La perdita della materia organica dai suoli mondiali priva anche i corpi idrici di un fondamentale filtro che li tutela da agrofarmaci, idrocarburi, farmaci, microplastiche e molti altri contaminanti potenzialmente tossici veicolati dall’attività umana
di Ilaria Braschi*
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Tra le varie componenti del suolo, la sostanza organica è certamente quella che può essere soggetta alle più rapide alterazioni. Tant’è che nel grande libro contabile del suolo, essa è attualmente la voce di uscita più consistente. Come già dettagliatamente descritto, specifiche azioni quali deforestazione, incendi, interventi di impermeabilizzazione, cambi d’uso del suolo, asportazione di residui vegetali, lavorazioni del suolo e utilizzo di ammendanti non stabilizzati sono tra le principali cause alla perdita di sostanza organica dal suolo.
Dalla perdita di sostanza organica ripercussioni sulla nostra vita
Le conseguenze sono attualmente sotto ai riflettori ed entrano prepotentemente nell’ordine del giorno delle varie agende geopolitiche. L’incremento delle emissioni di CO2 nonché di altri gas climalteranti, i cambiamenti climatici, l’innalzamento del livello degli oceani e la perdita di biodiversità vegetale e animale, sono in gran parte il risultato macroscopico di una gestione non corretta dei suoli e del loro contenuto di sostanza organica con importanti ripercussioni sulla qualità della vita sul pianeta.

La presenza di carbonio organico nel suolo nell’UE – 2015 (g/kg). FONTE: JRC, 2018.
La frazione più resiliente della sostanza organica del suolo, la componente umica, è determinante nel migliorare la struttura, l’aerazione, la capacità idrica, lo status nutrizionale e l’attività microbica del terreno. Ma non è tutto. Le sostanze umiche, grazie all’elevata area superficiale, all’elevata capacità di scambio cationico, alle estese porzioni lipofiliche e funzionalità idrofiliche rivestono un ruolo fondamentale nel trattenere (adsorbire) e rallentare il movimento della stragrande maggioranza dei contaminanti organici e inorganici che l’elevata industrializzazione e l’attuale stile di vita producono, movimentano e immettono continuativamente nell’ambiente.
Grazie all’importante capacità di adsorbimento delle sostanze contaminanti, la sostanza organica del suolo rappresenta il primo e fondamentale schermo all’inquinamento dei corpi idrici sia superficiali che profondi da agrofarmaci, idrocarburi, farmaci, antimicrobici, solventi, fenoli, policloro- e polifuorocarburi, micro- e nano-plastiche ed elementi potenzialmente tossici, solo per citare i più noti.
Come vengono “filtrati” i contaminanti
Il contenimento del runoff e della lisciviazione dei contaminanti dal suolo dovuto alle sostanze umiche si esplica grazie all’instaurarsi di interazioni host-guest tendenzialmente deboli (van der Waals, interazioni idrofobiche, dipolo-carica, ma anche elettrostatiche, anche se mediate da acqua) ma che spesso agiscono in modo cooperativo.
Le numerose, seppur deboli, forze di attrazione (dell’ordine di pochi kJ mol-1), che si instaurano tra una singola molecola di contaminante (generalmente del peso di qualche centinaio di g mol-1) e le molecole umiche (del peso di centinaia di migliaia di g mol-1), stabilizzano il contaminante sulle ampie superfici organiche con un effetto “simil-velcro” che ne rallenta il trasferimento tramite flusso di massa in modo più o meno apprezzabile a seconda della tipologia di contaminante. Contaminanti poco solubili possono anche diffondere verso regioni delle sostanze umiche da cui difficilmente verranno rilasciati, tanto da rimanere in forma non biodisponibile per lungo tempo. Contaminanti più solubili, interagendo più debolmente con le superfici organiche del suolo, subiscono anch’essi un rallentamento alla percolazione anche se meno marcato.
L’importanza delle sostanze umiche
Ma non è tutto. La capacità delle sostanze umiche nel trattenere acqua (pari a circa 20 volte il proprio peso) e nutrienti, le rende parte fondamentale di quell’habitat ideale per le associazioni pianta-microorganismi che è il suolo. È grazie alla sostanza organica del suolo che la vita di piante e microorganismi può svilupparsi e, con essa, tutta la complessità di gradienti di pH, di potenziale redox, di attività enzimatiche microbiche e vegetali e di essudati che caratterizzano in particolare la rizosfera. I contaminanti che, a seguito dell’attività evapotraspirativa della pianta arrivano, tramite flusso di massa, in prossimità della radice, sono esposti a condizioni chimico-fisiche e attività enzimatiche in grado di trasformarli, e dunque dissiparli. L’effetto per lo stato di salute del suolo e, di conseguenza, dei corpi idrici è estremamente favorevole.
La sostanza organica del suolo rappresenta dunque a tutti gli effetti il più importante biofiltro per la riduzione dell’inquinamento del suolo e per la protezione dei corpi idrici superficiali e profondi, indicati già da tempo come “oro blu” a sottolinearne la loro preziosità per le generazioni future e in generale per la vita sul pianeta.
L’autrice
* Ilaria Braschi è professoressa associata presso l’Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Svolge le sue ricerche nell’ambito della chimica agraria con prevalente indirizzo ambientale. Gli interessi di ricerca sono rivolti in particolare a tecniche ecosostenibili di detossificazione di suolo, acque e matrici vegetali. Attualmente le sue attività si focalizzano sull’abbattimento di antibiotici e antibiotico-resistenza in reflui zootecnici, meccanismi di traslocazione di elementi potenzialmente tossici alla pianta, rimozione di idrocarburi da imballaggi alimentari a base cellulosica con tecnologia brevettata. È autrice di numerose pubblicazioni scientifiche e co-autrice di diversi testi scientifico-divulgativi.