La chitosanasi, una proteina prodotta da un virus, “potrebbe agire come una zappa per il suolo, preparandolo ad ospitare ortaggi, alberi, fiori e tutte le altre forme di vita”. Da uno studio americano nuove prospettive di conoscenza per i processi del terreno
di Matteo Cavallito
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Una misteriosa proteina prodotta da un virus sarebbe alla base di alcune funzioni fondamentali per i processi del suolo. È l’affascinante ipotesi che emerge da un recente studio pubblicato sulla rivista Nature. L’indagine si colloca nel solco delle ricerche sul ruolo dei microorganismi che interagiscono regolando aspetti decisivi come il ciclo dei nutrienti e del carbonio secondo logiche che restano tuttora largamente sconosciute.
Gli scienziati, provenienti da tre diversi centri di ricerca americani – il Pacific Northwest National Laboratory di Richland, il Joint Genome Institute di Berkeley e il Synchrotron Radiation Light dell’Università di Stanford, si sono concentrati su una categoria di soggetti noti come geni metabolici ausiliari (AMG) capaci di produrre alcune proteine, tra cui enzimi, che non sono necessarie alla replicazione del virus. Ma che, al tempo stesso, sembrano incidere invece sui processi del terreno.
I virus che “aiutano” il suolo
Utilizzando i raggi X ad alta luminosità generati da un impianto della Stanford Synchrotron Radiation Lightsource (SSRL) collocato presso lo SLAC National Accelerator Laboratory del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, gli autori hanno irradiato alcuni campioni di proteine cristallizzate. Tale operazione ha permesso di trarre le prime conclusioni.
“Ci siamo concentrati sugli AMG che possono produrre la chitosanasi scomponendo la chitina, un comune polimero del carbonio”, spiegano i ricercatori. Grazie a un’operazione di screening è stato possibile ottenere una rappresentazione ad altissima risoluzione “di un prodotto virale del terreno”.
La struttura rilevata, si legge nella ricerca, “fornisce ulteriori dettagli e facilita la comprensione della specificità dei substrati e del meccanismo enzimatico”. Le prime conclusioni, “offrono un sostegno all’ipotesi che i virus presenti nel suolo contribuiscano a funzioni ausiliarie per gli altri organismi che li ospitano”.
I misteri della chitosanasi
La chitina, ovvero il prodotto scomposto dalla chitosanasi, è il secondo biopolimero di carbonio più abbondante sul Pianeta dopo la cellulosa, spiega una nota del Laboratorio SLAC pubblicata sul portale SciTechDaily e fa parte dell’esoscheletro degli insetti e delle pareti cellulari della maggior parte dei funghi. Contribuendo alla degradazione di questa sostanza, spiegano gli scienziati, la proteina oggetto di studio “potrebbe agire come una zappa da giardino per il suolo, preparandolo ad ospitare gli ortaggi, gli alberi, i fiori e tutte le altre forme di vita”.
Osservando oltre cinquemila immagini, prosegue la nota, gli scienziati hanno rilevato come la struttura atomica della chitosanasi assomigliasse in parte a quella di un altro gruppo di enzimi che metabolizzano i carboidrati. Alcune sezioni della proteina, tuttavia, presentano una struttura del tutto inedita. “C’è un pezzo di enzima che appare del tutto nuovo”, ha dichiarato Clyde Smith, ricercatore del SSRL di Stanford e co-autore dello studio. “È questo che mi entusiasma come biologo strutturale: vedere qualcosa che non abbiamo mai visto prima e cercare di capire quale potrebbe essere il suo ruolo”.
Nuovi studi sul suolo
Secondo gli autori, “per analogia con i sistemi marini, dove i virus trasportano AMG che contribuiscono a sostenere la generazione di energia attraverso la fotosintesi nei rispettivi ospiti, anche i virus del suolo possono aiutare questi ultimi a decomporre le risorse di carbonio”. La chitosanasi, in altre parole, influisce sul ciclo del carbonio ma il suo ruolo complessivo è ancora sconosciuto. Per questa ragione l’indagine dovrebbe ispirare nuovi studi estendendo così le conoscenze sulle funzioni dei microorganismi del suolo.
Si tratta di un aspetto decisivo. Estremamente diffusi nel terreno al punto da rappresentare la seconda frazione di biomassa del Pianeta dopo le piante, con una quota pari al 18% del totale, i microorganismi sembrano essere il filo conduttore di quel processo che collega il suolo con gli esseri viventi in un rapporto di continuo scambio .
Come ha osservato un recente studio della North Dakota State University di Fargo, negli Stati Uniti, e dell’Università di Zurigo, le comunità microbiche sono in grado di connettere i diversi ecosistemi. Il terreno superficiale, in particolare, è probabilmente il maggior fornitore di microbiota endofitico delle piante mentre la dieta svolge un ruolo cruciale nel modellare la composizione del microbioma intestinale di uomini e animali.