27 Marzo 2023

In Germania l’impiego dei pesticidi è diminuito di meno del 10% tra il 2009 e il 2020. Il dato solleva molte perplessità sulla diffusione della gestione integrata dei parassiti, una tecnica pensata per ridurre l’impiego delle sostanze chimiche più pericolose

di Matteo Cavallito

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La Germania punta sulla gestione integrata dei parassiti con l’obiettivo di ridurre del 50% l’impiego dei pesticidi nel Paese. Una scelta in linea con le ambizioni della UE che in base alla strategia Farm to Fork intende raggiungere il traguardo del dimezzamento dell’uso dei fitofarmaci entro il 2030. Lo sostiene Euractiv.

“Per lavorare all’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, il ministero vuole ‘concentrarsi in modo chiaro’ sul ‘rafforzamento della gestione integrata’, secondo le conclusioni di una seduta governativa sul piano d’azione nazionale per la protezione delle piante”, scrive il portale specializzato. L’idea, insomma, è quella di trasformare i pesticidi chimici in una sorta di extrema ratio, prediligendo, per contro, l’uso di altre tecniche di tutela della salute delle colture. Il problema, però, è che le informazioni provenienti dal Paese sembrano dipingere un quadro decisamente meno promettente. Caratterizzato, in particolare, da una scarsa applicazione di strategie alternative.

La gestione integrata dei parassiti

La gestione integrata dei parassiti è riconosciuta come uno strumento utile dalla stessa direttiva sull’uso sostenibile dei pesticidi dell’Unione Europea. Secondo la definizione fornita dalla UE, questa strategia si basa sulla “attenta considerazione di tutti i metodi di protezione delle piante disponibili e la successiva integrazione di misure appropriate che disincentivino lo sviluppo di organismi nocivi e mantengano l’uso di prodotti fitosanitari e altre forme di intervento a livelli economicamente ed ecologicamente giustificati riducendo o minimizzando i rischi per la salute umana e l’ambiente”.

La gestione integrata, di conseguenza, “pone l’accento sulla crescita di una coltura sana con il minor disturbo possibile per gli agro-ecosistemi e incoraggia i meccanismi naturali di controllo dei parassiti”.

Decisiva è l’attività di prevenzione della presenza dei microorganismi pericolosi che si basa sull’applicazione di diverse tecniche. Tra queste la rotazione delle colture, l’uso di varietà resistenti, l’utilizzo di pratiche equilibrate di concimazione, calcinazione, irrigazione e drenaggio e l’applicazione di misure igieniche specifiche tra cui la pulizia regolare di macchinari e attrezzature.

Ma il Paese è in ritardo

Il problema, nota però Euractiv, è che a oggi l’impiego della gestione integrata in Germania sembra essere limitato. I dati sull’adozione di questa tecnica, prosegue l’agenzia, sono assenti. Ma l’impatto sull’uso dei pesticidi, in ogni caso, non è stato certo rilevante. Tra il 2009, data dell’entrata in vigore dell’obbligo di applicazione della strategia integrata stessa, e il 2020, l’ultimo anno per il quale sono disponibili numeri definitivi, le vendite totali di pesticidi nel Paese sono diminuite di meno del 10% passando da 30mila a 28mila tonnellate annue.

Lo scenario resta preoccupante. Secondo uno studio dell’Università Tecnica di Kaiserslautern-Landau pubblicato alla fine dello scorso anno sulla rivista Environmental Science & Technology, negli ultimi 25 anni la tossicità totale dei pesticidi usati in Germania è aumentata per i pesci, le piante terrestri e gli organismi del suolo.

L’indagine evidenzia nel dettaglio come la tossicità totale “per i vertebrati terrestri sia diminuita del 20%”, si legge nella ricerca. Il dato, tuttavia, “è aumentato di tre volte per i pesci, soprattutto a causa degli insetticidi, di due volte per gli organismi del suolo, in particolare a causa di fungicidi e insetticidi, ed è cresciuta in misura minore per le piante terrestri, esclusivamente per via degli erbicidi”.

La politica UE sui pesticidi non sta funzionando?

Il caso tedesco si inserisce, peraltro, in un quadro continentale altrettanto critico. Un rapporto a cura di Pesticide Action Network (PAN), una federazione che raccoglie centinaia di ONG in 60 diversi Paesi, ha evidenziato come i casi di contaminazione negli esemplari vegetali consumati in Europa siano aumentati del 53% tra il 2011 e il 2019. L’indagine, pubblicata nel maggio dello scorso anno, ha messo quindi in discussione la coerenza dei dati forniti dalle stesse autorità UE sulla progressiva dismissione delle sostanze più tossiche.

“Sulla base delle vendite, la Commissione europea dichiara già una riduzione del 12% nel 2019 rispetto ai valori del 2015-2017”, hanno spiegato gli autori. “Tuttavia, il nostro  studio, che fornisce prove sulla quantità di pesticidi che finiscono effettivamente negli alimenti consumati ogni giorno, smentisce seccamente tale affermazione: nel periodo in esame, infatti, la percentuale di frutta e verdura contaminata dai pesticidi più pericolosi è cresciuta dell’8,8%“.