Lo studio dell’Università del New South Wales: i muschi favoriscono l’accumulo di nutrienti nel terreno e il sequestro di carbonio. Nelle aree degradate, inoltre, queste piante accelerano il processo di rigenerazione
di Matteo Cavallito
I muschi sono tra le piante più sottovalutate del Pianeta. Eppure conservano un ruolo decisivo nel tutelare la salute del suolo, gettando le basi per la fioritura delle piante negli ecosistemi e contribuendo alla mitigazione dei cambiamenti climatici grazie al sequestro di carbonio. Lo sostiene uno studio condotto dalla School of Biological, Earth & Environmental Sciences dell’Università del New South Wales di Sydney. L’indagine, pubblicata sulla rivista Nature Geoscience, si è basata sulla raccolta di campioni provenienti da 123 ecosistemi di tutto il mondo e ha permesso di quantificare la presenza di queste specie vegetali su scala globale.
Negli ambienti osservati, rilevano i ricercatori, gli esemplari coprono 9,4 milioni di km2 di territorio, una superficie paragonabile a quella del Canada o della Cina. “Volevamo analizzare in modo più dettagliato i muschi e la loro fornitura di servizi essenziali per l’ambiente”, ha spiegato David Eldridge, docente e co-autore dello studio in una nota diffusa dall’ateneo australiano. “Siamo rimasti sbalorditi nello scoprire quali cose incredibili fossero in grado di fare”.
I muschi sono una risorsa preziosa
A differenza delle piante vascolari, i muschi presentano escrescenze simili a radici chiamate rizoidi, utilizzate per ancorarsi alla superficie del suolo, e sopravvivono raccogliendo l’acqua dall’atmosfera. Alcune specie, come quelle che si trovano nelle zone aride dell’Australia, sono in grado di conservarsi in uno stato di “sospensione” per un tempo indefinito senza che le loro cellule si disintegrino come accadrebbe per le piante normali.
Il fatto, spiega ancora Eldridge, è che senza i muschi gli ecosistemi andrebbero incontro a gravi difficoltà, vedendosi privati di servizi fondamentali. Queste specie, in particolare, contribuiscono all’accumulo di elementi essenziali nel suolo come carbonio e azoto e favoriscono la tenuta del terreno stesso. Per questo la perdita di muschi a seguito del disboscamento determina una dispersione di nutrienti producendo inoltre erosione e “destabilizzando l’intero sistema”.
La ricerca
L’indagine, spiegano gli autori, rappresenta il primo tentativo di quantificare il contributo dei muschi del suolo nella fornitura di otto servizi ecosistemici associati a 24 attributi funzionali. In questo modo è possibile valutare come e quanto queste piante contribuiscano alla biodiversità e alla funzionalità del terreno su scala globale.
“Abbiamo scoperto che i muschi del suolo sono associati a un maggiore sequestro di carbonio e quantità superiori di nutrienti chiave e di tassi di decomposizione della materia organica, oltre che a una minore percentuale di patogeni vegetali trasmessi dal suolo nel confronto con i terreni non vegetati”, si legge nello studio.
Nel dettaglio, prosegue la ricerca, “i muschi supportano potenzialmente 6,43 miliardi di tonnellate di carbonio in più nella superficie del suolo”. E ancora: “La quantità di carbonio associata a queste piante può superare di sei volte le emissioni annue prodotte da qualsiasi alterazione dell’uso del terreno a livello globale”. Questo ammontare è paragonabile alla quantità di carbonio rilasciato in atmosfera a causa di pratiche come la deforestazione finalizzata all’espansione agricola e l’eccesso di pascolo. Il contributo maggiore si registra negli ecosistemi meno produttivi e sui terreni salini sabbiosi.
Decisivi per il ripristino dei terreni
Tra gli aspetti più significativi emersi dallo studio c’è la capacità delle piante osservate di contribuire al ripristino degli ecosistemi danneggiati. Analizzando il caso dell’area intorno al vulcano Mount St Helens, in Tasmania, protagonista di una devastante eruzione negli anni Ottanta, i ricercatori hanno osservato come i muschi siano stati tra le prime forme di vita a riapparire.
“Dove ci sono i muschi c’è un livello maggiore di salute del suolo, con più carbonio e più azoto“, spiega Eldridge. “Queste piante contribuiscono quindi a preparare il terreno per il ritorno di alberi, arbusti ed erbe che finiranno poi per soppiantarle. I muschi, insomma, sono i primi a intervenire per sistemare le cose e i primi ad andarsene”.
Questo aspetto apre così la strada a nuove ricerche sulla capacità di queste piante di ricreare terreni sani non solo nelle aree naturali ma anche nei contesti urbani. Dove l’introduzione dei muschi potrebbe accelerare il ripristino dei suoli degradati.