1 Dicembre 2021

Inizia la Fase 2 di SEPAL, il programma di monitoraggio digitale del terreno lanciato dall’organizzazione ONU. Nel mirino le aree tropicali, da tempo epicentro della deforestazione

di Matteo Cavallito

 

Ascolta “La FAO rilancia dati satellitari open-source per frenare la deforestazione tropicale” su Spreaker.

Monitorare le foreste e l’uso del suolo producendo informazioni affidabili: è l’obiettivo del programma SEPAL – System for Earth Observation Data Access, lanciato dalla FAO ed entrato in queste settimane nella sua seconda fase. L’iniziativa punta a creare nuovi dati geospaziali, ovvero un insieme di immagini aeree o satellitari catturate a distanza e rese accessibili agli operatori. Questo materiale, precisa la FAO, sarà decisivo per frenare il degrado e scongiurare gli effetti più gravi del cambiamento climatico. Oltre che per proteggere la biodiversità e i servizi ecosistemici delle foreste stesse.

I dati geospaziali alla base del programma

Lanciato nel 2015, SEPAL si è trasformato in una piattaforma che ospita oltre 7mila utenti, a cominciare dalle agenzie nazionali di tutela delle foreste. Il sistema, spiega la FAO, “combina infrastrutture di dati geospaziali come Google Earth Engine con potenti software di elaborazione dati open-source tra cui R, ORFEO e GDAL”. Le informazioni vengono quindi indirizzate ad un supercalcolatore a disposizione dei fruitori della piattaforma. In questo modo, gli operatori possono ricevere tutte le informazioni necessarie per prendere decisioni informate nelle strategie di protezione delle foreste.

La seconda fase, con un esborso da 15 milioni di dollari, non rappresenta un’iniziativa isolata. Nelle scorse settimane, infatti, la FAO aveva annunciato l’avvio di una Forest Data Partnership in collaborazione con il World Resources Institute (WRI) e l’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale degli Stati Uniti (USAID). L’operazione, da 13,7 milioni, si basa anche in questo caso sulla raccolta di dati geospaziali con il coinvolgimento di Google e dell’Agenzia Spaziale americana (NASA).

La Fase 2 di SEPAL

Lanciata a margine del Geo for Good Summit, la conferenza annuale del colosso di Mountain View sulla tecnologia geospaziale, la Fase 2 di SEPAL punta a semplificare l’uso della piattaforma. Nel corso del programma, in particolare, lo strumento intende raccogliere nuovi dati da fonti diverse. Tra queste, precisa la FAO, si segnalano la NASA e la sua omologa europea (ESA). Il sistema, inoltre, elaborerà anche le immagini ad alta risoluzione rese disponibili attraverso il programma dati NICFI-Planet del Norway’s International Climate & Forests Initiative, il piano di protezione forestale globale lanciato nel 2008 dal governo di Oslo che copre due terzi dei costi previsti.

La seconda fase intende sviluppare nuove capacità “per raggiungere tutti i 64 paesi inclusi nel programma NICFI-Planet per consentire l’uso indipendente della piattaforma”. L’obiettivo è quello di offrire un maggiore sostegno negli sforzi “per fermare la deforestazione tropicale”. Una scelta, numeri alla mano, ben motivata.

Allarme per le aree tropicali

Sono proprio le aree tropicali, sostiene infatti la FAO, a sperimentare tuttora i più alti tassi di deforestazione del mondo. Un fenomeno generato soprattutto dallo sviluppo dell’agricoltura intensiva e dell’allevamento su vasta scala, due fattori che contribuiscono da soli al 90% circa del disboscamento complessivo. In risposta all’emergenza, nel corso del vertice di Glasgow, 138 Paesi hanno firmato una dichiarazione di intenti sul tema. Nel documento, i firmatari si impegnano a “frenare e invertire il processo di deforestazione e degrado del suolo entro il 2030 generando sviluppo sostenibile e promuovendo una trasformazione rurale inclusiva”.

In questo senso proprio la tecnologia digitale potrà essere utile in futuro non diversamente da quanto lo sia già stata in passato. Il programma SEPAL, in particolare, fa parte dell’iniziativa Open Foris della stessa organizzazione ONU che fornisce dati open source. Le sue soluzioni tecniche, precisa la FAO, “hanno permesso di generare e fornire dati per oltre il 70% dei 54 paesi interessati dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico”. I dati raccolti coprono una superficie di 1,4 miliardi di ettari e fotografano l’80% della deforestazione globale.