Uno studio californiano sulle colture delle fragole rivela: l’ampio utilizzo delle pellicole da pacciamatura in plastica tradizionale causa la dispersione di micro e macro frammenti nel terreno. Un fenomeno più grave di quanto si pensi: contate oltre 350 particelle per chilo di suolo
di Matteo Cavallito
L’uso dei teli da pacciamatura in plastica può provocare la dispersione di particelle destinate a restare nel suolo a lungo danneggiandone la salute. Lo afferma una ricerca della California Polytechnic State University presentata nelle scorse settimane alla Conferenza geochimica Goldschmidt di Lione. Lo studio si è concentrato sui campi californiani coltivati a fragole.
“Si tratta di un’enorme quantità di materiale plastico che viene sparso nei punti in cui la pacciamatura viene utilizzata per migliorare la produzione dei frutti”, ha dichiarato la ricercatrice dell’ateneo USA, Ekta Tiwari, in una nota diffusa nell’occasione. “Questo materiale può restare nel suolo per decenni”.
I teli da pacciamatura: utili ma non senza controindicazioni
Tipicamente a base di polietilene, le pellicole da pacciamatura in plastica sono spesso applicate intorno alla base della pianta. Il loro utilizzo contribuisce a controllare le erbe infestanti e gli agenti patogeni, a ridurre l’evaporazione dell’acqua e a prevenire l’accumulo di terra sui frutti. Una volta completata la raccolta i teli vengono rimossi. Ed è qui che iniziano i problemi.
Anche se la rimozione viene effettivamente fatta (ma sono più che frequenti i casi in cui ciò non avviene, per risparmiare tempo e costi), alcuni frammenti di plastica sfuggono, aderendo al terreno. Tanto che a distanza di molti anni è ancora possibile osservarne l’accumulo. Nel corso dello studio, i ricercatori si sono concentrati in particolare sulle cosiddette micro e macroplastiche, ovvero quei pezzi con un diametro rispettivamente inferiore e superiore ai 5 millimetri.
Lo studio
Gli studiosi hanno esplorato la presenza e la composizione delle parti in plastica in diverse aziende agricole di fragole che utilizzavano teli da pacciamatura in polietilene a bassa densità (LDPE) nell’area centrale della California. Qui, si legge nella presentazione della ricerca, “la concentrazione di frammenti plastici macro variava da 3.909 a 213.500 particelle per ettaro nel terreno di superficie dopo la rimozione della pacciamatura”.
L’analisi delle microparticelle è ancora in corso. Al momento “i dati preliminari suggeriscono che la loro concentrazione abbia raggiunto le 352 unità per kg di peso del suolo a secco”.
Il polietilene, ricorda lo studio, è risultato il tipo di polimero dominante tra le macro/microplastiche estratte, confermando che le pacciamature possono essere una delle principali fonti di inquinamento da plastica nei terreni agricoli. I ricercatori stanno ancora esplorando le relazioni tra la concentrazione di plastica e alcune caratteristiche biogeochimiche del suolo.

Stima delle quantità annuali di plastica utilizzata nei terreni agricoli mondiali divise per tipologie di prodotto. Fonte: Assessment of Agricultural plastics and their sustainability. FAO, 2021
L’agricoltura globale fa ampio uso di plastiche monouso
Lo studio, sottolineano ancora i ricercatori, fornisce alcuni dati che aiutano a comprendere l’entità dell’inquinamento da plastica nel sistema agricolo statunitense e non solo. Stimolando, al tempo stesso, gli sforzi per migliorare le pratiche di gestione dei terreni e valutare le conseguenze della contaminazione dei suoli. Un problema, quest’ultimo, sempre più pressante. “L’applicazione della plastica monouso nel settore agricolo è aumentata enormemente, arrivando a coprire milioni di acri di terreno in tutto il mondo”, prosegue la presentazione.
Le aziende agricole statunitensi, in particolare, “generano ogni anno in base alle stime quasi 860 milioni di libbre (circa 390 tonnellate, ndr) di rifiuti di plastica, con il contributo significativo delle pacciamature monouso in polietilene a bassa densità utilizzate nelle colture a filari”.
I frammenti destinati ad accumularsi, inevitabilmente, si trasformeranno in “una seria minaccia all’ambiente e alla salute umana”. Secondo la FAO, la domanda globale di pellicole in plastica per uso agricolo (serre, pacciamatura e insilati) aumenterà del 50%, da 6,1 milioni di tonnellate nel 2018 a 9,5 milioni di tonnellate nel 2030.
L’alternativa biodegradabile e compostabile
“Tendiamo a pensare che le fragole siano semplicemente da gustare, tuttavia esse possono anche avere un costo per l’ambiente”, ha aggiunto Tiwari. “Stiamo lavorando con i produttori per mitigare il loro impatto”. Le alternative, come noto, non mancano. Accanto ai prodotti in polietilene, infatti, si collocano le coperture naturali, come quelle a base di paglia, oltre ai teli da pacciamatura biodegradabili e compostabili.
I bioteli realizzati in polimeri compostabili si stanno dimostrando in particolare una soluzione decisamente efficace e di facile gestione, la cui utilità è stata riconosciuta ufficialmente dal Parlamento europeo già nell’ottobre 2017. Diversamente dalle omologhe in plastica tradizionale, infatti, le pellicole biodegradabili non devono essere raccolte e smaltite al termine del ciclo colturale: vengono invece incorporate nel terreno dove biodegradano, trasformandosi in anidride carbonica, acqua e biomassa e, soprattutto, senza generare alcun effetto tossico.