15 Settembre 2021

Nel mondo l’87% dei sussidi all’agricoltura favorisce distorsioni di prezzo, danni climatici e ingiustizia sociale. La soluzione? Ripensarli in modo sostenibile. Come già avviene in alcuni Paesi

di Matteo Cavallito

 

Ascolta “Sussidi agricoli, la FAO rivela: quelli dannosi valgono $470 miliardi” su Spreaker.

Ogni anno l’agricoltura globale riceve sussidi per 540 miliardi di dollari, pari al 15% del valore della produzione. L’87% di questo sostegno, 470 miliardi, risulta tuttavia “distorsivo nella formazione dei prezzi e dannoso in termini sociali e climatici”. Lo sostiene la FAO in un rapporto diffuso ieri. L’indagine denuncia inoltre il trend di crescita del fenomeno ipotizzando che l’ammontare possa triplicare nel corso del decennio fino a raggiungere quota 1.759 miliardi entro il 2030. E sottolinea, di conseguenza, la necessità di riprogettare il sistema dell’aiuto pubblico al settore con l’obiettivo di “raggiungere risultati migliori nel perseguimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per il 2030 e completare il programma del Decennio ONU per il Ripristino dell’Ecosistema”.

I sussidi premiano l’agrobusiness

Buona parte dei sussidi, sostiene la FAO, è costituita da sostegni ai prezzi e all’export e da dazi sulle importazioni. “Si tratta di misure inefficienti – si legge nel rapporto – che alterano i prezzi del cibo, danneggiano la salute delle persone e l’ambiente, e sono spesso iniqui, anteponendo il grande agrobusiness ai piccoli agricoltori, gran parte dei quali donne“. Il riferimento corre a un insieme variegato di operatori che comprende braccianti, contadini di montagna, silvicoltori, pastori e agricoltori delle comunità indigene. Secondo le stime della stessa organizzazione – che includono anche il ruolo della pesca – questo gruppo di attori economici produce da solo il 70% del cibo del Pianeta.

Ad oggi, rileva ancora la FAO, i governi sostengono collettivamente l’agricoltura e i produttori anche attraverso i cosiddetti “servizi generali del settore” stimati oggi in 110 miliardi di dollari. “Pur essendo la forma di sostegno più utile per la crescita sostenibile del settore – sottolinea il rapporto – questi ammontano solo a un terzo del sostegno fornito sotto forma di incentivi di prezzo, che sono considerati più distorsivi e potenzialmente più dannosi”.

Pur essendo i sussidi più utili per la crescita sostenibile del settore i servizi generali ammontano solo a un terzo del sostegno fornito sotto forma di incentivi di prezzo© FAO, UNDP and UNEP, 2021 Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 3.0 IGO licence (CC BY-NC-SA 3.0 IGO

Pur essendo i sussidi più utili per la crescita sostenibile del settore i servizi generali ammontano solo a un terzo del sostegno fornito sotto forma di incentivi di prezzo© FAO, UNDP and UNEP, 2021 Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 3.0 IGO licence (CC BY-NC-SA 3.0 IGO

La fame cronica colpisce 800 milioni di persone

I servizi generali, precisa la FAO, includono il sostegno all’infrastruttura e alla ricerca a beneficio del settore agricolo in un mondo in cui la fame cronica colpisce, secondo i dati del 2020, fino a 811 milioni di persone. E nel quale, occorre ricordarlo, circa 3 miliardi di individui non possono ancora garantirsi l’accesso a una dieta sana. Non tutti i sussidi, insomma, hanno un impatto negativo. Ed è proprio per questa ragione, suggerisce il rapporto, che la soluzione al problema non passa dall’eliminazione del sostegno pubblico. Quanto, piuttosto, dalla riprogettazione di quest’ultimo. Ripensare ai sussidi, in altre parole, significa contribuire a eradicare la povertà e a combattere il cambiamento climatico a cui l’agricoltura industriale contribuisce in modo considerevole.

Lo sforzo, ovviamente, deve essere condotto un po’ ovunque, nota il rapporto. “Per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi i Paesi ricchi devono ridurre il sostegno alla gigantesca industria della carne e dei latticini, che contribuisce al 14,5% delle emissioni globali di gas serra. Nei Paesi a basso reddito, i governi dovrebbero riconsiderare il loro sostegno ai pesticidi e ai fertilizzanti tossici o gli incentivi allo sviluppo delle monocolture”.

I sussidi all’agricoltura potrebbero raggiungere quota 1.759 miliardi entro il 2030. Ai Paesi in via di sviluppo andrebbe solo il 14% del totale. © FAO, UNDP and UNEP, 2021 Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 3.0 IGO licence (CC BY-NC-SA 3.0 IGO

I sussidi all’agricoltura potrebbero raggiungere quota 1.759 miliardi entro il 2030. Ai Paesi in via di sviluppo andrebbe solo il 14% del totale. © FAO, UNDP and UNEP, 2021 Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 3.0 IGO licence (CC BY-NC-SA 3.0 IGO

Esempi virtuosi in tre continenti

Secondo la FAO la revisione dei sussidi passa attraverso sei diverse azioni. I governi, in altre parole, devono:

  • misurare il peso del loro sostegno;
  • valutare i suoi impatti positivi e negativi;
  • identificare le opzioni per un nuovo utilizzo dei sussidi;
  • prevedere il loro impatto;
  • elaborare al meglio la strategia proposta e dettagliare il suo piano di attuazione;
  • monitorare la strategia messa in atto.

Gli esempi di buone pratiche, in ogni caso, non mancano. Dalla decisione dello stato indiano dell’Andhra Pradesh che ha adottato una politica di agricoltura naturale a bilancio zero alla riforma del 2006 delle politiche agricole in Cina che ha ridotto l’uso di fertilizzanti minerali e pesticidi chimici. E non è tutto: attraverso il Single Payment Scheme, ricorda la FAO, il Regno Unito ha rimosso i sussidi in accordo con la National Farmers’ Union, la più grande organizzazione di agricoltori del Paese. Mentre l’Unione Europea – così come il Senegal – ha incentivato la diversificazione delle colture  attraverso la riforma della PAC, la Politica Agricola Comune.