12 Febbraio 2021

La fotografia dell’Osservatorio Paesaggio Trentino: in mezzo secolo quasi raddoppiati gli insediamenti. Oggi le aree disponibili per l’agricoltura sono appena il 13%. Coldiretti: diamo riconoscimento sociale e culturale al suolo e alle attività agricole

di Matteo Cavallito

 

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La preoccupazione è messa nero su bianco dall’Osservatorio del Paesaggio Trentino: “il territorio della Provincia di Trento ha subito nel secondo dopoguerra una trasformazione radicale della propria struttura insediativa e paesaggistica”. È bastato poco più di mezzo secolo per far passare il suolo occupato da insediamenti e infrastrutture dai 5400 ettari del 1960 ai 16mila del 2004. “La progressione degli incrementi delle superfici insediate è stata pertanto superiore al 190%, segnalando andamenti mai verificatisi nella storia insediativa del Trentino”. L’analisi è contenuta nella “Ricerca 2020 sulle dinamiche di urbanizzazione e sul consumo di suolo in Trentino”, resa pubblica nei giorni scorsi.

L’importanza di leggere bene i dati

Un problema già di per sé, ma reso ancor più delicato perché lo sviluppo di edifici e aree produttive è avvenuto soprattutto a discapito delle aree agricole. Anche in questo caso, i dati della Ricerca 2020 vanno letti con grande attenzione. Attualmente il suolo “consumato” registrato per la Provincia di Trento risulta essere del 3,7%. Apparentemente quindi ben inferiore rispetto al dato del 7,1% della media nazionale. Ma, precisano i tecnici dell’Osservatorio, “è necessario effettuare una lettura più contestualizzata di questo dato, alla luce dei caratteri orografici e altimetrici del Trentino”.

Il 60% del territorio infatti si colloca al di sopra dei 1000 metri di quota. Il 53% della superficie è rappresentata da boschi, il 12% da pascoli e il 22% da rocce e ghiacci. “Per l’agricoltura e gli insediamenti risulta così disponibile solo il 13% della superficie provinciale. L’analisi dei fenomeni di consumo di suolo ci segnala che ben più di un quarto di questa preziosa porzione del territorio risulta essere interessata da fenomeni spinti di artificializzazione”.

Classificazione dei comuni trentini in base all’estensione delle aree fortemente antropizzate. FONTE: ricerca sulle dinamiche di urbanizzazione e sul consumo di suolo in trentino. Dicembre 2020 - Osservatorio Paesaggio Trentino.

Classificazione dei comuni trentini in base all’estensione delle aree fortemente antropizzate. FONTE: ricerca sulle dinamiche di urbanizzazione e
sul consumo di suolo in
trentino. Dicembre 2020 – Osservatorio Paesaggio Trentino.

Il confronto con le altre aree alpine

Anche la comparazione con quanto avviene in altri territori montani conferma la preoccupazione dell’Osservatorio per il Paesaggio, strumento per il governo del territorio istituito nel 2010 dalla Provincia Autonoma di Trento. In provincia di Bolzano ad esempio, solo il 2,8% del territorio è consumato. Il dato è analogo a quello del Bellunese. In provincia di Sondrio e in Valle d’Aosta le quote di territorio soggetto a consumo di suolo sono anche inferiori (rispettivamente 2,6% e 2,1%).

L’allarme di Coldiretti

La performance peggiore rispetto ad altri territori simili è stata sottolineata anche da Coldiretti Trentino, particolarmente preoccupata per la perdita di suolo agricolo. “Il problema – commenta Gianluca Barbacovi, presidente di Coldiretti Trentino Alto Adige – è ancora più marcato visto che negli ultimi 5 anni, con una legge provinciale che dovrebbe garantire uno stop al consumo di suolo, la tendenza non si è affatto invertita”.

Oltre al danno economico, Coldiretti sottolinea come un territorio reso meno salubre e più fragile dal consumo di suolo sia anche meno capace di reagire e adattarsi ai cambiamenti climatici che rendono le precipitazioni più intense e concentrate in determinati periodi dell’anno. “Per proteggere la terra e i cittadini che ci vivono, le istituzioni devono difendere la propria disponibilità di terreno fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività agricola” propone Barbacovi. “La disponibilità di terra coltivata si traduce in produzioni agricole di qualità e in sicurezza alimentare e ambientale per i cittadini nei confronti del degrado e del rischio idrogeologico. Se non poniamo un argine al consumo di suolo perdiamo un’opportunità in termini di sviluppo economico e occupazionale per l’intero Paese”.