In Somalia il traffico illegale di carbone di legna ha favorito deforestazione e siccità. Un’iniziativa dell’Onu punta ora a ripristinare i terreni degradati. Ma la crisi alimentare resta una minaccia
di Matteo Cavallito
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La Somalia prova a contrastare la deforestazione con il sostegno dell’Onu. Uno sforzo, quello compiuto dalla nazione africana, che punta a ripristinare un suolo devastato da anni di disboscamento e traffici illegali che hanno prodotto gravi conseguenze. “La scomparsa della copertura arborea della regione ha accelerato l’erosione del suolo e ha privato la terra della capacità di trattenere l’acqua, una combinazione spaventosa in un Paese che sta soffrendo la peggiore siccità degli ultimi 40 anni“, spiega una nota dell’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente.
L’intervento si concentra anche sull’impianto dell’acacia, una pianta capace di “svolgere un ruolo fondamentale nel clima caldo e arido della Somalia“. Questi alberi, infatti, “migliorano la fertilità del suolo immagazzinando acqua, fissando l’azoto, un fertilizzante fondamentale, e riducendo il deflusso superficiale e l’erosione durante la stagione delle piogge”.
Guerra, clima e siccità
La presenza dell’acacia si è ridotta negli anni a causa del commercio illegale di carbone di legna che si ricava dalla combustione dei tronchi e dei rami. In alcune aree, ricorda l’UNEP, gli alberi stanno calando ad un ritmo del 5% annuo favorendo la crescita della siccità. Un problema sempre attuale.
“Riducendo la produzione agricola a livelli estremamente bassi, la siccità fa aumentare drasticamente i prezzi di alimenti essenziali come cereali, fagioli, verdura, frutta, carne e latte, generando grave insicurezza alimentare, denutrizione e persino fame e carestia”, rileva un rapporto della Convenzione delle Nazioni Unite contro la desertificazione.
A questo si aggiunge l’effetto del cambiamento climatico che negli ultimi anni contribuisce ad esasperare il fenomeno. L’attuale ondata di siccità nel Paese, rileva l’UNEP, ha già portato alla morte di sette milioni di capi di bestiame. L’approvvigionamento delle risorse sul mercato mondiale, poi, è reso particolarmente complicato dal contesto economico e geopolitico. “Lo scorso anno, il 53% del cibo ricevuto dalla Somalia attraverso il Programma Alimentare Mondiale proveniva dall’Ucraina che è oggi devastata dalla guerra mentre i prezzi dei prodotti alimentari sul mercato globale stanno salendo alle stelle”, prosegue l’organizzazione Onu.
Traffici e conflitti minacciano la Somalia
L’utilizzo del carbone di legna in Somalia è ancora molto diffuso anche a causa dello scarso accesso all’elettricità. Ad alimentarne il mercato, però, è anche la domanda proveniente da Paesi esteri: nazioni povere come lo Yemen o ricche come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Sebbene le esportazioni siano state formalmente vietate già nel 1969, le attività di contrasto al traffico illegale si sono rivelate inefficaci soprattutto a causa della cronica instabilità che caratterizza le istituzioni somale fin dal 1991, data di inizio della sanguinosa e mai del tutto conclusa guerra civile.
Lanciato nel 2016, il Programma per la riduzione sostenibile del carbone di legna e per i mezzi di sussistenza alternativi, noto come PROSCAL, punta a offrire sostegno ai funzionari somali impegnati a far rispettare il divieto di commercializzazione. Ma anche a favorire lo sviluppo di fonti energetiche differenti, l’occupazione dei lavoratori e il ripristino dei terreni degradati.
Il programma PROSCAL
Il programma, spiega l’UNEP, “è stato progettato per contribuire a rendere le comunità più resistenti alle minacce anche attraverso la piantumazione di alberi. Due vivai sono stati creati a Gobweyn e nel villaggio di Yontoy nel tentativo di sostenere la bonifica del territorio e offrire mezzi di sostentamento agli abitanti”. Oltre a fornire stufe a basso consumo e pannelli solari, l’iniziativa ha permesso a circa 12mila famiglie di sostituire il carbone di legna con il gas nelle loro cucine.
La prima parte del programma si concluderà nel dicembre di quest’anno e la speranza è che i progetti possano essere estesi a livello nazionale. Il governo somalo avrebbe già avviato le discussioni in tal senso con le tre agenzie coinvolte nel progetto: lo stesso UNEP, lo United Nations Development Programme e la FAO.