7 Febbraio 2022

Una soluzione circolare contro la deforestazione in Africa Occidentale. L’ha ideata un giovanissimo innovatore di Freetown, in Sierra Leone, che scommette sui residui del cocco per offrire un’alternativa ai prodotti derivati dal legno

di Matteo Cavallito

 

Listen to “La storia di Alhaji, lo startupper che frena la deforestazione con gli scarti del cocco” on Spreaker.

Dalla tragedia alla rinascita, come si conviene ad ogni bella storia che si rispetti. A maggior ragione quando lo scenario è tutt’altro che casuale. Siamo in Africa, dove le avversità – umane e ambientale – sanno ispirare, più spesso di quanto si creda, nuove soluzioni all’insegna dell’innovazione e della sostenibilità. E questa è la storia di Alhaji Siraj Bah, 22 anni, imprenditore, anzi, startupper, al vertice della Rugsal Trading, azienda innovativa di Freetown, in Sierra Leone. Il nono paese più povero del mondo.

Il disastro del 2017

La vicenda, si diceva. Che inizia nel modo peggiore. Africa occidentale, 14 agosto 2017: un alluvione travolge la capitale appropriandosi di 1.141 vite umane. Tra le vittime anche i membri della famiglia adottiva di Alhaji che da un anno circa lo ha sottratto alla strada. Il ragazzo, che allora ha diciassette anni, è costretto a reagire.

“Ho perso i miei genitori adottivi quando una frana di fango ha travolto Freetown” avrebbe raccontato qualche anno più tardi. “Scoprire che l’ampia deforestazione e la cattiva gestione dei rifiuti ne erano stati la causa mi ha motivato in questa iniziativa”. La storia della sua impresa inizia proprio in quel momento.

Una soluzione circolare

A quattro anni di distanza da quella tragedia, ha scritto a dicembre il Washington Post, “Bah gestisce la sua attività con un obiettivo ambizioso: ridurre l’abbattimento degli alberi della Sierra Leone – un processo che secondo gli scienziati amplifica il rischio di smottamenti – incoraggiando i suoi vicini a sostituire il carbone a base di legno con un prodotto alternativo creato dagli scarti delle noci di cocco. I cumuli di gusci e bucce abbandonati dai venditori intorno a Freetown forniscono una fonte di energia che non richiede alcuna operazione di tritatura”.

Ad oggi, la Rugsal Trading di Freetown ha prodotto oltre 100 tonnellate di mattoncini di guscio di cocco che possono essere usati come combustibile in un’ottica circolare. Riutilizzando i prodotti di scarto, insomma, l’azienda africana è in grado di offrire un’alternativa ai prodotti a base di legno frenando così la deforestazione.

15mila alberi salvati

A caratterizzare questi prodotti è il loro lento consumo. “Bah ha imparato su YouTube come creare mattoncini che non producono fumo capaci di bruciare quattro ore più a lungo del carbone o del legno” scrive ancora il Washington Post. “Per far questo raccoglie gusci di noce di cocco, canna da zucchero, pula di riso e scarti di palma da agricoltori e famiglie, macina la materia prima e la miscela con l’amido prima di estrarla con un macchinario”.

Le attività dell’azienda non si esauriscono qui. “Facciamo anche sacchetti di carta biodegradabile eco-friendly a partire dalle foglie dei banani per contrastare l’inquinamento causato dalla plastica” ha raccontato in un’altra occasione lo stesso Bah. “Ad oggi abbiamo prodotto più di 250mila borse ecologiche e oltre 120 tonnellate di mattoncini puliti e non fumogeni, salvaguardando la salute di migliaia di persone cui abbiamo fornito un combustibile pulito e conveniente e salvando al tempo stesso più di 15mila alberi”.

Un monito per l’Africa

L’esperienza di Bah continua ad attirare l’attenzione degli osservatori. Oggi il giovane startupper ha ottenuto una nomination per l’edizione 2022 degli African Genius Awards, i riconoscimenti messi in palio dalla società di consulenza Plus 94 Research di Johannesburg per premiare le eccellenze innovative africane. Intanto, in attesa dei risultati che saranno annunciati a maggio, il mondo della ricerca ha fornito un’ulteriore prova dell’importanza delle iniziative contro la deforestazione.

Nelle scorse settimane, infatti, uno studio britannico pubblicato sulla rivista statunitense Proceedings of the National Academy of Sciences ha evidenziato la correlazione tra il disboscamento e l’aumento dell’incidenza delle tempeste tropicali nelle zone costiere dell’Africa Occidentale.

La perdita di copertura arborea – hanno spiegato gli autori – produce un rialzo delle temperature che contribuisce a sua volta a rafforzare l’intensità della brezza proveniente dal mare innescando così temporali particolarmente forti. Che, a loro volta, si abbattono sulle aree sempre più spoglie e soggette a dissesto generando devastanti fiumi di fango e detriti. Come in quell’agosto del 2017.