4 Maggio 2022

I risultati dell’ultima indagine FAO: agricoltura e allevamento alimentano la distruzione delle foreste. Le regioni tropicali epicentro del fenomeno. La tutela delle aree forestali farebbe risparmiare ogni anno 3,6 miliardi di tonnellate di CO2

di Matteo Cavallito

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Nonostante un ritmo di distruzione più lento rispetto al passato le foreste del Pianeta restano in pericolo. Lo segnala la FAO in occasione del lancio ufficiale dell’ultima indagine sul tema. “Il tasso di scomparsa è sceso quasi del 30% tra il primo decennio del secolo e il periodo 2010-2018″, spiega l’organizzazione. “Ma le foreste pluviali tropicali della Terra sono ancora gravemente minacciate, sia dal pascolo del bestiame in Sud America che dall’espansione delle piantagioni, a cominciare da quelle destinate alla produzione di olio di palma in Asia”.

Le foreste tropicali epicentro del problema

Nel secondo decennio del secolo (2010-18) la distruzione delle foreste ha interessato in media 7,8 milioni di ettari all’anno. Ovvero il 20% in meno rispetto al dato rilevato nella prima decade (11 milioni). A ridursi, ovviamente, è stata anche la deforestazione netta (il saldo tra l’ammontare delle aree disboscate e quello delle zone soggette a ripristino) che è passata da 6,8 a 3,1 milioni di ettari annuali nel confronto tra i due decenni.

Tra le aree tropicali appare particolarmente grave la situazione dell’America Centrale, la più colpita dalla conversione d’uso del suolo. Qui, spiega la FAO, “il 30,3% della foresta nell’eco-regione tropicale umida e il 25,2% della foresta pluviale tropicale sono stati distrutti tra il 2000 e il 2018”.

Nel periodo in esame, evidenzia l’indagine denominata Global Forest  Resources Assessment Remote Sensing Survey, il Sudamerica si conferma la regione più colpita con 68 milioni di ettari distrutti contro i 49 dell’Africa. Su scala globale il 90% del disboscamento colpisce le foreste tropicali. Che, nel ventennio osservato, hanno perso 157 milioni di ettari, “un territorio grande quanto l’Europa Occidentale”.

Agricoltura insostenibile e allevamento nel mirino

Presentato in occasione del XV World Forestry Congress in programma a Seul in questi giorni, lo studio ha evidenziato il peso dell’espansione agricola, responsabile da sola del 50% della deforestazione. L’allevamento intensivo si colloca al secondo posto avendo contribuito al 38,5% della distruzione delle foreste nei due decenni in esame. Impressionante il caso dell’olio di palma: il settore ha alimentato da solo il 7% del disboscamento totale rilevato nel periodo.

Infine anche una buona notizia: “L’area forestale impiantata è cresciuta di 46 milioni di ettari nel periodo in esame”, riferisce la FAO. “Quasi un quarto delle foreste ripristinate ha sostituito boschi destinati alla rigenerazione naturale. Metà di questa superficie si trova nel Sud e nel Sud-Est asiatico”.

La protezione forestale? Vale 3,6 miliardi di tonnellate di CO2 in meno

Il vertice di Seul ha visto anche la presentazione dell’ultimo State of the World’s Forests Report 2022. Lo studio ha rilevato tra le altre cose l’impatto delle politiche di tutela forestale sulla gestione della crisi climatica. Fermare la distruzione delle foreste, rileva la ricerca, può generare un risparmio equivalente a 3,6 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno da qui al 2050.

Si tratta, di fatto, del 14% del taglio complessivo alle emissioni necessario per limitare il riscaldamento globale sotto quota 1,5 gradi entro il 2030.

Inoltre, il ripristino del suolo degradato con un incremento della copertura arborea nei prossimi trent’anni produrrebbe un ulteriore risparmio di 1,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Pari all’impatto climatico annuale di 325 milioni di auto a benzina in termini di emissioni di gas serra.