4 Maggio 2021

Mosca apre alle aziende nella gestione del suo immenso patrimonio boschivo. Agli operatori il compito di salvaguardare gli alberi ottenendo crediti di emissione. Ma sulle politiche ambientali la Russia è ancora indietro

di Matteo Cavallito

 

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È presto per parlare di svolta ambientalista anche se il piano annunciato dalla Russia, con tutte le cautele del caso, appare davvero ambizioso. Mosca, principale esportatore di petrolio del mondo, è al lavoro per creare una piattaforma digitale destinata alla raccolta dei dati sulla capacità di assorbimento della CO2 da parte delle sue foreste. L’obiettivo? “Monetizzare un’area grande quasi il doppio dell’India”, scrive Bloomberg, “trasformandola in un mercato per le aziende che vogliono compensare la loro impronta di carbonio”. Con effetti potenzialmente dirompenti.

Un tesoro da 640 miliardi di alberi

Mal gestite, nota ancora l’agenzia, e soggette nell’ultimo biennio a un numero record di incendi (un trend che caratterizza, per altro, anche il resto d’Europa), le foreste della Russia ospiterebbero oggi 640 miliardi di alberi. L’idea è quella di affidare alle imprese la gestione di alcune quote consentendo a queste ultime di affittare porzioni di suolo e investire nella protezione delle piante. “La Russia possiede il 20% delle foreste globali“, ha dichiarato Alexey Chekunkov, ministro per lo sviluppo dell’Estremo Oriente russo e dell’Artico. “Abbiamo il potenziale per trasformarle in un enorme hub di cattura del carbonio”. Tra le aziende che avrebbero manifestato interesse per il piano ci sarebbe, secondo Bloomberg, lo stesso colosso del fossile Gazprom.

Mercato del carbonio, scetticismo tra gli analisti

Secondo i piani di Mosca la piattaforma servirebbe a misurare la performance delle foreste certificando così la validità della gestione aziendale. Una volta ottenuta la conferma dei dati, le imprese ricaverebbero così crediti di emissione da spendere sul mercato. Le potenzialità, d’altra parte, sono enormi. Si stima, rileva Bloomberg, che le foreste della Russia “abbiano assorbito nel 2018 quasi 620 milioni di tonnellate di CO₂, abbastanza per compensare il 38% delle emissioni nazionali”.

Il mercato della CO2, in ogni caso, produce scetticismo in molti osservatori. Nel 2019, una ricerca dell’Institute for Agriculture and Trade Policy, negli USA, ha messo in dubbio la capacità di quantificare con precisione la dimensione effettiva del sequestro di carbonio. Tale mercato, prosegue lo studio, sarebbe inoltre costoso da gestire e si realizzerebbe a discapito di “opzioni più sostenibili” come ad esempio l’agroecologia.

I sospetti sulle reali intenzioni di Mosca

A lasciare perplessi gli osservatori, inoltre, è il poco invidiabile curriculum in campo ambientale della nazione. La Russia, nota ancora Bloomberg, “ha impiegato quattro anni per ratificare l’Accordo sul Clima di Parigi del 2015” e al momento “sta pianificando una leggera crescita delle emissioni entro il 2030”. L’economia del Paese, inoltre, è ancora fortemente legata al fossile. L’ipotesi, suggerita da Bloomberg, è che il progetto sulle foreste possa essere usato per compensare le perdite del Carbon Border Adjustment Mechanism, il provvedimento previsto per il 2023 con cui l’Europa dovrebbe tassare le merci russe ad alta intensità di emissioni. Generando 8 miliardi di dollari di costi annuali aggiuntivi per i produttori russi.