16 Marzo 2023
La presenza di lombrichi è uno dei più importanti segnali di fertilità di un terreno agricolo. FOTO: Chesna da Pixabay

Uno studio dell’università di Santiago de Compostela ha indagato gli effetti sulle popolazioni di Eisenia fetida di diverse concentrazioni di bioplastiche compostabili certificate. Nessun effetto sulla loro crescita e quantità. Un passo in avanti nella ricerca di soluzioni alle contaminazioni da plastica tradizionale

di Emanuele Isonio

 

Piccoli, instancabili, dei veri e propri aratri naturali. Con la loro “mania” instancabile di scavare gallerie nel sottosuolo, i lombrichi sono probabilmente tra i più importanti attori in gioco per mantere fertili i terreni. I loro lavoro rimescola gli strati del suolo, permette all’aria e all’acqua di penetrare negli strati più profondi, distribuisce grandi quantità di materiale organico, favorendo l’attività di produzione dell’humus da parte dei microrganismi che abitano i diversi strati del suolo. E l’humus – è cosa ormai nota – è essenziale perché aumenta la capacità di un terreno di trattenere l’acqua, oltre a essere un’importante fonte di nutrienti per le piante.

Un bioindicatore prezioso

Peraltro le radici di queste ultime di diffondono più rapidamente nel terreno morbido e nelle gallerie create dai lombrichi. Non è quindi un caso che questi animali siano considerati come il principale bioindicatore della qualità di un suolo e siano di particolare valore ecologico: la loro scomparsa o la diminuzione della popolazione ha delle conseguenze disastrose per l’ambiente e la salubrità del suolo.

D’altro canto, le minacce alla loro sopravvivenza non mancano. A partire dalla contaminazione da microplastiche, ormai endemica in molti terreni agricoli a causa di pratiche agronomiche che hanno sottovalutato le conseguenze a medio e lungo termine dell’uso di prodotti non compostabili. Sul banco degli imputati sono finiti da tempo i teli di pacciamatura realizzati in polietilene e altri materiali plastici. Prodotti largamente in uso sui terreni per la loro capacità di ridurre la presenza di agenti infestanti, conservare umidità e garantire la conservazione di un microclima ideale. Ma quando si tratta di smaltirli inizia il problema, per via dei costi e della manodopera necessaria. Ecco perché sta prendendo piede la loro sostituzione con bioplastiche compostabili: una via peraltro caldeggiata, già 5 anni fa, anche dal Parlamento europeo.

Ecco come la plastica entra in circolo negli ecosistemi terrestri e nella nostra catena alimentare. FONTE: FAO, 2021

Ecco come la plastica entra in circolo negli ecosistemi terrestri e nella nostra catena alimentare. FONTE: FAO, 2021

Bioplastiche compostabili promosse

Ma questi esemplari compostabili rispettano davvero la microfauna del terreno a partire dai preziosi lombrichi? Una conferma in tal senso arriva da un recente studio realizzato dai dipartimenti di Biologia e Zoologia dell’università di Santiago de Compostela. I ricercatori spagnoli hanno esaminato in particolare la crescita, mortalità, ciclo riproduttivo e variazioni comportamentali dei lombrichi della specie Eisenia Fetida.

Durante il test, gli esemplari sono stati immersi in cinque diverse concentrazioni di una miscela di bioplastiche realizzate in PLA e PBAT e aventi la certificazione per la loro compostabilità industriale “Bioplastic OK” secondo lo standard europeo EN 13432. Tale certificazione, emessa nel 2000 dal Comitato europeo di normazione, indica i requisiti che una bioplastica deve possedere per potersi definire biodegradabile e compostabile e poter essere recuperata mediante riciclo organico. Tra le peculiarità più importanti:

  • la capacità di biodegradarsi per almeno il 90% entro sei mesi,
  • la presenza di basse concentrazioni di metalli pesanti,
  • valori di pH entro limiti stabiliti
  • nessun effetto negativo sul processo di compostaggio.
I risultati

Alla fine dello studio, i lombrichi non hanno mostrato comportamenti insoliti. “Il test ha mostrato che la miscela di PLA e PBAT studiata non ha effetti significativi sulla popolazione di Eisenia fetida”. Nessuna delle variabili studiate fornisce dati su effetti negativi provocati sulla popolazione di lombrichi. “La loro mortalità – si legge nello studio – non è risultata influenzata alla contaminazione da bioplastiche, sia quando gli esemplari sono stati esposti indirettamente (attraverso i test di tossicità del suolo) sia direttamente (tramite test di tossicità da contatto)”. Risultati analoghi per quanto riguarda la loro crescita e riproduzione.

Ovviamente, sottolineano doverosamente i ricercatori, questo studio solleva l’esigenza di ulteriori analisi che si concentrino su altri tipi di bioindicatori del suolo e che valutino l’impatto di altri tipi di materiali. “Questo studio, come altri analoghi studi effettuati in precedenza, forniscono informazioni sull’effetto di un determinato prodotto. Ma le analisi sulla contaminazione nei suoli dovrebbero essere effettuati sulla base di più contaminanti per ottenere informazioni maggiori. Gli organismi del suolo sono infatti esposti a più di un agente tossico e l’interazione tra tutti loro può essere molto complessa”. In ogni caso, concludono i ricercatori spagnoli “i nostri studi, basati su analisi di laboratorio, non mostrano alcuna tossicità per i lombrichi”.

Andamento nel numero di bozzoli e novellame dall'inizio alla fine della prova. FONTE: Ecotoxicity of Single-Use Plastics to Earthworms, Università di Santiago de Compostela, 2023.

Andamento nel numero di bozzoli e novellame di lombrichi dall’inizio alla fine della prova. FONTE: Ecotoxicity of Single-Use Plastics to Earthworms, Università di Santiago de Compostela, 2023.

Il metodo di analisi

Per sviluppare la loro analisi, i ricercatori iberici si sono attenuti alle regole imposte dallo standard OECD 207 secondo il quale i lombrichi adulti vengono esposti a diverse concentrazioni del materiale in esame miscelato con un substrato definito dallo stesso standard. Questo terreno artificiale è stato utilizzato per escludere la possibilità che il terreno possa contenere particelle di plastica ed è pienamente accreditato per valutare la biotossicità degli inquinanti. La scelta del tipo di lombrichi è invece caduta sulla Eisenia fetida perché è una delle specie indicate sia dall’OCSE sia dall’Organizzazione internazionale per la normazione (ISO) come adatte a valutare la tossicità di tutti i tipi di sostanze nell’ambiente edafico.

Un argine ai pericoli della plastica tradizionale

L’esigenza di individuare sostituti capaci di tutelare sia la salubrità dei suoli sia le esigenze degli agricoltori è resa urgente dalla fotografia del mercato mondiale dei prodotti plastici e della condizione dei terreni mondiali, nei quali le contaminazioni da sostanze plastiche tradizionali hanno raggiunto livelli impressionanti.

Il primo rapporto globale sulla plastica nei terreni realizzato dalla FAO a dicembre 2021 aveva calcolato che dei circa 6,3 miliardi di tonnellate di plastica prodotta fino al 2015, quasi l’80% non è stato smaltito correttamente. Tanto da far dire agli esperti dell’Agenzia ONU che il problema della contaminazione da plastica nei terreni agricoli mondiali è addirittura maggiore che negli oceani (dove pure, la sua concentrazione è talmente elevata da prevedere che entro metà secolo supererà quella dei pesci).

Già oggi le filiere agricole – ricorda ancora l’Agenzia ONU – utilizzano ogni anno 12,5 milioni di tonnellate di prodotti in plastica. Altre 37,3 milioni di tonnellate vengono utilizzate negli imballaggi alimentari. I maggiori utilizzatori sono rappresentati dai diversi segmenti della produzione agricola e dell’allevamento, con 10,2 milioni di tonnellate all’anno complessive. Seguono pesca e acquacoltura con 2,1 milioni di tonnellate e silvicoltura con 200mila tonnellate.
Secondo gli esperti FAO, poi la domanda globale di film per serre, pacciamatura e insilati aumenterà del 50%, passando dai 6,1 milioni di tonnellate nel 2018 ai 9,5 milioni di tonnellate nel 2030. Non a caso, la stessa FAO, sottolineando l’importanza della gestione corretta dei teli usurati, ne ha ufficialmente raccomandato la sostituzione con film di pacciamatura sintetici realizzati in materiali biodegradabili e compostabili.