15 Febbraio 2023

Negli ultimi 25 anni la tossicità totale dei pesticidi usati in Germania è aumentata per i pesci, le piante terrestri e gli organismi del suolo, segnala una ricerca dell’Università Tecnica di Kaiserslautern-Landau. L’UE vuole dimezzare l’impiego delle sostanze chimiche entro il 2030 ma i suoi parametri non convincono

di Matteo Cavallito

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Negli ultimi 25 anni i rischi associati all’utilizzo dei pesticidi in Germania sono diminuiti per i vertebrati terrestri ma sono cresciuti per i pesci, le piante e gli organismi del suolo. Lo sostiene uno studio dell’Università Tecnica di Kaiserslautern-Landau pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology.

La questione è di stretta attualità, sottolineano i ricercatori ricordando gli  impegni presi dalla UE per dimezzare le ricadute associate ai fitofarmaci entro la fine del decennio. “Per ridurre i rischi dei pesticidi su scala nazionale o continentale, è possibile, ad esempio, utilizzarne di meno o sostituire alcune sostanze con un’identica quantità di prodotti meno tossici”, ha spiegato Sascha Bub, principale autore dello studio.

Pesticidi sempre più impattanti

I ricercatori della Landau hanno elaborato un metodo semplice per la valutazione del rischio. “Se si moltiplicano le quantità e le tossicità di tutti i pesticidi utilizzati in un Paese in un anno e si sommano i risultati, si ottiene un indicatore approssimativo dell’andamento dei rischi chiamato tossicità totale applicata”, spiegano gli autori. I numeri evidenziano come l’impatto delle sostanze risulti molto diverso a seconda degli organismi coinvolti. Alcuni pesticidi, ad esempio, sono particolarmente tossici per gli impollinatori, altri lo sono invece per gli organismi del suolo o per le piante.

Calcolando la tossicità totale applicata per otto gruppi di organismi e 292 pesticidi utilizzati in Germania tra il 1995 e il 2019 e utilizzando 1.889 valori delle differenti soglie di tossicità ufficialmente riconosciuti, i ricercatori hanno potuto trarre importanti conclusioni.

Negli ultimi 25 anni la tossicità totale applicata è diminuita solo per i vertebrati terrestri. Per i pesci, le piante terrestri e gli organismi del suolo, invece, il dato complessivo è aumentato. “La crescita riscontrata per gli organismi del terreno è preoccupante data la grande importanza che essi assumono per la tutela della salute del loro habitat. La crescita dei rischi potrebbe a lungo andare influire sulla produttività agricola“, ha spiegato Bub.

Raddoppiato il rischio per il suolo

L’indagine evidenzia nel dettaglio come la tossicità totale “per i vertebrati terrestri sia diminuita del 20%”, si legge nella ricerca. Il dato, tuttavia, “è aumentato di tre volte per i pesci, soprattutto a causa degli insetticidi, di due volte per gli organismi del suolo, in particolare a causa di fungicidi e insetticidi, ed è cresciuta in misura minore per le piante terrestri, esclusivamente per via degli erbicidi”.

Altre specie osservate “non hanno mostrato variazioni nella tossicità totale applicata”. Quest’ultima, ad esempio, è rimasta invariata per gli impollinatori “grazie probabilmente alle restrizioni all’uso dei neonicotinoidi”, insetticidi chimicamente correlati alla nicotina che sono particolarmente tossici per le api.

Gli indicatori UE non convincono

Lo studio mette inoltre in discussione l’efficacia del Regolamento UE sull’uso sostenibile dei pesticidi che mira a ridurne del 50% i rischi entro il 2030. I risulti dello studio evidenziano implicitamente i limiti degli indicatori di rischio elaborati dalla UE che non fanno distinzione tra i vari gruppi di organismi.

I parametri europei, in altre parole, collocano i pesticidi in categorie di rischio fisse senza prendere in considerazione la tossicità specifica per le varie specie.

Nel mirino di Bruxelles ci sono 54 sostanze particolarmente pericolose che sono classificate come “candidate alla sostituzione” in considerazione del loro potenziale impatto sulla salute, sul suolo e sull’ambiente. In base al Regolamento in vigore, gli Stati membri sono chiamati a sostituire questi composti con alternative più sicure.

Aumentano i casi di contaminazione in Europa

I motivi di preoccupazione, in ogni caso, non mancano. Lo scorso anno, un rapporto a cura di Pesticide Action Network (PAN), una federazione che raccoglie centinaia di ONG in 60 diversi Paesi, ha evidenziato un incremento del 53% dei casi di contaminazione di frutta e verdura nel Vecchio Continente tra il 2011 e il 2019.

Nel 2011, ricorda lo studio, soltanto il 4% dei kiwi venduti in Europa presentava tracce di pesticidi. Nel 2019 la quota degli esemplari contaminati era salita al 32%. Nello stesso periodo l’incidenza del fenomeno sulle ciliegie è più che raddoppiata passando dal 22% al 50%. Nel 2019, inoltre, la contaminazione è stata rilevata sull’87% delle pere prodotte in Belgio, il 74% delle ciliegie coltivate in Spagna e l’85% del sedano proveniente dall’Italia.