17 Aprile 2023

Le foreste degradate e le aree soggette a ripristino ai tropici rimuovono ogni anno 107 milioni di tonnellate di carbonio. Ovvero il 26% del totale rilasciato in atmosfera dalla precedente deforestazione

di Matteo Cavallito

 

Il ripristino delle foreste permette di compensare soltanto una quota minoritaria delle emissioni di CO2 associate al disboscamento. Lo sostiene una ricerca pubblicata a marzo sulla rivista Nature e condotta dall’Università di Bristol e dall’Istituto nazionale brasiliano per la ricerca spaziale (INPE). Lo studio ha utilizzato i dati della Climate Change Initiative dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea.

I ricercatori hanno mostrato come le foreste degradate e le aree soggette a ripristino ai tropici rimuovano ogni anno almeno 107 milioni di tonnellate di carbonio dall’atmosfera. Questo ammontare, rileva una nota dell’ESA, pareggia, per fare un paragone, la metà delle emissioni annuali di combustibili fossili del Sud America. Ma non è sufficiente a rimediare ai danni complessivi provocati in precedenza.

La compensazione del carbonio? Non supera il 26%

“Le foreste tropicali secondarie e degradate in fase di recupero coprono oggi circa il 10% dell’area boschiva tropicale, ma la quantità di carbonio che esse accumulano non era mai stata determinata con certezza”, si legge nella ricerca. “Sulla base di dati satellitari, la nostra analisi esamina i modelli eterogenei di crescita spaziale e temporale influenzati dai principali fattori ambientali e antropici”.

Nelle aree ripristinate, rileva lo studio, la quantità totale di carbonio recuperato è sufficiente a controbilanciare il 26% delle emissioni di carbonio rilasciate inizialmente a causa della distruzione e del degrado delle foreste tropicali umide.

“Il nostro studio fornisce le prime stime su scala regionale e pan-tropicale dell’assorbimento di carbonio”, afferma Viola Heinrich, ricercatrice delle università di Bristol e di Exeter e co-autrice dell’indagine.

Il primato delle foreste del Borneo

Utilizzando i dati satellitari dell’ESA e le informazioni relative alla presenza della biomassa fuori terra e le variabili ambientali, i ricercatori hanno analizzato la ricrescita delle foreste in Amazzonia, Africa centrale e nell’isola del Borneo dove a favorire la deforestazione è soprattutto l’espansione del settore dell’olio di palma.

“Nei primi 20 anni di recupero, i tassi di ricrescita nel Borneo sono stati fino al 45% e al 58% superiori a quelli dell’Africa centrale e dell’Amazzonia, rispettivamente”, si legge ancora nello studio. “Questo è dovuto a variabili come la temperatura, il deficit idrico e i regimi di alterazione”.

Le foreste degradate del Borneo, in altre parole, hanno evidenziato un tasso di accumulo di carbonio molto più rapido nel confronto con le altre regioni. Le iniziative di ripristino, in ogni caso, sono state parziali. Un terzo delle aree forestali degradate dal disboscamento o dagli incendi, infatti, è stato poi completamente disboscato. “Molte foreste dei tropici hanno subito gravi e insostenibili alterazioni da parte dell’uomo”, ha aggiunto la Heinrich.

La conservazione vale 53 milioni di tonnellate di carbonio all’anno

I dati satellitari utilizzati consentono di descrivere i mutamenti delle aree fin dagli anni ’80. La combinazione di queste informazioni con quelle relative alla biomassa ha permesso di stimare l’accumulo di carbonio fuori terra nelle foreste in fase di recupero in tutti i tropici. Anche per il futuro.

“Proteggere le aree boschive di vecchia crescita è quindi una priorità”, afferma la ricerca. “Inoltre, stimiamo che la conservazione delle foreste secondarie e degradate in via di recupero possa avere un potenziale di assorbimento del carbonio pari a 53 milioni di tonnellate all’anno nelle principali regioni tropicali studiate”.

Le scoperte dei ricercatori forniscono un nuovo sostegno alle iniziative politiche lanciate dopo la COP26 di Glasgow con la pubblicazione della Dichiarazione sulle foreste e l’uso del suolo che si è posta l’obiettivo di arrestare e invertire la perdita di foreste e il degrado del terreno entro il 2030. “Le osservazioni satellitari della Terra possono aiutarci non solo a monitorare la deforestazione, ma anche a fornire informazioni preziose come la dinamica del recupero e la quantità di carbonio accumulato”, ha spiegato Clement Albergel, esperto di applicazioni climatiche dell’ESA. “Queste informazioni sono fondamentali per rendere edotti i decisori e sostenere l’attuazione delle loro politiche”.