9 Novembre 2023

Dal 2024 via a un nuovo progetto di analisi a distanza delle foreste e del suolo terrestre. L’iniziativa coinvolge la Nasa e l’Isro, l’agenzia spaziale indiana

di Matteo Cavallito

 

Comprendere le dinamiche degli ecosistemi, incluse le foreste, analizzare il ciclo del carbonio e gli effetti dell’attività umana. È questo l’obiettivo della missione NISAR, un’operazione congiunta che interessa la NASA e la ISRO, l’Agenzia spaziale indiana, e che sarà avviata all’inizio del 2024.

L’iniziativa porterà al lancio in orbita di un satellite che consentirà di raccogliere importanti dati grazie all’impiego di un sistema radar che “scansionerà quasi tutte le superfici terrestri e ghiacciate della Terra due volte ogni 12 giorni”, spiega una nota della NASA. E ancora: “I dati raccolti aiuteranno i ricercatori a comprendere due funzioni chiave di entrambi gli ecosistemi: la cattura e il rilascio di carbonio”.

Lo sfruttamento delle foreste genera l’11% delle emissioni antropogeniche

I ricercatori sperano così di poter tracciare i cambiamenti della copertura del suolo su scala globale e le loro conseguenze. “La tecnologia radar di NISAR ci consentirà di ottenere una vasta prospettiva del nostro Pianeta nello spazio e nel tempo”, ha dichiarato Paul Rosen, scienziato del Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena, in California. Che aggiunge: “Essa può darci una visione davvero affidabile di come stanno cambiando esattamente il suolo e i ghiacci della Terra.”

La silvicoltura e altri cambiamenti nella destinazione d’uso dei terreni, ricordano i ricercatori, rappresentano circa l’11% delle emissioni nette di gas serra causate dall’uomo.

I nuovi dati consentiranno di capire meglio come la deforestazione influenzi il ciclo del carbonio e contribuisca al riscaldamento globale. “A livello mondiale, non conosciamo bene le fonti e i pozzi di carbonio degli ecosistemi terrestri, in particolare delle foreste”, ha spiegato Anup Das, condirettore del gruppo di scienziati dell’ISRO coinvolti nel progetto. “Ci aspettiamo quindi che NISAR contribuisca notevolmente a risolvere questo problema, soprattutto nelle foreste meno fitte che sono più vulnerabili alla deforestazione e al degrado”.

 

Un sistema a prova di maltempo

Il sistema si basa sull’uso di un radar capace di penetrare le foglie e i rami rimbalzando sui tronchi degli alberi e sul terreno sottostante. La successiva analisi del segnale riflesso consentirà di stimare la densità della copertura forestale, la sua variazione nel tempo e alcuni indizi sulle possibili cause di quest’ultima.

La tecnologia radar permette quindi di superare gli ostacoli che la conformazione delle foreste o le condizioni atmosferiche possono porre talvolta davanti ai ricercatori.

Grazie allo studio del segnale, infatti, gli scienziati potranno comprendere meglio le dinamiche che interessano “vaste foreste pluviali, spesso coperte da nuvole, come quelle dei bacini del Congo e dell’Amazzonia, che ogni anno perdono milioni di ettari di bosco”.

NASA e FAO contro la deforestazione

Non è la prima volta che i dati geospaziali vengono utilizzati per monitorare e frenare la deforestazione. Nel 2021, ad esempio, la FAO e il World Resources Institute (WRI) hanno lanciato un’iniziativa da 13,7 milioni di dollari con il sostegno di diversi partner tra cui Google e la stessa Agenzia Spaziale americana.

Il progetto, conosciuto come Forest Data Partnership, coinvolge anche Unilever e si basa sull’uso del programma NASA-USAID SEVIR. Il suo obiettivo, aveva spiegato nell’occasione la FAO, consiste nel “creare un ecosistema di dati geospaziali coerenti in modo che tutti gli attori – residenti locali, governi, produttori, trader e finanziatori – siano in grado di accedere a informazioni coerenti, open-source, disponibili al pubblico e convalidate, relative al rischio forestale e al ripristino”.

Terremoti, frane e inondazioni sotto la lente

Oltre a tracciare i cambiamenti degli ecosistemi delle foreste, il satellite NISAR raccoglierà anche informazioni sul movimento del terreno, aiutando i ricercatori a comprendere le dinamiche di vari fenomeni come i terremoti, le eruzioni vulcaniche e le frane. Oltre allo scioglimento dei ghiacciai e del ghiaccio marino.

Sotto la lente del satellite anche le dinamiche in atto nelle zone umide. Quando queste ultime si seccano,  ricordano gli scienziati, il carbonio che immagazzinano viene esposto all’ossigeno generando il rilascio di CO2.

Gli studiosi puntano inoltre a comprendere meglio come il cambiamento climatico, l’andamento delle precipitazioni da esso condizionato e l’insieme alle attività umane stiano influenzando l’estensione, la frequenza e la durata delle inondazioni nelle zone umide stesse. Monitorando le variazioni stagionali e annuali per individuare le tendenze di lungo periodo.