Dopo l’ultima era glaciale la crescita delle foreste negli Stati Uniti centro-occidentali ha contribuito al sequestro di 1,8 miliardi di tonnellate di carbonio organico. La biomassa accumulata è stata distrutta in 150 anni
di Matteo Cavallito
In appena un secolo e mezzo di espansione agricola e sfruttamento del legname le foreste del Midwest americano hanno perso la biomassa accumulata in circa 8mila anni. Lo rileva un recente studio condotto da un pool di ricercatori internazionali.
L’indagine, guidata da Ann Raiho, ricercatrice dell’Earth System Science Interdisciplinary Centre (ESSIC) dell’Università del Maryland, ha permesso per la prima volta di stimare l’evoluzione della varietà e dell’estensione della copertura arborea su un arco temporale così ampio. Aprendo la strada a nuove discussioni sulle opportunità di conservazione delle aree forestali e della loro capacità di stoccaggio del carbonio organico.
Lo studio
Nel corso dell’indagine, che ha coinvolto anche alcuni studiosi dell’Università della California, di Berkeley, dell’Università di Calgary e del Servizio geologico degli Stati Uniti, gli autori hanno sviluppato un modello per la stima della biomassa a partire dalla rilevazione dei pollini fossili presenti nei sedimenti del suolo. In questo modo, segnala una nota degli stessi ricercatori, è stato possibile ricostruire la storia della biomassa lungo un periodo di 10mila anni.
I risultati, per certi versi, sono stati sorprendenti. Nell’area oggetto di indagine – una zona estesa per 600mila chilometri quadrati nel Midwest degli Stati Uniti – si è rilevato un forte aumento della massa legnosa che è quasi raddoppiata in 8mila anni. La scoperta ha così smentito quanto affermato da precedenti studi che, utilizzando modelli di stima più semplici, avevano ipotizzato una variazione minima o nulla della biomassa stessa per lo meno negli ultimi 60 secoli.
L’accumulo è stato cancellato in soli 150 anni
Il problema, però, è che gli effetti di questa espansione sono stati spazzati via in un batter d’occhio. “La biomassa legnosa ha impiegato millenni per essere accumulata e ha richiesto meno di due secoli per essere distrutta”, spiegano i ricercatori. Nello spazio di 150 anni, infatti il disboscamento e l’agricoltura dell’era industriale hanno spazzato via gran parte dell’accumulo. E, così facendo, “hanno ridotto drasticamente il sequestro di carbonio”.
“Dopo un iniziale declino nel primo periodo postglaciale, la biomassa legnosa è quasi raddoppiata nel corso degli ultimi 8 millenni, con un sequestro complessivo (di carbonio, ndr) pari a 1,8 miliardi di tonnellate“, si legge nello studio.
“L’accumulo costante di carbonio è stato guidato da due risposte ecologiche distinte ai cambiamenti climatici a livello regionale: la diffusione dei biomi forestali e l’espansione della popolazione di specie arboree ad elevata biomassa all’interno delle foreste”. Secondo i ricercatori il declino iniziato nella seconda metà dell’Ottocento è stato rapidissimo. Con un ritmo più che decuplicato rispetto a quello che aveva caratterizzato la variazione della presenza legnosa in qualsiasi secolo negli ultimi 10mila anni.
Implicazioni importanti per il ciclo del carbonio
I risultati della ricerca aprono la strada a nuove indagini sul ciclo del carbonio nelle foreste. E, di conseguenza, all’elaborazione di strategie efficaci per mitigare gli effetti del cambiamento climatico. “L’accumulo nella regione è stato determinato dall’espansione demografica di specie arboree ad alta biomassa, come la cicuta orientale e il faggio americano”, notano ancora i ricercatori.
“Una volta che queste specie si sono stabilite, le foreste ad alta biomassa sono state sostenute a livello regionale per millenni. Questa ricostruzione conferma le argomentazioni secondo cui nelle vecchie foreste le specie di questo tipo svolgono un ruolo importante nello stoccaggio del carbonio e per questo dovrebbero essere preservate”.
La conservazione delle foreste è cruciale per il clima
Il tema è cruciale, soprattutto di fronte alle diffuse preoccupazioni sulle conseguenze climatiche della deforestazione. A febbraio, ad esempio, uno studio a cura di un’équipe di scienziati guidati dai ricercatori della Southern University of Science and Technology (SUSTech) di Shenzhen, Cina, Yu Feng e Zhenzhong Zeng, ha mostrato come le emissioni di carbonio causate dal disboscamento nelle aree tropicali siano cresciute più di quanto si pensasse. Registrando addirittura un raddoppio nel corso del XXI secolo.
Ad oggi, ricorda tra gli altri il quotidiano britannico Guardian, le foreste del Pianeta conservano 861 miliardi di tonnellate di carbonio. L’abbattimento degli alberi, ovviamente, favorisce le emissioni dell’elemento che, combinandosi con l’ossigeno, fa crescere l’ammontare di CO2 in atmosfera contribuendo così al cambiamento climatico. “Dal 2000 ad oggi”, osserva il quotidiano britannico, “il mondo ha perso circa il 10% della sua copertura arborea”. Anche se sulla contabilità del carbonio, per il momento, permangono “incertezze significative”.