L’organizzazione ONU presenta lo “Stato del suolo e dell’acqua 2021″: l’azione umana causa di degrado in 1,66 miliardi di ettari di terreni. Agricoltura ed ecosistemi sono più in pericolo proprio in quelle aree che necessitano maggiormente di crescita economica”
di Matteo Cavallito
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“Gli attuali modelli di agricoltura intensiva non si stanno dimostrando sostenibili. La pressione sulla terra e sulle risorse idriche è tale da compromettere la produttività dei sistemi agricoli chiave minacciando i mezzi di sussistenza”. È la pesante sentenza contenuta nel SOLAW 2021, o “The state of the world’s land and water resources for food and agriculture”, l’ultimo rapporto sullo stato di salute del suolo agricolo e delle risorse idriche diffuso ieri dalla FAO. A dieci anni di distanza dalla prima edizione, lo studio fotografa così un quadro estremamente problematico.
Risorse spinte al limite, complice un sistema ormai polarizzato. “Le grandi aziende ora controllano lo sfruttamento dei terreni agricoli”, precisa il rapporto. “Mentre la frammentazione dei piccoli proprietari colloca l’agricoltura di sussistenza su terre soggette a degrado e scarsità d’acqua“. Per invertire la rotta occorre garantire la salvaguardia dei servizi ambientali. Ma senza per questo limitare la crescita dell’agricoltura necessaria a soddisfare la sicurezza alimentare. Un’impresa non facile.
1,66 miliardi di ettari a rischio
Le premesse sono preoccupanti. Nel mondo, i terreni soggetti a degrado indotto dall’azione dell’uomo ammontano a 1,66 miliardi di ettari, la metà dei quali in condizioni già fortemente critiche. Oltre un quarto dell’area, 466 milioni, si colloca nei Paesi in via di sviluppo. L’Africa Subsahariana è la regione più colpita in valore assoluto con 330 milioni di ettari, pari al 14% della sua estensione. L’Asia Meridionale rappresenta invece l’area più danneggiata in termini relativi visto che il fenomeno interessa il 41% del suo territorio (180 milioni su 439 totali).
“Il degrado della terra indotto dall’uomo, la scarsità d’acqua e il cambiamento climatico stanno facendo salire i livelli di rischio per la produzione agricola e i servizi ecosistemici nei luoghi in cui la crescita economica è più necessaria”.
Lo sfruttamento del terreno e delle risorse idriche, proseguono i ricercatori, non ha ancora raggiunto il suo picco. Tuttavia, “tutte le prove indicano un rallentamento della crescita della produttività agricola, un rapido esaurimento della capacità produttiva e la generazione di danni ambientali”.

FAO. 2021. The state of the world’s land and water resources for food and agriculture – Systems at breaking point. Synthesis report 2021. Rome. Attribution-NonCommercial-ShareAlike 3.0 IGO licence (CC BY-NC-SA 3.0 IGO).
Agricoltura sotto sforzo
Il problema è che, in un contesto simile, l’agricoltura è chiamata a uno sforzo enorme. Tra il 2014 e il 2020 la popolazione denutrita è aumentata passando da 604 a 768 milioni di individui. Secondo le stime della stessa FAO, per soddisfare la domanda alimentare del Pianeta nel 2050 – quando gli abitanti totali saranno 9,7 miliardi – la produzione agricola di cibo, mangimi e biofuels dovrà crescere del 50% rispetto ai livelli del 2012.
Ad oggi, tuttavia, “Le opzioni per espandere le aree coltivate sono limitate. I terreni agricoli di prima qualità si stanno esaurendo a causa dell’urbanizzazione. L’irrigazione assorbe già il 70% di tutti i prelievi di acqua dolce”.
Le pratiche intensive, unitamente all’uso di pesticidi e fertilizzanti e all’impiego di monocolture contribuiscono al degrado, creando così un circolo vizioso. L’incertezza legata al cambiamento climatico fa il resto. Il cuore del problema è tutto qui: nella necessità, cioè, “di ridurre il degrado del suolo e le emissioni prevenendo ulteriore inquinamento e perdita di servizi ecosistemici e sostenendo al tempo stesso i livelli di produzione”. Una pianificazione complessiva dell’uso sostenibile della terra e delle risorse idriche diventa così fondamentale.

FAO. 2021. The state of the world’s land and water resources for food and agriculture – Systems at breaking point. Synthesis report 2021. Rome. Attribution-NonCommercial-ShareAlike 3.0 IGO licence (CC BY-NC-SA 3.0 IGO).
Fermare il degrado del suolo
La cartina al tornasole dell’emergenza è costituita ovviamente dai terreni stessi. Tra i fenomeni di degrado più preoccupanti che ne minacciano il futuro, osserva la FAO, c’è la loro progressiva salinizzazione. Un fenomeno che colpisce dal 20 al 50% di tutti i terreni agricoli del Pianeta, impattando sulla vita di oltre 1,5 miliardi di persone.
“Si stima che la salinità del suolo sottragga alla produzione fino a 1,5 milioni di ettari di terreno coltivato ogni anno”, prosegue il rapporto. “Tassi più elevati di evapotraspirazione dovrebbero esacerbare l’accumulo di sale in superficie, ma la diffusione della salinità del sottosuolo a 30-100 cm di profondità è molto più rilevante”. L’agricoltura convenzionale, inoltre, è un fattore chiave nell’alterazione del clima. Proprio per questo occorre puntare sulle tecniche di conservazione che “possono frenare, e in alcuni casi, invertire il processo di rilascio di carbonio da parte del suolo”.
Azioni per il futuro
Secondo il rapporto, le politiche pubbliche hanno fin qui trascurato la cura del futuro a lungo termine della terra, del suolo e dell’acqua. Per questo gli autori suggeriscono quattro azioni fondamentali. La prima consiste nell’adozione di una governance inclusiva che assuma un approccio multidisciplinare coinvolgendo diversi attori, tra cui la società civile, il mondo accademico, le comunità locali e il settore privato. Inoltre, occorre intraprendere iniziative su scala globale grazie all’impegno della comunità internazionale.
Determinante, inoltre, l’apporto di tecnologie innovative per sostenere l’agricoltura e la salute del suolo, come il telerilevamento, il cloud computing e i sistemi di condivisione dei dati. Infine è fondamentale investire nella sostenibilità a lungo termine, definendo gli investimenti in agricoltura in base alle necessità. “Anche gli elementi emersi dopo l’avvento del COVID-19 all’inizio del 2020 devono essere presi in considerazione negli investimenti futuri”, conclude il rapporto. “Poiché essi hanno esposto vulnerabilità nelle catene di approvvigionamento globali che ancora si stanno manifestando”.