3 Febbraio 2022

La Commissione UE punta a elaborare entro la fine dell’anno le linee guida necessarie per il calcolo e il riconoscimento dei crediti nel settore del carbon farming. La materia è complessa e sul rispetto delle scadenza incide il pressing delle imprese

di Matteo Cavallito

 

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“Per la presidenza semestrale francese il carbon farming è una priorità”. Lo ha dichiarato il ministro dell’agricoltura di Parigi Julien Denormandie nel corso di un evento pubblico organizzato lunedì dalla Commissione Europea. Parole che ribadiscono l’impegno della Francia e che trovano una sponda ampiamente prevista nel Commissario competente Janusz Wojciechowski.

“Agricoltori e silvicoltori avranno un ruolo crescente nel contrasto al cambiamento climatico” ha affermato nel corso della Sustainable Carbon Cycles Conference. “Per questo dobbiamo incentivare la rimozione del carbonio e sostenere i carbon credits per offrire una nuova fonte di reddito al settore”.

Obiettivo: meno 42 milioni di tonnellate di CO2

La strada, in teoria, è tracciata. Entro la fine dell’anno, infatti, Bruxelles vorrebbe licenziare il testo definitivo del Framework sulla certificazione dei crediti. Ovvero fissare una volta per tutte regole comuni per la definizione e la misurazione della rimozione del carbonio.

Le norme interessano ovviamente il settore agricolo che, grazie alle migliori pratiche di gestione delle colture, può favorire la capacità di sequestro da parte del suolo. In questo modo, dicono le stime, sarebbe possibile risparmiare 42 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030. Ma la stesura delle linee guida europee, questo è certo, resta complessa.

Uniformare il Framework richiederà tempo

In Europa, tanto per cominciare, esistono già modelli di certificazione adottati a livello nazionale che differiscono, e non poco, tra loro. La misurazione del carbonio, inoltre, è chiamata a tenere conto di variabili differenti a partire delle diverse forme assunte dall’elemento nel suolo per proseguire con il fattore tempo (allo short-lived carbon, assorbito ed elaborato dal terreno, si affianca idealmente il long-lived carbon, che viene rimosso in modo stabile per almeno un secolo).

“Al momento insomma non esiste una soluzione perfetta”, commentava lunedì scorso Peter Vis, Senior Adviser della società di consulenza Rud Pedersen Public Affairs. L’elaborazione del Framerwork, di conseguenza, “rappresenta una sfida per la Commissione”.

“Per i carbon credits servono verifiche indipendenti”

Il fatto, precisava Christian Heller, esperto di politiche per il clima presso l’Umweltbundesamt, l’Agenzia per l’Ambiente del Governo tedesco, è che a fronte di tutte le variabili in gioco, “nessuna delle possibili soluzioni prevale nettamente sulle altre visto che tutte hanno vantaggi e svantaggi”. Che fare dunque?

Almeno tre cose, suggerisce Hanane Taidi, direttrice generale del TIC Council, associazione internazionale di società di certificazione con sede a Bruxelles. “In primo luogo – spiega – occorre fissare regole comuni che si rifacciano agli standard internazionali che già esistono. Inoltre è necessario garantire una verifica indipendente da parte di un operatore esterno. Infine è importante che questo stesso operatore sia soggetto a sua volta alla certificazione di un’autorità chiamata a valutarne le competenze e il rispetto delle regole”. Senza queste garanzie, conclude, “è facile scivolare nel greenwashing”.

Le imprese del settore premono sulla Commissione

Ad oggi, dunque, è ancora molto difficile fare ipotesi sulla struttura definitiva del Framework. Impossibile, ad esempio, immaginare come saranno risolte ambivalenze non di poco conto come quella, per dirne una, che intercorre tra la rimozione effettiva del carbonio (carbon removal) e il risparmio stimato delle emissioni (carbon avoidance), calcolato a partire da stime preliminari sul rilascio previsto di gas serra. Ma i timori riguardano anche il rispetto delle scadenze. Non tutti, infatti, sono convinti che la regolamentazione definitiva possa arrivare davvero entro la fine dell’anno.

“Vista la complessità del tema e la frammentazione delle iniziative è molto probabile che la regolamentazione sarà definita solo nel corso della prossima legislatura” spiega una fonte di Bruxelles.

E non è tutto. “A pesare – aggiunge – è anche la pressione delle grandi imprese dell’agroindustria e del settore forestale che vogliono partecipare al carbon market facendosi riconoscere i crediti generati ma non intendono essere sottoposte alla regola del tetto massimo di emissioni che si applica agli operatori di altri comparti, a partire dal settore energetico”. La strada verso il Framework europeo, insomma, resta certamente lunga.