12 Agosto 2022

Nel Paese sudamericano una contestata legge del 2020 ha aperto la strada all’acquisizione delle terre indigene non demarcate. Nonostante le battaglie legali oltre due terzi degli Stati continuano ad applicare la normativa

di Matteo Cavallito

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Dall’aprile del 2020 ad oggi i popoli nativi del Brasile hanno perso più di 250mila ettari di territorio sotto la spinta delle acquisizioni da parte delle società private. Lo rende noto un rapporto ripreso dalla Ong statunitense Mongabay. L’indagine punta il dito contro la riforma di legge voluta dal presidente Jair Bolsonaro: la cosiddetta Istruzione Normativa numero 9 per la “regolamentazione delle richieste, delle analisi e del rilascio della Dichiarazione di riconoscimento dei confini in relazione alle proprietà private”.

In passato, ricorda Mongabay, le domande di registrazione catastale di nuove proprietà situate nelle terre delle comunità indigene venivano automaticamente rifiutate. La nuova normativa, approvata il 16 aprile di due anni fa, consente ora ai grandi proprietari “di ottenere certificati federali di proprietà per le aree di qualsiasi territorio indigeno che non sia stato ufficialmente riconosciuto o demarcato”.

Un assist ai privati e al mercato illegale in Brasile

Secondo lo studio, realizzato da GeoPrecisa, una società di consulenza specializzata nella certificazione delle proprietà terriere e nella gestione dei sistemi di registrazione, l’acquisizione delle aree resa possibile dalla nuova norma avrebbe colpito in Brasile 49 comunità indigene. Secondo Mongabay, la legge, introdotta per eliminare il blocco automatico delle richieste per quelle terre non ancora demarcate, ha aperto la strada a un grande business delle acquisizioni.

In questo modo si è consentito “ad agricoltori, minatori illegali e accaparratori di terre di invadere le aree degli indigeni intestandosene la proprietà anche in quei luoghi il cui utilizzo è stato limitato dalla Funai (Fundação Nacional do Índio, l’agenzia governativa brasiliana per la protezione degli interessi e della cultura dei popoli nativi, ndr) al fine di localizzare e proteggere i popoli incontattati“.

In contrasto con il sostegno espresso dal governo, la Procura Federale del Brasile ha contestato la legge accusandola di favorire l’occupazione delle terre e di violare i diritti degli indigeni. Sebbene i procuratori abbiano presentato ben 25 istanze legali sostenendo l’illegittimità della norma, la nuova regolamentazione è stata sospesa in appena 8 Stati. Meno di un terzo del totale.

Maranhão e Mato Grosso meridionale sotto tiro

Tra le principali vittime del fenomeno c’è l’area di Porquinhos nello Stato del Maranhão. Dopo l’approvazione dell’Istruzione normativa 9, scrive Mongabay, il ritmo degli acquisti è aumentato. In due anni il governo ha certificato e registrato acquisizioni di aziende agricole su oltre 69mila ettari. Particolarmente colpiti anche i territori indigeni di Kanela/Memortumré, (con 53mila ettari di terra registrati) e Bacurizinho (23mila ettari).

Maranhão, ricorda Mongabay, è uno degli epicentri dello sviluppo del settore della soia. Qui investitori, multinazionali e le imprese agroalimentari sono particolarmente attivi negli acquisti di terra, sottolinea la Ong.

Problematica è anche la situazione nello Stato del Mato Grosso do Sul dove il governo federale ha approvato la registrazione di oltre 58mila ettari da parte delle aziende agricole che operano nelle aree delle comunità indigene. La comunità Guarani Kaiowá, in particolare, ha già perso 12mila dei 56mila ettari della propria riserva.

Il land grabbing è una minaccia globale

Le vicende brasiliane evidenziano ancora una volta il peso del land grabbing, l’acquisizione aggressiva delle terre da parte dei privati. Secondo l’ultimo rapporto Focsiv “I Padroni della Terra 2022” il fenomeno è tuttora favorito dalla digitalizzazione e dalle diffuse crisi geopolitiche. Tanto che negli ultimi 20 anni sono stati accaparrati terreni agricoli pari a 91,7 milioni di ettari su scala globale a beneficio di grandi multinazionali dell’agrobusiness e degli investitori finanziari.

I principali Paesi investitori e Paesi target del fenomeno del land grabbing mondiale. FONTE: Rapporto Padroni della Terra FOCSIV 2022

I principali Paesi investitori e Paesi target del fenomeno del land grabbing mondiale. FONTE: Rapporto Padroni della Terra FOCSIV 2022

Analizzando i numeri della banca dati di Land Matrix, sito che raccoglie informazioni sui contratti di cessione e affitto di grandi estensioni di territorio, i ricercatori hanno evidenziato una preoccupante espansione del fenomeno. Due anni fa, infatti, gli ettari di terra sottoposti a land grabbing si attestavano a quota 79 milioni. Principale vittima delle acquisizioni è il Perù con 16 milioni di ettari. Seguono Brasile (5,2 milioni), Indonesia, Papua Nuova Guinea, Argentina, Sud Sudan, Mozambico, Liberia e Madagascar.