Sedici associazioni chiedono al ministro Giovannini di modificare le norme del Codice della Strada che impongono il taglio di alberi e fasce boschive lungo le strade secondarie e locali. Mercalli: “Regole attuali mettono a rischio servizi ecosistemici e paesaggio”
di Emanuele Isonio
Ascolta “Fermiamo il taglio di alberi lungo le strade” su Spreaker.
“Tutte le alberate stradali extraurbane e le fasce boschive laterali alle strade sono inesorabilmente destinate ad essere cancellate dai panorami italiani”. La colpa non è delle malattie che colpiscono gli alberi e nemmeno dell’incuria di cui peraltro si rendono responsabili spesso molte amministrazioni locali. Il vero indiziato è un “controverso quadro normativo e in particolare ad alcuni articoli del Codice della Strada e del relativo Regolamento di Attuazione attualmente in vigore”.
La denuncia arriva da sedici associazioni tra le quali la Società Meteorologica Italiana, WWF, Legambiente, Italia Nostra, FAI (Fondo Ambiente Italiano), Forum Salviamo il Paesaggio. Tutte insieme hanno scritto una lettera indirizzata al ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini.
Senza alberi aumentano frane e smottamenti stradali
“Alcune lacune e controversi passaggi del DGLS 285/1992 (Codice della Strada) e del relativo Decreto attuativo – si legge nella lettera – hanno provocato e provocano tuttora la scomparsa progressiva degli alberi, siepi e arbusti lungo le strade extraurbane, con risultati negativi per l’ambiente e il paesaggio ma anche per la sicurezza stradale, contribuendo inoltre ad aggravare il dissesto idrogeologico aumentando il rischio di frane e smottamenti”.
Le norme, ormai vecchie di quasi trent’anni, non consentono fasce alberate private sui lati non solo di strade extraurbane ed autostrade ma anche lungo piste ciclabili e sentieri, fino a una distanza pari all’altezza massima raggiungibile dagli alberi. “In pratica – spiega Luca Mercalli, climatologo e presidente della Società Meteorologica Italiana – se io ho albero 30 metri, dovrei tagliare tutte le piante che crescono a 30 metri dal lato della strada. Praticamente una follia. Non sia mai che qualche solerte impiegato pubblico voglia applicare la norma alla lettera, magari per evitare il rischio che cada qualche ramo”.
La norma per la verità stabilisce che i tratti alberati esistenti possono essere “tollerati” ma specifica che non possono essere previsti reintegri in caso di cadute o morte degli alberi. “In questo modo – osserva Mercalli – andremo comunque verso un inesorabile depauperamento del nostro patrimonio di fasce alberate”.
Un danno a paesaggio e servizi ecosistemici
I problemi connessi con le attuali norme sono almeno di due tipi: il primo è legato all’esigenza di tutelare il valore paesaggistico dei viali alberati. “Sono una indubbia ricchezza turistica e quindi anche economica. Pensiamo ai ‘cipressi di Bolgheri alti e stretti’ declamati dal Carducci. Sono un’icona. Pensare di sacrificarli per ragioni di sicurezza è assurdo. Peraltro, per coerenza, dovremmo togliere anche le case o qualsiasi cosa che reca pericolo a chi corri con auto o moto” denuncia Mercalli.
Poi c’è tutto il tema dei servizi ecosistemici degli alberi, misurabili in tonnellate di CO2 assorbita. “Stiamo dicendo che dobbiamo piantare sempre più alberi per ridurre il riscaldamento globale. Ma perché tanti programmi per piantare alberi nuovi?” domanda Mercalli. “È più furbo preservare quelli che ci sono. È davvero assurdo pensare, con una mano, di piantare alberi nuovi e con l’altra di segarli”. Non va peraltro dimenticata la questione della vivibilità: una strada alberata in estate è anche più fresca e quindi ci evita di accendere il condizionatore, consumando energia inutilmente ed evitando le ondate di calore.
“L’inserimento di regole precise sulle alberate, i necessari limiti di velocità e/o dispositivi di protezione porterebbe ad un aumento della sicurezza stradale e vantaggi per l’ambiente ed il paesaggio” scrivono le 16 organizzazioni. “Impedirebbe l’inutile eliminazione definitiva di interi viali alberati, permetterebbe l’impianto di alberate nelle traverse interne dei centri abitati e sulle strade secondarie – comprese le piste ciclabili, consentirebbe l’ombreggiatura delle aree di servizio e sosta anche sulle autostrade, favorirebbe le opere di ingegneria naturalistica per la prevenzione/riduzione dei fenomeni franosi e l’inquinamento da rumore e/o polveri sottili”.
Cinque proposte di modifica
Nella scheda descrittiva, allegata alla proposta inviata al ministro Giovannini, le organizzazioni propongono in particolare cinque modifiche alle attuali norme:
- legittimare le alberate stradali nelle fasce di pertinenza al pari di banchine e spartitraffico.
- Consentire esplicitamente nuovi piantamenti e la conservazione degli alberi e delle siepi.
- Prevedere deroghe alle distanze minime per realizzare opere di ingegneria naturalistica.
- Fissare obblighi di piantamento di alberi e siepi nelle aree di servizio e sostanza, oltre che nei parcheggi sia pubblici sia privati.
- Stabilire regole precise per la corretta gestione e protezione delle alberate esistenti e future, durante la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade.
“Vogliamo evidenziare – si legge nel documento – come un grande progetto di rialberatura delle strade secondarie e locali sia coerente con i target dell’European Green Deal, con lo strumento Next Generation EU e in linea con gli obiettivi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza): anche limitandosi alla metà della rete stradale secondaria di competenza provinciale (stimata da ACI nel 2011 in circa 111mila chilometri), e calcolando un albero ogni 10 metri, si potrebbero piantare circa 10 milioni di alberi a fronte di una spesa valutabile in un miliardo di euro. L’assorbimento medio di CO2 sarebbe di un milione di tonnellate per anno nel corso dei primi 50 anni di vita delle piante”.