22 Settembre 2022

La proposta delle università di Cranfield e Nottingham: se vogliamo analizzare la salute del suolo non possiamo affidarci a singoli indicatori. Al contrario, dobbiamo concentrarci sulle relazioni tra i componenti del sistema per ottenere un quadro completo. Alla base del nuovo approccio, quattro diverse dimensioni

di Matteo Cavallito

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Che cos’è la salute del suolo? Come possiamo misurarla? Quali sono le caratteristiche fondamentali che la definiscono? Difficile, per ora, dare risposte precise. Ma forse, suggerisce qualcuno, è arrivato il momento di ripensare almeno in parte i nostri paradigmi. La proposta arriva da una nuova ricerca delle Università di Cranfield e Nottingham, nel Regno Unito, che invita a cambiare il modo di immaginare, misurare e studiare il terreno per ottenere una migliore comprensione,

“Sebbene ormai ampiamente utilizzata, l’espressione ‘salute del suolo‘ appare problematica perché essa assume significati diversi per persone diverse”, spiega Jim Harris, professore di Tecnologia ambientale presso l’Università di Cranfield e coautore dello studio. Che aggiunge: “un metodo unico e condiviso per valutare la salute complessiva di questo sistema non esiste”.

Serve un approccio olistico

L’obiettivo dello studio, pubblicato sullo European Journal of Soil Science, è quello di proporre un nuovo approccio olistico, basato cioè sull’analisi del sistema nel suo complesso e non solo come somma delle singole funzioni che lo compongono. Analizzare con questo paradigma la salute del terreno, sostengono i ricercatori, contribuirebbe “a fare un’enorme differenza per alcune delle nostre grandi sfide, non ultima la crisi climatica“.

Si tratta, insomma, di superare gli approcci attuali che misurano le singole proprietà e le utilizzano per dare un “punteggio” complessivo alle condizioni del terreno stesso.

“Così come non abbiamo un’unica misura o punteggio per la salute umana, perché non può riflettere la complessità dell’intero organismo, analogamente non dovremmo affidarci a un unico indicatore per valutare la salute del suolo”, ha spiegato Dan Evans, uno dei ricercatori coinvolti. “L’adozione di una serie di misure per esaminare l’intero sistema ci consentirà invece di comprendere davvero se esso stia migliorando o peggiorando”.

L’importanza delle relazioni tra componenti

In alternativa ai metodi tradizionali, che rispondono alla diffusa richiesta “di strumenti che facilitino la misurazione, preferibilmente in termini quantitativi e spesso come cifra unica, della salute del suolo”, sottolineano quindi i ricercatori, occorre focalizzarsi su altri aspetti. Più nel dettaglio, aggiungono, si tratta di studiare un sistema vivente, cogliendone le cosiddette proprietà “emergenti”, a cominciare dalla “resilienza di fronte alle perturbazioni”.

Per raggiungere questo obiettivo diventa quindi necessario concentrarsi sulle relazioni tra i componenti, le complessità e le funzioni del terreno. “L’utilizzo di questo approccio come base per un nuovo quadro di riferimento ci consentirà di riunire e allineare diversi filoni scientifici in una ‘nuova teoria della salute del suolo‘, che rappresenta un passo avanti essenziale e pratico per la gestione sostenibile di questa risorsa”

La proposta

Il nuovo approccio proposto, riferisce quindi lo studio, si basa sull’analisi di quattro diverse dimensioni: i segni di vita, ovvero la caratterizzazione degli organismi esistenti nel suolo; i segni di funzionalità, che evidenziano la misura in cui i suoli elaborano i materiali; i segni di complessità, che mostrano come i componenti del terreno siano collegati e interdipendenti; i segni di emersione, che identificano le modalità con cui i suoli rispondono ai molteplici fattori di stress.

“Questo nuovo paradigma può essere applicato a tutti i suoli e ci avvicina a una comprensione interdisciplinare del ‘quadro completo’ del sistema, evitando per contro di considerare separatamente i singoli pezzi del puzzle“, ha spiegato Sacha Mooney, professore di fisica del suolo presso l’Università di Nottingham e coautore dello studio. Valutare correttamente i fenomeni e agire di conseguenza, aggiungono i ricercatori, significa mantenere l’integrità di un sistema sano. In grado, da parte sua, di “sostenere la fauna selvatica e la biodiversità, ridurre i rischi di alluvione, immagazzinare il carbonio e garantire la sicurezza alimentare”.