo caso, “quantifica la condizione di umidità nel suolo a diversi livelli di profondità” evidenziando così gli effetti delle precipitazioni e del processo di infiltrazione. Anche l’umidità del suolo, fino a 5 centimetri sotto la superficie, “è riconosciuta come variabile climatica essenziale” che viene rilevata con diversi gradi di risoluzione su scala europea e globale. I dati, in ogni caso, devono essere elaborati ulteriormente insieme ad altre informazioni.

Più modelli coinvolti

La presenza dell’acqua nel suolo, infatti, “è una variabile molto eterogenea che muta su piccola scala con le proprietà del suolo e i modelli di drenaggio. Le misurazioni satellitari si integrano su aree più ampie, con la presenza di vegetazione. Il che aggiunge complessità all’interpretazione”. Guardare dall’alto, insomma, è utile ma non basta. Vale per l’acqua, ovviamente, e non solo. Le informazioni raccolte dall’osservazione satellitare, precisano infatti da JRC, “non misurano direttamente le proprietà del suolo ma solo, quando visibile, la risposta spettrale dalla superficie. Qualsiasi ipotesi sulla salute del terreno chiama in causa un modello capace di associare alla risposta stessa una condizione fisica o chimica. In questo caso parliamo dell’ipotesi che lo stato della vegetazione possa cogliere la salute del suolo, il che non è sempre facile da rilevare”.

Mappa della distribuzione delle aree degradate in Italia (2012-2018). "Pur non utilizzando specificamente le versioni Copernicus” spiegano da JRC, “ISPRA ha ustao gli indici per descrivere la produttività del suolo italiano". Immagine: ISPRA, "Italian Journal of Agronomy 2020; volume 15:1770", Open Access

Mappa della distribuzione delle aree degradate in Italia (2012-2018). “Pur non utilizzando specificamente le versioni Copernicus” spiegano da JRC, “ISPRA ha usato gli indici per descrivere la produttività del suolo italiano”. Immagine: ISPRA, “Italian Journal of Agronomy 2020; volume 15:1770”, Open Access

Gli indici? Utili per molti studi

Gli indicatori possono quindi essere ulteriormente integrati diventando, in alcuni casi, un punto di partenza per nuovi studi. “Pur non utilizzando specificamente le versioni Copernicus” spiegano da JRC, “i colleghi di ISPRA (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ndr) hanno usato gli indici per descrivere la produttività del suolo italiano come parte di uno studio sull’applicabilità dell’indicatore SDG15.3 (la tutela del terreno e del suo ecosistema, uno degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, ndr)”. Nel 2019, inoltre, l’Agenzia Europea per l’Ambienteha usato i dati di Copernicus come indicatore del livello di impermeabilizzazione dei suoli”. Un fenomeno diffuso e preoccupante che si accompagna tipicamente alla cementificazione.