1 Luglio 2021

I consumatori italiani, spiega l’associazione, puntano sempre di più sul biologico. I numeri da primato e l’importanza degli obiettivi europei impongono ora il via libera alla nuova normativa

di Matteo Cavallito

 

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Il biologico della Penisola non è mai stato così popolare. Lo segnalano i dati diffusi nei giorni scorsi dalla Coldiretti che evidenziano un’ulteriore accelerazione degli acquisti. Nel corso del 2020 i consumi domestici di alimenti bio hanno segnato un +7% rispetto all’anno precedente raggiungendo un controvalore di 4,3 miliardi di euro. Cifre significative, insomma, che accompagnano un compleanno emblematico: 30 anni fa, il 24 giugno del 1991, Bruxelles adottava infatti il primo regolamento continentale sul metodo di produzione organic. Da allora le legislazioni nazionali si sono progressivamente adeguate. Anche se il percorso, soprattutto in Italia, non è stato ancora completato.

Il primato italiano del biologico

Il successo del biologico è cresciuto nel tempo insieme alla consapevolezza dei danni dell’agricoltura intensiva e degli allevamenti di massa. Ispirando sempre di più i consumatori europei a cominciare da quelli della Penisola. Negli ultimi tre decenni “i consumi nazionali sono cresciuti senza interruzioni ed oggi il biologico è nel carrello di circa sette famiglie italiane su dieci (68%)” sottolinea Coldiretti. Il record del nostro Paese emerge poi sul fronte della produzione. L’Italia, in particolare, è il primo Paese della UE per numero di aziende agricole bio con oltre 80mila operatori (+2% rispetto all’anno precedente). A mancare, tuttavia, è l’attesa nuova legge che, al momento, è ancora in discussione presso la Commissione Agricoltura della Camera.

Le importazioni extra UE sfiorano i 3 milioni di tonnellate

Tra gli aspetti più importanti, sottolinea ancora Coldiretti, c’è l’introduzione di un marchio per il “biologico italiano” pensato per contrassegnare le produzioni realizzate esclusivamente con materia prima nazionale. Una distinzione importante, soprattutto nel contesto attuale in cui l’Unione Europea sperimenta un forte incremento delle importazioni nel comparto. I prodotti bio extra UE approdati sul mercato interno nel 2020, infatti, ammontano a 2,8 milioni di tonnellate, “con incrementi che vanno dal +33% per il riso al 40% per l’olio di oliva e i limoni fino al 51% per le arance”. Diventa quindi necessario, secondo l’associazione, distinguere il bio Made in Italy sullo scaffale ma anche “rafforzare i controlli sui cibi importati che non rispettano gli stessi standard di sicurezza di quelli europei”.

Sulla legge si attende il via libera della Camera

A maggio, il Senato ha approvato con 195 voti favorevoli, uno contrario e un’astensione il nuovo Testo unificato sulla produzione agricola con metodo biologico. Il 24 giugno è iniziato l’esame in Commissione a Montecitorio che dovrebbe condurre alla definitiva approvazione da parte della Camera mentre sullo sfondo, ha ricordato ancora la Coldiretti, restano le linee guida della strategia Farm to Fork del Green Deal europeo. Sul tema ha preso posizione tra gli altri anche Legambiente in una nota diffusa alla fine di maggio. Coltivare e produrre alimenti a marchio bio, ha ricordato l’associazione ambientalista, significa andare nella direzione degli obiettivi UE, “che mirano a triplicare entro il 2030 le superfici biologiche, a ridurre del 50% l’utilizzo di pesticidi e antibiotici negli allevamenti, ad abbassare del 20% quello dei fertilizzanti e ad aumentare del 10% le aree dedicate ai corridoi ecologici nei campi agricoli”.