Il gruppo tecnico intergovernativo sui suoli (ITPS) dell’Agenzia ONU ha stabilito che un suolo sano si riconosce per “la capacità di sostenere produttività, diversità e servizi ambientali degli ecosistemi terrestri”. Un punto di partenza per fissare indicatori comparabili sulla gestione sostenibile dei terreni
di Emanuele Isonio
Ascolta “Dalla FAO la definizione ufficiale di suolo sano” su Spreaker.
Il paradosso stava diventando sempre più evidente. Il tema della salute del suolo sta assumendo un’attenzione crescente sia a livello governativo sia a livello mediatico. Eppure, nonostante esista ormai da sette anni anche una Giornata Mondiale sul Suolo, non esisteva ancora una definizione condivisa di cosa si debba intendere per suolo sano. A colmare la lacuna ci ha pensato il gruppo tecnico intergovernativo sui suoli (ITPS) della Global Soil Partnership FAO. Diciassette parole (articoli e preposizioni incluse) che definiscono la salute del suolo come “la capacità del suolo di sostenere la produttività, la diversità e i servizi ambientali degli ecosistemi terrestri”.
L’ITPS è composto da 27 massimi esperti del suolo in rappresentanza di tutte le regioni del mondo. Il suo compito è fornire consulenza scientifica e tecnica alla Global Soil Partnership e alle specifiche richieste che arrivano da istituzioni globali o regionali.
🌱 What is a healthy soil? @FAO's Intergovernmental Technical Panel on Soils (ITPS) now has a definition:
Soil health is "the ability of the soil to sustain the productivity, diversity & environmental services of terrestrial ecosystems."
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— International Fertilizer Association (@FertilizerNews) October 23, 2020
I pericoli di non avere una definizione ufficiale
“Può apparire secondaria ma la decisione dell’ITPS è molto importante” commenta Giuseppe Corti, professore ordinario di Scienze agrarie all’università Politecnica delle Marche e presidente della Società italiana di Pedologia. “Non avere una definizione ufficiale di suolo sano ha portato, in molti casi, a considerare come suolo utile e, soprattutto, come attività agricola sana, quella che comporta la massimizzazione delle produzioni. Invece dobbiamo sviluppare dei sistemi agricoli che forniscano produzioni di ottima quantità e qualità, rispettando la vita del suolo (la biodiversità) e facendo in modo che vengano mantenute anche le sue altre funzioni fondamentali, come la depurazione dell’acqua, la riduzione del rischio di esondazioni, la mitigazione del cambio climatico e della proliferazione di organismi patogeni”.
Una delle complessità nella definizione della salute del suolo risiede proprio nella mancanza di accordo sugli indicatori e sui valori soglia a causa dell’elevata variabilità spaziale dei suoli mondiali. Alcune definizione di suoli sani, soprattutto nei decenni passati – ricordano gli esperti dell’ITPS – erano eccessivamente antropocentriche. Si concentravano cioè sui suoli negli ecosistemi agricoli o per la loro capacità di supportare una produzione adeguata di biomassa per i bisogni umani. In questo modo si sottovalutano gli altri fondamentali servizi ecosistemici che essi garantiscono, come la regolazione del clima e la conservazione della biodiversità.
Per di più, l’assenza di una definizione chiara complicava l’attività dei ricercatori: “Il linguaggio della scienza è e deve essere universale” spiega Claudio Ciavatta, professore ordinario di Chimica Agraria all’università di Bologna. “Un esperimento deve potere essere riprodotto da altri scienziati in qualsiasi altro luogo della pianeta. Per potere garantire questo principio basilare è necessario condividere ciò che serve a raggiungere lo scopo: definizioni, protocolli sperimentali. Il primo passo non poteva quindi che essere quello di arrivare ad una definizione univoca condivisa di “Soil health”.
I vantaggi dietro la definizione ITPS di suolo sano
La decisione dell’ITPS tenta di risolvere proprio questo problema: “Come per la salute umana, non esiste una singola misura che catturi tutti gli aspetti della salute del suolo. La conservazione di questi servizi del suolo richiede di evitare e/o combattere tutti i tipi di degrado del suolo” spiegano gli esperti FAO. La definizione ufficiale di “suolo sano” è quindi il primo passo per evitare che lo stesso termine finisca per indicare cose ben diverse tra loro. “Noi speriamo che la definizione coniata dall’ITPS venga ampiamente utilizzata e adottata da organizzazioni internazionali, istituzioni, governi, università”, spiegano i ricercatori FAO.
Il loro auspicio è ampiamente condiviso dalla comunità scientifica.”Quella definizione era assolutamente necessaria perché delimita il campo entro il quale si declina il termine di ‘soil health’, un concetto dinamico, ma con solidi pilastri descritti nella definizione stessa” commenta Ciavatta. “Si tratta di una sorta di cornice entro la quale tutti gli operatori si riconoscono e debbono operare. La definizione è fondamentale per pianificare le attività future volte a selezionare gli indicatori e le metodologie analitiche da utilizzare a livello globale”.
“La definizione di suolo sano che hanno dato offre effettivamente notevoli vantaggi” concorda Corti. “Se gli Stati e soprattutto gli operatori la accetteranno potremo davvero intraprendere la strada che porta a non degradare più i suoli. Anzi, potremo recuperare quelli degradati, lasciando alle future generazioni una qualità di vita migliore di quella vissuta da chi li ha preceduti. Vincere questa sfida non sarà mai possibile se la disponibilità e la qualità del cibo dovessero cominciare a diminuire invece che aumentare”.
Prossimo step: indicatori universali per la salute del suolo
Il passaggio successivo è di individuare una selezione di indicatori e metodologie di laboratorio armonizzate che siano applicabili in tutti i Paesi e consentano la valutazione, la promozione, la conservazione e il ripristino della salute del suolo. “Solo in questo modo – spiega Ciavatta – avremo una comparazione delle politiche in favore del suolo adottate sia dai singoli Stati sia a livello internazionale”.
Il varo del Protocollo per la gestione sostenibile
Su questo ulteriore passaggio gli esperti della Global Soil Partnership stanno già lavorando. Va in questa direzione un documento svelato a inizio anno: un protocollo destinato sia agli agricoltori sia agli amministratori pubblici per chiarire quali siano le tecniche migliori per avere terreni sani. Obiettivo: valutare se una certa pratica è in linea con la gestione sostenibile del suolo o se invece va ripensata. La versione completa del protocollo dovrebbe arrivare entro metà 2021. Il protocollo finora pubblicato contiene 4 indicatori principali e 10 aggiuntivi, capaci di valutare la salubrità di un terreno. Degli indicatori principali fanno parte la produttività del suolo, il livello di carbonio organico del suolo, le sue proprietà fisiche e la sua attività biologica.