Un report dell’Agenzia europea per l’Ambiente: al momento i suoli rilasciano molti più gas serra di quanti ne riescano a sequestrare. Sono responsabili del 2% di tutte le emissioni Ue. Preoccupano in particolare le condizioni (e gli usi) dei terreni organici. Dalla Germania, la maggior quantità di CO2 emessa
di Emanuele Isonio
Possono essere straordinari alleati nella lotta alla riduzione delle emissioni climalteranti o, al contrario, uno degli ostacoli peggiori lungo la strada per raggiungere l’obiettivo Ue di neutralità climatica entro metà secolo. Al momento, i dati relativi ai terreni, agricoli e non agricoli, del Vecchio continente fanno propendere decisamente per la seconda ipotesi. “I suoli europei sono attualmente una fonte netta di emissioni di gas serra. Questo fatto, se non affrontato, potrebbe rappresentare un rischio per gli obiettivi climatici dell’Unione”. A metterlo nero su bianco è un briefing report (“Soil carbon”) pubblicato dall’Agenzia europea dell’Ambiente.
Emissioni nette a 64 Megatonnellate di CO2eq
Il documento fornisce una panoramica della condizione dei serbatoi di carbonio e delle emissioni di gas serra generate dai diversi suoli europei. Le notizie non sono rosee: sulla base degli ultimi dati disponibili (2019), “gli Stati Ue hanno segnato una perdita di carbonio dai suoli organici (quelli che incorporano al proprio interno le percentuali più elevate di sostanza organica, ndr) pari a 108 Megatonnellate” rivela il report. Nello stesso anno, i suoli minerali hanno rimosso 44 Mt di CO2 dall’atmosfera. “Le emissioni nette di gas serra dal suolo sono quindi pari a circa 64 Mt di CO2 equivalente. Corrispondono a poco meno del 2% delle emissioni nette prodotte complessivamente dalla Ue nel 2019 e sono pari alla metà del contributo di emissioni europee del comparto aereo mondiale”.

Emissioni e assorbimenti di CO2 suddivise per categoria di uso del suolo e per suoli minerali e organici gestiti (ktCO2). FONTE: Soil Carbon Report, EEA 2022
Persi 460mila ettari di suoli organici in 30 anni
Una quantità imponente, dunque. E una ulteriore conferma dell’importanza di agire, con velocità, per fermare la perdita di sostanza organica dai suoli continentali. Nel report si ricorda che la superficie dei suoli organici è diminuita di 460mila ettari (tre volte l’area metropolitana di Londra) nel periodo 1990-2019. “Ciò – spiega l’EEA – accade in genere quando un terreno con uno strato superficiale di materia organica è stato arato e lavorato per un certo numero di anni. Di conseguenza perde così tanto carbonio da diventare un terreno minerale”.
Nel documento EEA si ricorda anche che la distribuzione dei terreni organici non è ovviamente uguale in tutta Europa. La maggior parte si trova principalmente in Europa settentrionale, dove il clima più freddo e umido favorisce l’accumulo del carbonio nel suolo. Dei 33 milioni di ettari di terreni organici segnalati dagli Stati Ue, i ¾ (74%) si trova infatti in appena due Stati membri, Svezia e Finlandia.
La provenienza delle emissioni prodotte dai terreni organici è però concentrata altrove. E dipende dal fatto che questi suoli siano gestiti (ovvero utilizzato per attività agricole e forestali) o non gestiti. Questi ultimi infatti, coperti da foreste o da zone umide, sono responsabili solo del 26% delle emissioni totali nei suoli organici.
Al contrario, le categorie dei terreni organici coltivati e dei pascoli hanno di solito emissioni climalteranti per ettaro più elevate. In questo caso, quasi la metà delle emissioni prodotte da questi suoli (circa 50 Mt di CO2) proviene dalla Germania. Seguono Finlandia e Irlanda con quantità comprese tra 10 e 15 Megatonnellate. Se al gruppo si aggiungono anche Svezia, Lettonia, Paesi Bassi e Danimarca, si raggiunge l’89% delle emissioni totali Ue da suoli organici.

Emissioni prodotte dai suoli organici divise per Stato membro (migliaia di tonnellate di CO2). FONTE: European Environment Agency, 2022
Estrazione della torba
La perdita di carbonio proveniente dai suoli organici è legata anche all’estrazione della torba. Le torbiere sono tra gli ambienti più preziosi per la loro capacità di accumulare sostanza organica senza farla decomporre, in assenza di ossigeno e in condizioni di saturazione d’acqua. Il materiale vegetale che vi si forma, derivato dal ciclo biologico delle piante, si accumula progressivamente, insieme ai sedimenti dei bacini lacustri che le accompagnano. Per la loro rarità e le loro peculiarità in chiave climatica, le torbiere sono aree protette a livello internazionale. Ma sono anche estremamente ricercate per l’uso del potere fertilizzante della torba in orticultura e persino in giardinaggio (sebbene si moltiplichino le proposte di vietare quest’ultimo utilizzo).
L’estrazione della torba in Europa è effettuata – rivela l’inventario Ue sugli usi del suolo – in poco meno di 287 ettari, in particolare in Finlandia, Irlanda, Lettonia, Estonia e Germania. Un’attività controversa e dall’enorme impatto ambientale: non a caso presenta la perdita di carbonio per ettaro più elevata mentre quella totale, segnalata dagli Stati Ue, ha raggiunto quota 2,3 milioni di tonnellate, corrispondenti a 8,3 milioni di tonnellate di CO2 .

La distribuzione delle torbiere in Europa. FONTE: JRC Commissione Europea.
Gas serra diversi dalla CO2
Ma la CO2 non è l’unico gas serra associato alla gestione del suolo che preoccupa l’EEA. Nel report viene ricordato il potenziale di riscaldamento globale del metano (CH4) e dell’ossido di diazoto (N2O), ancora maggiore rispetto all’anidride carbonica (rispettivamente di 25 e 298 volte). Per il 2019, gli Stati Ue hanno calcolato emissioni di 2,32 megatonnellate di CO2 equivalenti per il metano e di quasi 18 Mt per l’ossido di diazoto, gran parte delle quali derivanti dall’uso agricolo di terreni ricchi di sostanza organica.
Le azioni consigliate
La fotografia porta l’Agenzia Ue per l’Ambiente a chiedere di assumere decisioni in favore di una gestione del suolo che contribuisca a ridurre le emissioni nette climalteranti. Azioni che, ricorda il report, avranno un impatto anche per raggiungere gli obiettivi fissati da altre Strategie Ue, come quella sulla biodiversità e la Farm to Fork.
“Il sesto rapporto di valutazione IPCC – conclude il briefing report – menziona il rimboschimento, il sequestro migliorato nei terreni coltivati e nelle praterie, l’uso di biochar, il ripristino delle torbiere e delle zone umide costiere. Tutte opzioni di mitigazione con un impatto positivo sullo stoccaggio del carbonio nel suolo. A seconda della misura, possono esserci importanti vantaggi collaterali: una migliore qualità del suolo, la resilienza alla siccità, l’aumento dei raccolti, una migliore biodiversità e una riduzione delle emissioni di N2O e CH4”