12 Maggio 2021

La deforestazione dell’Amazzonia promossa dall’agroindustria significa meno pioggia e maggiore riscaldamento superficiale. Senza pratiche alternative, la tutela del clima è a rischio

di Matteo Cavallito

 

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Nell’Amazzonia meridionale, l’agricoltura condotta su larga scala determina “un maggiore aumento della temperatura” nel confronto con le attività agricole dei piccoli operatori. Il disboscamento associato allo sviluppo dei grandi appezzamenti, in particolare, “ha maggiori probabilità di ridurre le precipitazioni” con ovvie conseguenze. Lo sostiene una ricerca realizzata dal Terrestrial Ecosystem Dynamics Laboratory dell’Università di Helsinki. L’indagine solleva un nuovo allarme sulle conseguenze dello sfruttamento del polmone verde latinoamericano evidenziando “un bisogno urgente di pratiche agricole alternative, così come il ripristino delle foreste”. Due iniziative parimenti necessarie per tutelare l’ecosistema e mitigare il clima.

Grandi aziende Vs piccoli insediamenti: un danno 3 volte superiore

Da sempre, le attività agricole caratterizzano in parte il paesaggio dell’Amazzonia. Ma negli ultimi anni il peso degli insediamenti dell’agroindustria sta aumentando. Nel dettaglio parliamo di fattorie che “possono raggiungere centinaia di migliaia di ettari di superficie”, con un forte impatto ambientale. Analizzando i dati satellitari, uno strumento notoriamente utile per la mappatura del suolo e l’analisi del clima, i ricercatori hanno osservato la diversa dimensione degli effetti legati alle pratiche agricole. Le aree dominate dalle grandi aziende, in particolare, sono diventate significativamente più secche. I risultati dell’analisi, spiega quindi Eduardo Maeda, docente dell’Università di Helsinki e co-autore della ricerca, “mostrano che la deforestazione causata dalle maggiori imprese agricole può causare un aumento della temperatura locale fino a 3 volte superiore a quello che si osserva nelle aree disboscate dove si collocano i piccoli insediamenti rurali”.

Poca pioggia, temperature in aumento

Il meccanismo è quasi intuitivo. “Le foreste tropicali agiscono come una pompa d’acqua, prendendo quest’ultima dalla superficie e ricollocandola nell’atmosfera” spiega ancora Maeda. “Poiché questo processo richiede energia, esso provoca anche una riduzione del calore superficiale”. L’acqua che ritorna nell’atmosfera tende ovviamente a ricadere sulla foresta mantenendo costante l’umidità degli alberi. Il disboscamento, per contro, riduce le immissioni e con esse la pioggia mentre “l’energia non utilizzata contribuisce a far aumentare le temperature”. Il processo, in linea teorica, trova conferma anche nei piccoli insediamenti. Ma la portata degli effetti resta inferiore. “La ragione principale – nota il docente – è che in questi ultimi si conserva una copertura vegetale più densa rispetto a quella rilevata nelle aree gestite dalle grandi aziende che si dedicano alla monocoltura”.

All’Amazzonia servono alternative sostenibili

La conclusione più importante della ricerca appare così evidente. Se vogliamo proteggere l’Amazzonia e il suo ecosistema lo stop alla deforestazione “non è più sufficiente”. Per tutelare le foreste, in altre parole, “gli agricoltori della regione dovranno adottare pratiche più sostenibili”. Tra queste c’è l’agrosilvicoltura che ben si integra con l’ecosistema migliorando la fertilità del suolo e preservandone le caratteristiche. Fondamentale, secondo gli autori, anche il rimboschimento dei pascoli abbandonati e delle aree di deforestazione illegale. Niente di tutto questo, in ogni caso, sarà possibile senza un adeguato cambiamento nelle politiche locali e internazionali. Nonché in mancanza di una piena consapevolezza da parte dei consumatori chiamati ad esprimere la propria preferenza per prodotti agricoli e forestali sostenibili.