Il fotografo e naturalista Luca Eberle ha realizzato per Re Soil Foundation un reportage per raccontare lo stato di salubrità del suolo. Obiettivo: sensibilizzare le persone attraverso il potere delle immagini
di Emanuele Isonio
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Una trentina di scatti riuniti in un fotoreportage di grande impatto. Figli del modo di vedere il mondo di un giovane fotografo naturalista con la passione per la difesa degli ecosistemi. Unico il filo conduttore: utilizzare la potenza della fotografia per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla salute del suolo e denunciarne i danni che, anno dopo anno, gli stiamo infliggendo. L’autore è Luca Eberle, laureato in Scienze Naturali, divulgatore e fotografo naturalista, vincitore nel 2020 del concorso internazionale di fotografia naturalistica, Isolation Wildlife Photography Awards. La sconfinata passione per la natura e gli animali lo ha portato, quando non aveva ancora compiuto 25 anni, a visitare 24 paesi e a partecipare come volontario a progetti di conservazione in Africa, Cina e Italia.
“Non diamo il suolo per scontato”
Il fotoracconto – che Eberle ha concesso a Re Soil Foundation – descrive ciò che lui ha visto in giro per il mondo e quanto c’è di preoccupante (ma anche di buono) nel rapporto tra uomo, animali, ecosistemi e qualità del suolo. “Le immagini possono infatti essere portavoci di messaggi importanti di sostenibilità e conservazione del patrimonio naturale” spiega Eberle. “Il suolo è dato spesso per scontato: è invece il pilastro di interi ecosistemi. Al suo interno raccoglie un numero incredibile di specie animali, funghi, batteri, piante. Tutte insieme compartecipano al mantenimento di un suolo sano, cui può attingere anche l’uomo. Attraverso il mio lavoro, cerco di portare la natura a chi non la conosce”.
La fotografia per veicolare messaggi di cambiamento
Il fotoreportage copre sette “macroargomenti” che impattano in modo diretto sulla vita del suolo:
- agricoltura intensiva,
- agricoltura sostenibile,
- biodiversità del suolo,
- scomparsa dei grandi erbivori,
- cementificazione,
- desertificazione,
- deforestazione e rischio idrogeologico.
“Inizialmente la mia fotografia era volta alla pura e semplice esaltazione della natura in tutte le sue manifestazioni” spiega Eberle. “Oggi diventa anche un importante strumento di comunicazione per raccontare storie di sostenibilità e di conservazione, nella speranza che possano essere parte di un cambiamento positivo verso un futuro più attento a queste tematiche”.
Un delicato equilibrio
In effetti, alcune sue foto denunciano ad esempio gli effetti collaterali di un’agricoltura costruita e condotta in una prospettiva industriale, per massimizzare il profitto da ogni singolo ettaro. Lo sfruttamento intensivo infatti comporta notevoli rischi di degrado del suolo, determinando una riduzione del carbonio organico. “Eppure – ricorda Eberle – il suolo può sequestrare grandi quantitativi di CO2 dove è sano e non è soggetto a desertificazione ed erosione. La conversione alle pratiche di agricoltura sostenibile può aiutare a mantenere le caratteristiche fondamentali del suolo: la sua fertilità e biodiversità”.
In altri scatti, Eberle immortala invece le grandi mandrie di animali selvatici africani per raccontarne il loro ruolo nel mantenere quei suoli protetti e produttivi. Nelle aree a umidità stagionale vi sono infatti periodi nei quali la vegetazione nelle praterie cresce esponenzialmente e, all’arrivo della stagione secca, necessita di qualcosa che la possa decomporre biologicamente. In caso contrario, si verificherebbero processi di ossidazione che creano un suolo secco e desertico che rilascia carbonio in atmosfera. “Ecco perché la riduzione delle grandi mandrie è un pericolo. Quegli animali si nutrono della vegetazione, la calpestano e fertilizzano il suolo con le loro deiezioni” spiega Eberle. Oggi, la maggior parte di quelle aggregazioni di animali non si verifica. La vegetazione cresce quindi incontrollata determinando, paradossalmente, la perdita di interi habitat per desertificazione.
Foto e natura, una passione fin da bambino
L’amore di Luca Eberle per gli animali e poi per la fotografia inizia molto presto: fin da piccolo collezionava ritagli di giornali e riviste per poi passare intere giornate allo zoo dove inizia a realizzare i primi scatti. Ad appena 17 anni s’imbarca per il primo viaggio come volontario in Zambia con il progetto “Lion Encounter” nel Mosi-Oa-Tunya National Park e l’anno successivo per la Cina presso il Bifengxia Panda Base, nel Sichuan.
Nel 2015 si iscrive a Scienze dell’Ambiente e della Natura all’università dell’Insubria, con la quale attualmente collabora. Organizza inoltre conferenze, corsi e viaggi per promuovere e valorizzare i parchi e i siti d’interesse naturalistico del Nord Italia. “Come trattiamo il suolo si rispecchia direttamente anche sull’uomo. Anche per questo dobbiamo proteggerlo e rispettarlo” ammonisce il fotografo.