Nel pacchetto di riforme climatiche “Fit for 55” della Commissione Ue un capitolo è dedicato a pratiche agricole e silvicoltura. Anche il settore contribuisce al rilascio di gas serra ma a differenza degli altri comparti è in grado di neutralizzare le sue emissioni
di Matteo Cavallito
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“Entro il 2035, l’UE dovrebbe mirare a raggiungere la neutralità climatica nei settori dell’uso del suolo, della silvicoltura e dell’agricoltura”. Un obiettivo che coinvolge anche “le emissioni agricole diverse dalla CO2, come quelle derivanti dall’uso di fertilizzanti e dall’allevamento”. Parola della Commissione Europea che, proprio in questi giorni, ha reso nota la portata degli sforzi previsti per il comparto nell’ambito del nuovo pacchetto di riforme legislative Fit for 55. Non solo automobili elettriche, dunque, nel piano UE che punta a ridurre del 55% rispetto ai livelli del 1990 le emissioni continentali entro il 2030. Le proposte, adottate nei giorni scorsi da Bruxelles e ora incanalate nel loro iter legislativo (che sarà presumibilmente lungo), sono considerate decisive per un’efficace implementazione del Green Deal. E, come sempre capita in questi casi, suscitano alcune riflessioni.
The make-or-break decade has already started.
Our first major climate milestone will be a 55% reduction of emissions by 2030.
And by 2050, we aim to make the EU climate neutral.
Today, we present concrete proposals to reach these goals: https://t.co/h20a4iwgap#EUGreenDeal pic.twitter.com/jw7l1G6V7e
— European Commission 🇪🇺 (@EU_Commission) July 14, 2021
Cattura di carbonio: il Fit for 55 alza la soglia
Il piano Fit for 55 alza la quota obiettivo per l’assorbimento del carbonio da parte dei pozzi naturali. Il nuovo regolamento sull’uso del suolo, sulla silvicoltura e sull’agricoltura presentato il 14 luglio fissa infatti un traguardo generale pari a 310 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 entro il 2030, contro i 225 attualmente in vigore. Gli Stati membri, inoltre, dovranno preservare ed estendere i propri pozzi di assorbimento del carbonio. La decisione, però, non soddisfa tutti quanti. “Se l’obiettivo netto di assorbimento della Commissione entro il 2030 è abbastanza ambizioso” ha dichiarato Delara Burkhardt, eurodeputata tedesca del gruppo Socialista, quest’ultimo “deve essere esaminato più da vicino alla luce delle stime delle Ong secondo cui sarebbe possibile un aumento pari a 500-600 milioni di tonnellate”.
Il riferimento corre agli auspici espressi dal WWF circa la necessità di adottare misure più drastiche in un contesto di crescente discussione sul tema. Alcuni attivisti, in particolare, hanno contestato una presunta eccessiva enfasi sul sequestro di carbonio e le relative pratiche atte a favorirlo, il cosiddetto carbon farming. Il fenomeno, sottolineano alcuni osservatori, non è infatti pienamente risolutivo visto che eventi avversi, come gli incendi ad esempio, contribuiscono al rilascio della CO2 stoccata nel suolo vanificando i risultati raggiunti.
Pratiche agricole sotto i riflettori
Le scelte della Commissione, in ogni caso, ribadiscono la centralità delle pratiche agricole e della corretta gestione del suolo. “L’agricoltura è responsabile di circa il 10% delle emissioni totali di gas serra dell’UE e deve contribuire agli obiettivi di riduzione” ha affermato un rapporto pubblicato a febbraio da Bruxelles. Il tema è finito di recente sotto i riflettori dopo i giudizi espressi dalla Corte dei Conti UE nei confronti della politica agricola comune. Nonostante le ampie risorse a disposizione di quest’ultima per il contrasto al cambiamento climatico, hanno affermato i magistrati contabili, negli ultimi sette anni i livelli di emissione di gas serra “non sono cambiati significativamente rispetto al 2010″. Quel che è certo, in ogni caso, è che sul fronte del clima pesano soprattutto altri fattori. A cominciare dalla forte dipendenza dalle fonti fossili. Concentrarsi eccessivamente sui rischi posti dal settore agricolo, in questo senso, rischia di essere fuorviante.
Ma l’agricoltura offre più soluzioni che problemi
Se tecnicamente l’agricoltura può essere considerata parte del problema, infatti, è pur vero che da essa passano però soprattutto soluzioni concrete, spiega Claudio Ciavatta, professore ordinario di Chimica Agraria presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari (DISTAL) dell’Università di Bologna.
“Il settore agricolo contribuisce alle emissioni globali di gas serra”, evidenzia il docente. “Ma il suo contributo resta comunque molto inferiore rispetto a quello di altri comparti che, oltretutto, non hanno capacità di fissare, ad esempio, la CO2”.
E ancora: “Solo l’agricoltura, inoltre, offre la possibilità di neutralizzare le emissioni attraverso la fotosintesi e la cattura del carbonio nel sistema suolo-pianta. Le variabili in gioco, in questo senso, sono tante. Pensiamo ad esempio alla relazione inversa tra la ‘lavorazione’ del suolo e la stabilità della CO2 sequestrata. E le tecniche agronomiche consentono di raggiungere risultati importanti. Proprio per questo – conclude – è necessario trovare nuovi equilibri adottando sempre approcci basati sul metodo scientifico. Solo con più ricerca per ettaro sarà possibile coniugare il dovere di mettere a tavola 8 miliardi di persone con la tutela dei fragili equilibri ambientali”.

Il settore dell’allevamento è responsabile del 50% delle emissioni del comparto agricolo. Immagine: Corte dei conti europea (European Court of Auditors) su dati Agenzia europea dell’Ambiente (European Environment Agency) Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)