6 Marzo 2023

Un progetto dell’Università del Saskatchewan punta a creare laboratori sulla salute del suolo con le comunità native e gli agricoltori. Favorendo la riduzione degli input e la diversificazione delle colture e del paesaggio

di Matteo Cavallito

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Migliorare la salute del suolo favorendo la circolazione delle conoscenze in materia a partire dai saperi tradizionali. È questo l’obiettivo del progetto promosso dalla University of Saskatchewan di Saskatoon, in Canada, finanziato dalla Weston Family Soil Health Initiative, un’iniziativa quinquennale da 10 milioni di dollari locali per l’adozione di buone pratiche di gestione ecologica. Il programma è finalizzato all’incremento della materia organica, della biodiversità e della resilienza ai fattori esterni nei terreni del Paese.

L’operazione dell’ateneo canadese punta allo sviluppo di “workshop di formazione sul territorio per le First Nations’ (ovvero le  comunità originarie, ndr), i gestori del ‘territorio e i coltivatori”, si legge in una nota diffusa dalla stessa università.

Una rete di conoscenze per il suolo

Pensato per sostenere le attività di promozione della salute del suolo, il programma della Weston ha previsto finanziamenti a otto diversi progetti. Tra questi, l’iniziativa condotta dall’università locale rappresenta una novità assoluta. L’idea, spiega la fondazione, è quella di creare il primo network di “laboratori sulle pratiche di gestione finalizzate al miglioramento della salute del suolo, tra cui la diversificazione delle colture, la riduzione degli input e la diversificazione del paesaggio”.

In questo modo sarà possibile condividere le conoscenze sulla salute del suolo tanto da una prospettiva tradizionale comunitaria quanto da un punto di vista scientifico occidentale concentrandosi sulla regione delle praterie del Saskatchewan, dell’Alberta e del Manitoba.

“Il nostro progetto espanderà la formazione sulla scienza del suolo al di là del perimetro universitario includendo gli insegnamenti della conoscenza ecologica indigena in quelle terre di grande importanza per le comunità con cui stiamo collaborando”, ha dichiarato Melissa Arcand, docente del College of Agriculture and Bioresources della stessa Università. Arcand lavorerà insieme ad alcuni tecnici della Mistawasis Nêhiyawak, un’area autonoma gestita dalle comunità native che comprende 12 riserve.

L’importanza delle pratiche tradizionali

Diffuso presso le comunità native di tutto il mondo, l’impiego delle pratiche agricole tradizionali raccoglie, da qualche anno, un ampio riconoscimento istituzionale. Alla fine del 2021, ad esempio, la Casa Bianca ha diffuso un memorandum “che impegna ad elevare le conoscenze ecologiche indigene nei processi scientifici e politici federali”. Rilevante anche il sostegno espresso dalla FAO nei confronti dell’agroecologia, la disciplina che studia l’applicazione dei principi ecologici all’agricoltura.

E che, come ha rilevato il docente dell’università di Berkeley Miguel Altieri, agronomo ed entomologo cileno, uno dei massimi esponenti della dottrina, rappresenta un punto di incontro tra sapere tradizionale e scienza moderna.

Gli esempi non mancano: a Vanderwagen, negli Stati Uniti, una comunità non incorporata della contea di McKinley, nel New Mexico nord-occidentale, sorge la Spirit Farm, un’azienda agricola devota alle colture rigenerative che mescola da quasi dieci anni le pratiche agricole dei Navajo con le più recenti conoscenze sul ruolo dei microorganismi del terreno. Applicando alcune tecniche antichissime, hanno scoperto infatti i gestori, è possibile ad esempio favorire una crescente presenza di funghi utili nel suolo.

In Canada 62 milioni di ettari da proteggere

Nei territori abitati dalle comunità native canadesi prevale oggi la produzione agricola convenzionale. Le comunità, tuttavia, si stanno impegnando per applicare metodi di gestione ecologica ai terreni con l’obiettivo di proteggere la biodiversità, spiega ancora la nota dell’ateneo. I cosiddetti “circoli di apprendimento” sulla salute del suolo previsti dal progetto condivideranno i risultati con i promotori di “Bridge to Land Water Sky”, un’altra iniziativa per lo sviluppo di soluzioni agricole capaci di contrastare il cambiamento climatico gestita dalle comunità locali.

La speranza è che questi programmi possano produrre soluzioni basate sulla natura e replicabili in tutto il Paese. “I terreni agricoli rappresentano 154 milioni di acri (circa 62 milioni di ettari, ndr) del nostro territorio nazionale; i canadesi dovrebbero essere sempre più preoccupati per il ritmo con cui i nostri suoli agricoli si stanno deteriorando”, ha spiegato Michael Bradstreet, presidente del gruppo consultivo esterno della Weston Family Soil Health Initiative ed ex vicepresidente senior per la conservazione presso Nature Conservancy of Canada. “Abbiamo l’opportunità di colmare questa lacuna aiutando il settore agricolo ad adottare maggiormente quelle pratiche capaci di migliorare la salute del suolo”.