20 Dicembre 2022

La deforestazione ha colpito un’area di 680 chilometri quadrati tra le regioni di Huánuco e Ucayali nel centro del Paese. Tra il 2013 e il 2021 il territorio ha perso il 15% della sua copertura arborea

di Matteo Cavallito

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Il narcotraffico alimenta la deforestazione nel territorio della comunità nativa Kakataibo nel Perù centrale. Un fenomeno che sperimenta un’accelerazione anche a causa del mancato intervento del governo. Lo denuncia la Ong americana Mongabay. L’area sotto indagine si estende per 680 chilometri quadrati tra le regioni di Huánuco e Ucayali nel centro del Paese. “Secondo i dati satellitari di Global Forest Watch (un’iniziativa di monitoraggio promossa dall’organizzazione non profit statunitense World Resources Institute, ndr) il territorio è rimasto relativamente indenne fino al 2013, quando la deforestazione ha subito un’impennata”, scrive l’organizzazione. “Nel 2021 l’area aveva perso quasi il 15% della sua copertura arborea”.

Le operazioni di disboscamento sarebbero cresciute ulteriormente nel 2022. Le autorità locali, aggiunge Mongabay, hanno rilevato molte nuove incursioni nelle terre indigene.

La denuncia

Epicentro del problema è la zona di Puerto Nuevo, uno dei “10 territori comunitari più disboscati del Perù tra il 2000 e il 2015, secondo uno studio dell’organizzazione ambientalista Instituto del Bien Común”. La stessa comunità Kakataibo ha denunciato altre operazioni di deforestazione subite nei suoi territori nelle zone di Santa Marta e Unipacuyacu.

“Il traffico di droga avanza ogni giorno di più”, ha dichiarato, ripreso da Mongabay, Herlin Odicio, presidente di Fenacoka, la Federazione nativa delle comunità Kakataibo. Nei territori occupati “si coltivano solo piante di coca, nient’altro”.

Il problema, nota qualcuno, è che fronteggiare questi attacchi sta diventando sempre più difficile. Tanto per la pericolosità dei soggetti coinvolti, quanto per l’assenza di iniziativa da parte delle autorità. “Più di quattro, sei, otto anni fa i trafficanti hanno invaso le nostre terre e il governo non ci ha garantito alcun sostegno”, ha spiegato alla Ong statunitense il presidente della comunità di Puerto Nuevo, Elías Mosoline. “Vogliamo che tutto questo finisca per poter stare in tranquillità e in armonia. Viviamo nella paura e non possiamo andare alle nostre fattorie”.

L’instabilità politica favorisce i soprusi

Vladimir Rojas, un esperto che collabora con la Procura Ambientale Specializzata di Ucayali, ha denunciato la carenza degli sforzi da parte delle autorità. Nel 2019, riferisce ancora Mongabay, Rojas si era coordinato con l’ufficio del procuratore e la divisione antidroga della polizia peruviana per condurre un intervento a Puerto Nuevo. L’operazione, tuttavia, non si sarebbe mai concretizzata.

Jorge Mendoza, direttore dell’Ufficio del Mediatore della comunità di Tingo María, ha spiegato alla Ong che l’instabilità politica rappresenta un ulteriore problema per la tutela dei diritti delle comunità indigene dell’area. Sotto accusa, in particolare, il continuo cambiamento di governatori, direttori, dirigenti regionali e funzionari, spesso chiamati a fronteggiare situazioni per le quali non sembrano avere adeguate competenze.

Il legame tra narcos e deforestazione

Il ruolo dei narcotrafficanti nella crescita della deforestazione non riguarda ovviamente solo il Perù. Nel marzo di quest’anno, ad esempio, la rivista Diálogo Americas ha lanciato l’allarme sulla diffusione degli incendi dolosi in Honduras dove, solo nel 2021, le fiamme avrebbero distrutto più di 90mila ettari di foresta.

Parte di questa distruzione, sarebbe stata opera degli stessi trafficanti, interessati ad abbattere le piante per costruire piste di atterraggio clandestine e laboratori per la preparazione della droga. Ma anche per aprire nuovi spazi per l’allevamento, una pratica utilizzata a scopo di riciclaggio.

Secondo i dati resi noti dall’agenzia di stampa spagnola EFE e da Mongabay, citate entrambe da Diálogo Americas, lo scorso anno le autorità honduregne avrebbero eradicato 525mila piante di coca distruggendo 8 laboratori per la produzione di droga. Tra il 2020 e il 2021, secondo i resoconti, i narcos avrebbero distrutto 140 ettari di foresta per lasciare spazio alle colture illegali.

Solo nel 2020 distrutti 2.000 chilometri quadrati di Amazzonia peruviana

Difficile per il momento stimare il contributo del narcotraffico alla deforestazione complessiva che caratterizza il Perù. Quel che è certo è che la nazione sudamericana fronteggia da tempo un fenomeno caratterizzato da numeri preoccupanti. Secondo le stime di Global Forest Watch, dal 2000 al 2020, la copertura arborea complessiva del Paese si è ridotta di 762mila ettari (-1%). La crescita e le operazioni di ripristino, in altre parole, non hanno compensato per intero la perdita totale delle piante (meno 3,6 milioni di ettari di copertura) che ha interessato in particolare la foresta primaria (meno 2,3 milioni di ettari).

Nel corso del XXI secolo, prosegue Global Forest Watch, la distruzione delle aree forestali ha prodotto 2,32 miliardi di tonnellate di emissioni aggiuntive di CO2. Il disboscamento, infine, sta aumentando negli ultimi anni. Nel 2020, ha notato il quotidiano britannico Guardian citando i dati del Ministero dell’Ambiente di Lima, la deforestazione dell’Amazzonia peruviana ha colpito 2.032 chilometri quadrati di territorio, contro i 548 del 2019.